Dopo le clamorose dichiarazioni del sindaco che contraddicono le conoscenze storico-archeologiche datate e recenti, ci siamo rivolti all'organo territorialmente competente del ministero della cultura.
Durante l’anteprima per la stampa del Fellini Museum all’interno di Castel Sismondo, il sindaco di Rimini ha detto sostanzialmente, come riportato dagli organi di informazione, che il «fossato non esiste». Un fulmine a ciel sereno. Uno scoop o una fake news? Castel Sismondo sarebbe rimasto orfano del fossato? «Con “scarpe” e “controscarpe” alte 15 metri, e le scarpe della torre verso il Marecchia alte più di 20 metri», cioè «una scenografia che quasi raddoppia l’altezza del castello, un labirinto piranesiano di masse architettoniche e di spazi vuoti» ha scritto di recente il prof. Rimondini. Secondo Gnassi non ci sarebbe più traccia di quella bellezza da togliere il fiato «mai vista da alcun riminese vivente» (la definizione è del castellologo Dino Palloni), che gli esperti considerano invece solo nascosta.
Ma davvero il fossato non esiste? E soprattutto in base a quali prove Andrea Gnassi ha fatto un’affermazione così apodittica, lui che non è né archeologo e né vanta altre competenze in materia, e in passato ha più volte definito la creatura di Brunelleschi “un castello medievale“. La sua fonte potrebbe essere stata la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna, sotto la cui supervisione diretta si sono svolti anche i recenti scavi in piazza Malatesta, poi sepolti sotto uno spesso strato di cemento armato? A quanto pare sì, come il sindaco esplicita anche in qualche dichiarazione: «una campagna condotta dalla Soprintendenza ha accertato che il fossato non c’è». Ecco perché siamo stati sollecitati ad andare alla fonte, scrivendo alla Soprintendenza, il 21 agosto scorso, per segnalare le dichiarazioni del sindaco e per porre una sola domanda.
Partiamo dalle parole del sindaco, ma c’è anche un video:
“Vadano a leggersi tutta la documentazione e vedranno che sotto terra dell’antico fossato non c’è nulla, sono lacerti e laterizi” (qui).
«Il fossato non esiste, le analisi della Soprintendenza hanno dimostrato che ci sono solo lacerti, residui di laterizi» (qui).
«Qui di fronte non c’è il fossato, abbiamo fatto una campagna di scavi lunga un anno – spiega – ci sono solo dei residui di laterizi”. E “la sottolineatura attraverso la nebulizzazione di ciò che non c’è più, il fossato, avviene con un velo d’acqua dove i bambini possono riprendersi la vita e il futuro giocando” (qui).
«La piazza era un parcheggio, il castello era abbandonato, una campagna condotta dalla Soprintendenza ha accertato che il fossato non c’è»
(Corriere della Sera, 18/8/2021, Rimini dà corpo ai sogni di Fellini. Apre il museo (tra qualche critica).
«Qui non c’è il fossato, abbiamo fatto una campagna di scavi lunga un anno, tant’è che la critica era “non c’è un progetto”. No, un progetto c’è ed è in evoluzione rispetto a quello che trovi. Ci sono dei lacerti, dei residui di laterizi, l’approfondimento ti consente di dire “posso sottolineare il fossato che non c’è più con la prospettiva che domani un bambino sa cos’è stato il castello… la sottolineatura di ciò che non c’è più, il fossato, avviene con un velo d’acqua, dove i bambini possono riprendersi la vita, la gioia, il futuro, giocando in una nebulizzazione d’acqua, sapendo che c’è un castello e non c’è un parcheggio».
(Intervista video di Andrea Gnassi, IcaroTv 19 agosto 2021)
Sorvoliamo su «abbiamo fatto una campagna di scavi». Lasciamo stare i bambini che ora – grazie al vascone di acqua condiviso con cani, surfisti, biciclette in ammollo e tanto altro – possono finalmente riprendersi la vita. Ma il fossato?
