Camorra, interdittive antimafia e droga: Rimini e la regione viste dalla Dia

Camorra, interdittive antimafia e droga: Rimini e la regione viste dalla Dia

«Nell’ultimo periodo sono soprattutto i clan di camorra a far sentire la propria presenza sul territorio». Turismo, ristorazione e commercio sono i settori più esposti al reinvestimento degli ingenti flussi di denaro provenienti dalle attività illecite. La relazione sul secondo semestre del 2020 redatta dalla Direzione investigativa antimafia.

Con 44 interdittive antimafia nel 2020 l’Emilia Romagna si conferma al sesto posto in Italia dopo Calabria (194), Campania (100), Sicilia (97), Puglia (93) e Lombardia (64).
Se si guarda alle operazioni finanziarie sospette il quadro rimane fosco: 21.313.
Ma il capitolo dedicato all’Emilia Romagna all’interno della relazione del secondo semestre 2020 della Dia, la Direzione investigativa antimafia, comincia proprio da un caso che interessa Rimini: «’…Sto coronavirus è stato proprio un buon affare”. La frase è stata intercettata nel corso dell’indagine “Dirty cleaning” (4 persone indagate e un decreto di sequestro emesso dal Gip del tribunale di Rimini eseguito il 19 novembre 2020, ndr) e sintetizza il compiacimento per i redditizi risultati raggiunti da un imprenditore pregiudicato napoletano vicino al clan DI LAURO già coinvolto nel 2014 nell’operazione antidroga denominata “Drugstore”. Il soggetto era il gestore occulto di un’azienda operante tra Rimini e Pesaro nel settore delle sanificazioni che è risultato coinvolto in un’articolata inchiesta della Guardia di finanza di Rimini finalizzata al contrasto dell’infiltrazione criminale nell’economia legale della provincia romagnola».
Si legge che «L’espressione fa eco alle conversazioni a suo tempo captate nel corso dell’indagine “Aemilia”, quando uomini questa volta di ‘ndrangheta chiedevano di inserirsi nel proficuo giro di affari legato alla ricostruzione post-terremoto 2012. Si tratta di riscontri che contestualizzano anche in territorio emiliano-romagnolo la propensione tipica della criminalità organizzata a strumentalizzare a proprio vantaggio le gravi situazioni di crisi. Da sfruttare come un’opportunità per la diversificazione dei propri affari in nuovi ambiti dell’economia quale quello delle sanificazioni, nonché per approfittare degli eventuali finanziamenti pubblici stanziati per fronteggiare le situazioni emergenziali».
La pandemia ha aperto autostrade alla criminalità organizzata: «Le profonde ripercussioni della pandemia da COVID-19 sui mercati finanziari e soprattutto la grave crisi di liquidità che ha investito specialmente le piccole e medie imprese operanti nei settori più colpiti dal lockdown (turismo, ristorazione e commercio) possono costituire inoltre una favorevole condizione per il reinvestimento degli ingenti flussi di denaro provenienti dalle attività illecite».
La realtà scoperchiata dai riscontri investigativi e giudiziari, mostra che «il potere mafioso e la forza intimidatrice espressa dal vincolo associativo hanno assunto in Emilia Romagna connotati manageriali e prevalentemente indirizzati alla tessitura di reti relazionali negli ambienti politico-amministrativi ed economico-finanziari anche attraverso attività corruttive finalizzate al controllo dei finanziamenti pubblici, al condizionamento di appalti e concessioni mirando, in definitiva, all’annullamento della concorrenza».
L’analisi è impietosa e apre molte preoccupazioni. Ma se si passa allo scenario riminese la musica non cambia.
«In provincia di Rimini l’interesse delle organizzazioni criminali è rivolto sia verso un’imprenditoria incentrata prevalentemente sul settore turistico-alberghiero, sia al traffico e allo spaccio di stupefacenti. Nell’ultimo periodo sono soprattutto i clan di camorra a far sentire la propria presenza sul territorio così come ampiamente argomentato nell’analisi dei profili evolutivi con riferimento agli esiti giudiziari nei confronti di elementi del clan CONTINI e a quelli investigativi dell’operazione “Darknet” a carico di personaggi legati al clan SARNO e ai CASALESI». Il riferimento è all’indagine della Guardia di Finanza che ha smascherato «un’organizzazione di matrice camorristica, radicata nella città di Cattolica» dove era «riuscita a inserirsi nel tessuto economico riminese assumendo il controllo di società operanti nell’edilizia, nella ristorazione e nell’impiantistica industriale, intestando fittiziamente beni e riciclando denaro provento di attività illecite».

Sui tentacoli della criminalità pugliese viene spiegato che «nella città rivierasca risulta residente un boss del gruppo DELLI CARRI costola dei foggiani SINESI-FRANCAVILLA, con interessi a Rimini, in Alta Irpinia, nonché in Bulgaria, Romania e Repubblica Ceca. Già condannato al termine del processo “Panunzio” (primi anni ‘90) per associazione di tipo mafioso e per l’omicidio di un imprenditore, l’uomo risulta fra gli indagati nell’inchiesta della DDA di Bari “Grande Carro” (27 ottobre 2020) in quanto al centro di un sistema di riciclaggio realizzato attraverso società intestate a prestanomi e funzionali “al reinvestimento di capitali illeciti, nel settore della ristorazione e dei giochi e delle scommesse nella città di Rimini”».
Ai foggiani e alla loro «conclamata espansione progressiva dalla provincia di Foggia verso l’Emilia Romagna» la relazione rimanda anche anticipando «gli esiti di una importante indagine che il 30 gennaio 2021 nelle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini ha portato all’arresto di 8 soggetti di cui 7 foggiani che dovranno rispondere, in concorso e a vario titolo, di furto aggravato e porto abusivo di armi in luogo pubblico, quali componenti di una banda impegnata in assalti presso sportelli ATM con la tecnica della “marmotta”».
Rimini è terra di spaccio e non da oggi, e l’operazione “Riviera”, che risale al 22 luglio dello scorso anno, la dice lunga: i Carabinieri hanno ricostruito un importante traffico e spaccio di stupefacenti gestito da un gruppo costituito da albanesi e italiani con collegamenti internazionali. «Nello specifico, è stata individuata una raffineria allestita in un appartamento cittadino dove veniva lavorata droga (cocaina e mix di altre droghe) per milioni di euro. L’organizzazione si avvaleva della collaborazione di un chimico colombiano specializzato che garantiva la funzionalità del laboratorio e il know how per la lavorazione delle diverse sostanze. Dei 18 arresti 7 sono stati eseguiti a Rimini e 2 a Forlì altri, infine, in Albania nei pressi di Tirana dalla Polizia albanese che ha collaborato all’indagine. Nel corso dell’operazione è stata sequestrata anche un’azienda che on line si occupava della compravendita di vetture usate quale attività di copertura di alcuni degli arrestati».
Non ci manca niente, nemmeno la criminalità cinese, «presente soprattutto nelle province di Reggio Emilia, Ferrara, Rimini e Ravenna» che «sfrutta il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la prostituzione e la manodopera clandestina».

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