Lo storico edificio di via Garibaldi è andato all'asta. Ma la situazione "a vista" è la stessa che si ripresenta da anni. Anzi, peggio. Sparito il pannello in legno, ora restano una serranda e i pericolosi "denti" della vetrata infranta. Identico anche l'olezzo del guano. E chi abita e lavora lì vicino non ne può più.
Quando, circa diciotto mesi fa, scriviamo un articolo sull’abitazione del cardinale Gozio de’ Battagli (1270-1348), la storica casa di via Garibaldi sta per essere battuta all’asta. E cambia di mano, pare. Sussurri di quartiere sostengono che qualcuno se la sia finalmente aggiudicata: è un sospirone di sollievo. Per tutti. Per chi ha acquistato una magione storica in pieno centro, per i Riminesi che ormai da decenni, quando ci passano davanti scuotono il capo per il tristo vedere, ma soprattutto per i vicini che non reggono più l’olezzo emanato dal guano dei piccioni. Finalmente la casa verrà ripulita, tutta d’un fiato, da escrementi e polvere, muffa, ragni, ragnatele, sorci, blatte e scarafaggi. Neanche per idea. La speranza rimane incollata ai blocchi di partenza. La corsa finisce lì, prima ancora di iniziare. E veniamo a un pugno di giorni fa.
Dopo vari mesi in cui ciò che rimaneva dell’ex negozio al civico 86 di via Garibaldi era stato pudicamente celato da un grande pannello in fibra di legno, un poco alla volta vento e pioggia lo fanno prima imbibire, quindi spezzare parzialmente, infine collassare al suolo. Fine della patetica copertura di truce truciolato. Sfumata l’illusione di rivedere in sesto l’antica dimora dagli stemmi lapidei, ripartirà il balletto di ipotesi (poche, in verità) sul destino dell’edificio. Crollato l’ultimo baluardo di dignità, alla casa rimane una grande bocca spalancata sulla via.
Allunghiamo un braccio a mo’ di telescopio tra le griglie della serranda per inquadrare con l’obbiettivo della fotocamera quel poco che si riesce a scorgere tra i pali di puntello per il solaio. Ciò che si vede è lo stesso desolante film che vedemmo un tempo ai piani superiori. L’odore nauseante dello sterco si insinua violento nelle narici. Quei pochi scatti li facciamo in apnea. Lo sventurato negoziante a fianco, con il quale scambiamo qualche parola, si è oramai rassegnato a convivere con quella disagevole compagnia. Le proteste, gli esposti e le arrabbiature di anni e anni non hanno sortito effetti. Peraltro, il malcapitato confinante non è solo. Molti altri commercianti di via Garibaldi sono piuttosto delusi dal contesto generale.
“Scriva pure che sono nauseata” ci dice una delle due negozianti con cui parliamo. “Questa via è sempre peggio” dice, mentre indica un angolo ben preciso, non molto distante che ben conosciamo, “quello là continua a tenere le sue proprietà come fossero porcili. Nessuno fiata o meglio, se anche gli dicono qualcosa, non lo obbligano a sistemare, pulire e riverniciare come sarebbe giusto si facesse in un paese con un minimo di dignità. Prima o poi a qualcuno cadrà in testa qualcosa e forse, allora… E non è l’unico a degradare la zona. Rimini è piena di brave persone, ma pochi incivili che si comportano male, sono sufficienti per rovinarla. La vede quella viuzza? E’ vicolo Amaduzzi. Con altri colleghi, periodicamente lo facciamo disinfestare dal puzzo di urina. Naturalmente, a spese nostre. Di notte quello diventa un pisciatoio pubblico. Il clima, in generale non è affatto sereno. Che fine hanno fatto, per esempio, i poliziotti di quartiere? Una loro presenza sarebbe rassicurante. Anche riguardo alle piccole cose. Sembra una banalità, ma le assicuro che i passanti qui devono stare costantemente attenti ai ciclisti. Ce n’è qualcuno che sfreccia a grande velocità, come se i pedoni nemmeno esistessero. Per forza. Non ci sono controlli. Manca chi parli con la gente, che si confronti con noi che viviamo qua buona parte della giornata. Solo così si riescono a comprendere i problemi di un quartiere. Queste considerazioni le facciamo da anni, ma nessuno le ascolta. In compenso, il panorama complessivo della via, compreso il selciato sbrecciato e pieno di buchi è visibile a tutti. I miei nipoti diventeranno vecchi e quel rudere sarà ancora nelle stesse condizioni. E io pago!, come diceva Totò”. Difficile non essere d’accordo con la signora.
La putida “bocca spalancata”, nel lato sinistro mostra i denti polverosi e taglienti della vetrata infranta. Se un bambino dovesse metterci dentro un braccio, si potrebbe tagliare con facilità. E la viuzza indicataci, in verità non ha nulla di suggestivo.
E’ un vicolo molto intimo, a uso evidentemente molto privato. Un carrello per la spesa parcheggiato là a sinistra, più avanti uno stenditoio pieno di panni e lungo tutto il percorso uno sferraglio di biciclette. Mancano soltanto i pappagalli. Quelli di plastica.
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