Merita di entrare nel guinness dei primati per l'astensionismo più alto in una consultazione elettorale: il 99,99%. Quasi quasi sono più i componenti del cda di chi li elegge. In compenso gestisce oltre 20 milioni di euro l'anno. Come? Ci sarebbe da far luce su molti fronti. Di certo la trasparenza qui non è di casa. A capo del Consorzio di Bonifica della Romagna c'è un riminese che fra le tante cariche ha anche quella della presidenza del Santarcangelo calcio, Roberto Brolli.
Le poltrone di Brolli. Poco meno di 50 mila euro l’anno per la presidenza del Consorzio di Bonifica della Romagna. Poi siede nel consiglio nazionale Anbi e in quello del Canale Emiliano Romagnolo. Fuori dal mondo della bonifica, fa parte della giunta della Camera di Commercio di Rimini, è segretario generale di Confcooperative Rimini e presidente, amministratore delegato e consigliere di alcune cooperative di servizi, assicurazione e altro che fanno capo alla stessa organizzazione, infine presidente del Santarcangelo calcio. Roberto Brolli fra ex Consorzio di Bonifica della provincia di Rimini (che si è “fuso” con quelli di Ravenna e Forlì-Cesena nel 2009) e quello della Romagna, non scende dalla giostra da una decina d’anni. E adesso si prepara ad un altro mandato alla guida del Consorzio della Romagna che dal 16 al 19 dicembre tiene le elezioni per il rinnovo del cda.
Il record dell’astensionismo. Un dato balza subito all’occhio. Su 418.198 aventi diritto, al voto per scegliere i vertici del Consorzio romagnolo, alle prime consultazioni del 2010 si sono presentati in 2.116 (il dato ci è stato fornito dal Consorzio, sede di Ravenna). Meno dell’1 per cento. Quasi quasi sono più i componenti del cda, un esercito di 26 persone perché ogni territorio vuole le proprie bandierine. Ma il Consorzio gestisce circa 20 milioni di euro di bilancio ordinario e fondi variabili mediamente per altri 10 milioni di investimenti usufruendo di contributi straordinari da Stato e Regione. In gran parte il tesoretto della Bonifica deriva dal discusso contributo di bonifica dovuto per legge da tutti i proprietari di terreni e di fabbricati che si trovano nel territorio. “Quante di queste 400.000 persone sono a conoscenza di queste elezioni natalizie?”, si chiede il Movimento 5 Stelle con Carla Franchini in una interrogazione, “abbiamo ragione di credere che la risposta sia “quasi nessuno”. Quanti dei 400.000 elettori sanno di dover pagare il contributo di bonifica”? La risposta è una sola: lo sanno tutti i 400.000 contribuenti, perché nei primi mesi di ogni anno, ricevono la cartella esattoriale del Consorzio”. Franchini denuncia elezioni “riservate a pochi intimi” e la “precisa volontà di non informare nessuno” e vuole “abolire questi Enti anacronistici” insieme al contributo di bonifica, commissariando da subito il Consorzio perché non ha “saputo informare gli elettori che a pochi giorni dalle elezioni non sanno assolutamente nulla” (a Rimini si vota il 19).
Il voto telematico? Campa cavallo. Poco più di 2 mila votanti, si diceva, e chissà se stavolta sarà raggiunta la stessa quota, perché la competizione in passato vedeva due liste contrapposte, quindi più motivate a chiamare a raccolta i propri sostenitori, mentre adesso ci sono sempre due liste ma “concordate”, ovvero che vanno d’amore e d’accordo.
La legge regionale n. 5 del 2010 si è occupata della riforma del sistema elettorale dei consorzi di bonifica ponendosi l’obiettivo di “favorire la partecipazione al voto dei consorziati anche attraverso l’utilizzazione di nuovi sistemi di voto, ivi compresi quelli di tipo telematico”, ma ad oggi è rimasta solo una bella intenzione, tanto che Confedilizia (Associazione Proprietari Casa di Piacenza) si è rivolta al Tar per chiedere di sospendere le elezioni, ma quest’ultimo ha bocciato il ricorso. E’ lecito pensare che lo stallo sulla consultazione “elettronica” possa essere attribuito alle potenzialità che il voto telematico riveste per ampliare la platea degli elettori, ponendo le premesse per uno scompaginamento dei giochi.
