"Senza speranza non resta che un cimitero". Scomodiamo Péguy per chiedere che il vicario, il vescovo, o un cristiano qualunque, escano nella pubblica strada per infondere speranza, spezzando il cordone della paura. E' la fiducia che sostiene la vita. E smuove anche l'economia.
«La fede è una chiesa, è una cattedrale radicata nel suolo di Francia. La carità è un ospedale, un ricovero che raccoglie tutte le miserie del mondo. Ma senza speranza, tutto questo non sarebbe che un cimitero». Lo scrive Charles Péguy nel Mistero della carità di Giovanna d’Arco. «Ora, senza questo germogliare della fine d’aprile, senza quell’unico piccolo germogliare della speranza, che evidentemente chiunque può spezzare… tutta la mia creazione non sarebbe che del legno morto. […]. Quando vedete tanta rudezza la piccola gemma tenera non sembra proprio nulla… Eppure è da lei che invece tutto viene».
La Chiesa in uscita si è messa in quarantena. Dirama comunicati dal sapore prefettizio. “Considerata la comunicazione odierna della CEI – che interpretando il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, invita a non celebrare le Sante Messe feriali con il popolo – a differenza di quanto precedentemente disposto chiediamo ai sacerdoti, alla luce della delicata situazione sanitaria e delle richieste delle autorità competenti, di celebrare le Sante Messe feriali senza la partecipazione dei fedeli …”. Così la Conferenza episcopale emiliano romagnola guidata dal cardinale in uscita per eccellenza, tanto caro alla Chiesa francescana. E poi via coi comandamenti al tempo del coronavirus: si tolga l’acqua benedetta dalle acquasantiere. Per i funerali è consentita la celebrazione delle esequie senza Messa, con i soli familiari. Sono sospese le visite alle famiglie per le benedizioni pasquali. Eccetera eccetera eccetera.
Fra i laici, almeno, fra le istituzioni laiche, c’è qualcuno che chiede il ritorno alla normalità. Il sindaco di Rimini dice che ce la possiamo fare. Ma la Chiesa no, ha tirato i remi in barca in attesa che il virus lasci la scena di questo mondo.
Si mette dalla parte del sicuro, non solo dal punto di vista sanitario. Perché un prete che ha osato dire messa, in provincia di Pavia, davanti ad un pugno di fedeli, è stato denunciato alla procura della Repubblica. Eppure pare fossero meno di dieci. Assai meno dei seppure pochi che ancora frequentano bar e negozi.
Non c’è bisogno di scomodare Alessandro Manzoni e i Promessi sposi, la processione che nel 1630, al primo albeggiare, si muove per le vie di Milano. Aperta dal popolo, dalle corporazioni cittadine coi gonfaloni spianati, il clero, e poi la cassa con le spoglie di S. Carlo Borromeo, quindi il cardinal Federigo, i magistrati e i nobili. La peste fa strage e la Chiesa spende l’unica ricchezza di cui dispone, fra l’altro sollecitata dai magistrati a scendere in strada.
Il papa ha il raffreddore, ma non il virus (assicurano le cronache), e dice messa a Santa Marta. Ma la Chiesa al massimo lascia le porte aperte, non si mostra in uscita, come ama ripetere in maniera ossessionante. Monsignori si sono posti in uscita prima che i divieti prendessero il sopravvento, ma solo perché hanno seguito l’esempio del capo dello Stato (che è andato in una scuola frequentata da bambini cinesi e tutti l’hanno interpretato come un segnale forte e chiaro). Poi solo comunicati sanificanti, anziché santificanti.
Si vive nell’auto-isolamento, ma mentre si cerca di arginare il virus made in China si rischia di morire di povertà e di scoramento. I paesi e le città si sono spopolati, l’economia si sta spegnendo. La paura ha preso il sopravvento. Siamo alla paralisi delle relazioni. Si attendono i decreti per ripartire, ma è la speranza che è stata uccisa. Invece è la fiducia che smuove anche l’economia, prima dei decreti.
Dov’è la Chiesa? Chi soffia nelle vele della speranza?
Appello laico: c’è bisogno di speranza, mons. Lambiasi. Nemmeno i decreti presidenziali vietano di issare una piccola o grande speranza. Chi ce l’ha la spenda sulla pubblica piazza. C’è un prete, un vicario, un vescovo, o un cristiano qualunque disposto a mettersi in strada con una speranza? Un Corpus Domini fuori calendario, senza assembramenti, anche rispettando il famoso metro di distanza, per convincerci che la vita non è nelle mani del coronavirus? Reagire alla rassegnazione. Una marcia per la pace non si nega a nessuno, e per la pace la Chiesa chiama a raccolta anche i musulmani. Per la speranza no?
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