Dopo aver segnalato alla Soprintendenza quanto dichiarato dal sindaco, abbiamo fatto seguire una semplice domanda: se, «alla luce delle conoscenze di cui la Soprintendenza dispone ad oggi, tali affermazioni risultano fondate e veritiere oppure no». Ritenendo «che sul punto la Soprintendenza non possa esimersi dal fare chiarezza, lasciando che circolino come “vere” informazioni che eventualmente vere non sono». Anche perché il sindaco ha attributo alla Soprintendenza ciò che ha deciso di comunicare all’opinione pubblica, ovvero che «il fossato non esiste».
In occasione di una prima presentazione di quanto emerso nel cantiere di piazza Malatesta, avvenuta al Museo della Città il 30 giugno scorso, dalle relatrici è stato più volte specificato che la presentazione faceva riferimento a dati “ancora molto preliminari” e comunque nessuno in quella sede ha sostenuto che «il fossato non esiste». Anzi, è emersa una clamorosa e indiretta smentita rispetto ad affermazioni fatte su piazza Malatesta in precedenza sempre dall'”archeologo fai da te” di palazzo Garampi. Era l’ottobre dello scorso anno quando in consiglio comunale si discuteva la mozione presentata dal consigliere di minoranza Carlo Rufo Spina. E per l’occasione aveva preso la parola anche il sindaco per un lungo intervento, sostenendo fra l’altro che: “Stiamo al fatto scientifico: se lì sotto ci fosse il tesoro di Tutankhamon lavoreremmo per quel tesoro, ma oggi i rilievi tecnico-scientifici, l’organismo preposto, la Soprintendenza, sta dicendo purtroppo che non è così. Gli scavi hanno riportato alla luce dei lacerti, dei residui di mura…, ci sono sotto tutte le case presenti nel centro storico di Rimini, più o meno dei pozzi dove buttavano le ceramiche…, su quello che vorremmo che ci fosse non si può costruire un progetto». Notare il tono perentorio, di chi somministra una verità inconfutabile, anche in quel caso. Peccato che le due relatrici alla serata che si è svolta nel lapidario del Museo (iniziativa compresa nel programma del Festival del mondo antico), Annalisa Pozzi della Soprintendenza di Ravenna e Giulia Bartolucci di AdArte, abbiano raccontato tutt’altro e definito il lotto che secondo Gnassi avrebbe restituito solo banalità, come la grande sorpresa dei recenti scavi in piazza Malatesta, in quanto ha restituito «la topografia della contrada di Santa Colomba in età bassomedievale ma anche informazioni sulla presenza di strutture di età almeno tardoantica».
Anche alla luce di quelle comunicazioni ufficiali, abbiamo chiesto alla Soprintendenza di chiarire se in base ai dati in loro possesso e alle conoscenze stratificate nel tempo si possa sostenere oggi in maniera certa che “il fossato non c’è”. Anche qualora i dati disponibili dovessero confermare quanto dichiarato dal sindaco, la Soprintendenza farebbe bene a fornire conferma.
Ad oggi la Soprintendenza non ha risposto né per confermare e né per smentire, semplicemente è rimasta in silenzio.
«Sotto la cementata selvaggia ci sono 15 metri di piani inclinati, detti tecnicamente “scarpe” e “controscarpe”, l’equivalente di un palazzo a due piani sopra quello terreno, un canyon, o come scrive Roberto Valturio, che l’aveva visto scavare e murare, il fossato era “come le piramidi” o “come le sponde di un fiume”. Era il fossato la novità vera di Castel Sismondo, come scrive ancora il Valturio: “magnae mentis et prraeccelentis ingenii opus”, opera di una grande mente e di un ingegno straordinario. A chi apparteneva la grande mente e l’ingegno straordinario? Ce lo dice Antonio di Tuccio Manetti, architetto fiorentino, giovane amico del vecchio architetto dell’immensa cupola di Santa Maria del Fiore: “[Filippo Brunelleschi] fece uno castello, fortezza mirabile al Signor Gismondo di Rimino”». Così invece scrive, e ribadisce da mesi, il prof. Rimondini su queste pagine con documentati approfondimenti (come questo).
Di seguito alcuni documenti che raccontano tutt’altro rispetto a quanto asserito dal sindaco.
COMMENTI