Sulla trasparenza giocano ai quattro …Cantone. In che modo il Consorzio della Romagna amministri tutti i soldi di cui dispone non è facile saperlo. Sul proprio sito il bilancio integrale non c’è e men che meno la relazione dei revisori dei conti. Ne pubblica solo uno riclassificato ed estremamente sintetico. Niente informazioni nemmeno sui compensi degli organi di indirizzo politico-amministrativo. “Il nostro sito sta per essere sostituito da uno nuovo e l’obbligo di pubblicazione dei dati ce l’abbiamo a partire dal 1° gennaio 2016”, spiegano dal Consorzio. “I consorzi di bonifica non erano tenuti alla pubblicazione dei dati, ma abbiamo fatto un quesito all’Anac e ci ha risposto nel 2015 che è bene che anche noi ci adeguiamo al decreto sulla trasparenza, e siccome l’obbligo di pubblicazione scatta dal 1° gennaio successivo a quello in cui è sorto l’obbligo, ovvero da quando Anac ci ha risposto, lo faremo dall’inizio del nuovo anno”. Sta di fatto che altri Consorzi della regione Emilia Romagna l’amministrazione trasparente già la praticano (ad esempio il Consorzio Bonifica Emilia Centrale e il Consorzio della Bonifica Renana, quest’ultimo il più “trasparente”).
In realtà il 22 aprile 2015 il presidente Anac, Raffaele Cantone, ha messo nero su bianco “la necessità che i Consorzi di bonifica si adeguino tempestivamente alle regole in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione” in quanto “da considerarsi nel novero degli enti di diritto pubblico …”.
Spese “pazze”. Torniamo alla consultazione elettorale. Brolli si ripresenta “blindato” ad un nuovo mandato, dopo avere superato anche le riserve che pare inizialmente nutrisse la politica regionale sulla sua riconferma. Nel ruolo di potere che si è ritagliato Roberto Brolli non è irrilevante il fatto di essere un fedelissimo di Massimiliano Pederzoli, a capo di Cer, Urber, Anbi, Coldiretti di Ravenna (ma è anche vicepresidente regionale Coldiretti), dello Snebi (Sindacato nazionale enti di Bonifica ed irrigazione).
I Consorzi di Bonifica sono nell’occhio del ciclone. Il consigliere regionale Tommaso Foti (FdI-An) da mesi presenta interrogazioni su quello di Piacenza, ma ha sollevato problematiche varie anche sul Consorzio della Romagna presieduto da Brolli. Nel mirino le strane spese sostenute, come quella a favore di un liceo di Cesena per la “innovazione tecnologica”, cioè per realizzare un’aula multimediale, quando il Consorzio non ha, ovviamente, fra i propri scopi statutari la formazione scolastica ma è chiamato a garantire “un efficace presidio territoriale, coordinando interventi pubblici e privati per la difesa del suolo, la regimazione delle acque, l’irrigazione e la salvaguardia ambientale”. E in questo campo dovrebbe investire le risorse. Oppure per la palificazione dei capanni da pesca (di proprietà privata) di Cesenatico, utilizzando allo scopo fondi pubblici. O ancora, spese che avrebbe sostenuto al posto dei propri associati agricoli per opere realizzate a proposito di acquedotti rurali e irrigazione, quando invece i piani di sviluppo rurale, la normativa comunitaria, nazionale e regionale, stabiliscono che i beneficiari dei finanziamenti debbano accollarsi il 30% delle spese relative e il Consorzio debba limitarsi a svolgere una funzione tecnica nella gestione degli stessi finanziamenti. E, ancora più grave, “circa la metà degli oneri derivanti dall’irrigazione – quasi 2 milioni di euro – risulterebbe posta a carico, in violazione delle norme del piano di classifica e di riparto, della contribuenza generale”, ha denunciato Foti.
Se dovesse venire accertato che il Consorzio ha partecipato con propri contributi (anche di importo molto rilevante) a rendere “funzionali” opere che vedono negli associati agricoli i fruitori finali, l’Unione Europea potrebbe intervenire in maniera pesante.
E chi non si adegua… a casa. Ci sono anche casi di licenziamenti “sospetti”. Una dipendente dell’Unione Regionale delle Bonifiche Emilia Romagna ha impugnato il licenziamento di cui è rimasta vittima ed ha vinto (il giudice ha ravvisato nel licenziamento un “atto sorretto da motivo ritorsivo ed illecito”). La dipendente licenziata, guarda caso, aveva segnalato ai funzionari della Regione alcune possibili irregolarità commesse dal Consorzio di Piacenza. E quello della dipendente di Urber non è l’unico caso di licenziamento “sospetto”.
COMMENTI