“Chiamati a fare i conti con la crisi di una vocazione”: il turismo riminese e il coronavirus

“Chiamati a fare i conti con la crisi di una vocazione”: il turismo riminese e il coronavirus

"La crisi inevitabile del Turismo nella prossima stagione, che potrà allungare la sua ombra anche in quelle successive, non ha solo origine dal virus, può essere considerata anche come la goccia che fa traboccare il vaso; da tempo le cose stavano scivolando verso il basso". Come andrà a finire? Una riscossa è possibile. L'intervento di Giuliano Ghirardelli.

Chiedo scusa se, pur non rappresentando nessuno, intervengo nel dibattito che sta prendendo obbligatoriamente il via, per riproporre una riflessione sul nostro Turismo; una riflessione che non abbia paura di scantonare dai discorsi, assennati e corretti, che iniziano ad uscire sulla situazione – triste tragica imprevedibile assurda – che si è venuta a creare con l’epidemia del corona-virus. Prendendo un po’ di coraggio cercherò dunque di “scantonare”, di vedere, magari, anche quello che non c’è a prima vista; rischiando di sbagliare, di prendere dei veri e propri abbagli.
Con la seguente premessa: ci voleva un disastro come quello attuale per far rinascere un dibattito, vero e pubblico, sul Turismo!? Dopo anni di sostanziale silenzio dovuto in gran parte all’opportunismo dei principali soggetti della nostra organizzazione turistica (ma su questo aspetto le pagine della storia locale sono ancora tutte in bianco).
Prima ipotesi (azzardata? ditelo voi): la crisi inevitabile del Turismo nella prossima stagione, che potrà allungare la sua ombra anche in quelle successive, non ha solo origine dal virus, può essere considerata anche come la goccia che fa traboccare il vaso; cioè, già da tempo le cose stavano scivolando verso il basso: sono sotto gli occhi di tutti gli alberghi che hanno chiuso negli ultimi anni (strutture che non si vendono ma si svendono, quando è possibile), andando ad aggiungersi al degrado delle colonie, con interi quartieri, che si affacciano sul mare, incerti se rimanere legati al turismo o trasformarsi in quartieri residenziali come tanti altri nella città e nella sua periferia.
Seconda supposizione: tanti riminesi, giovani e meno giovani, non hanno più voglia di rimpiazzare – nel turismo – il posto lasciato libero (o in via di abbandono) dai nonni e dai genitori; e non è solo questione di convenienza economica…

Terza, ma non è un’ipotesi, è una constatazione: il fatto che non siamo più in grado di attrarre ospiti stranieri (chi ha più visto gli inglesi, gli svedesi, gli olandesi, ma pure i tedeschi…) la dice lunga sul nostro impegno complessivo nell’imprenditoria turistica, sanzionando il passaggio definitivo da “capitale europea del turismo “ a “piccola metropoli delle vacanze italiane”…

Ipotesi conclusiva, la più amara da proporre: come non siamo stati capaci di prevenire e arginare la crisi dell’Agricoltura nel dopoguerra, così oggi corriamo lo stesso rischio con il nostro Turismo; sta succedendo qualcosa che non si argina con il solo marketing (un prodotto da adeguare, una promozione ed una commercializzazione da potenziare) ma che richiede l’intervento della Politica, con la P maiuscola, per guardare in faccia e negli occhi quello che siamo diventati veramente, o meglio quello che non siamo… Sintetizzo: non siamo più capaci di stare dietro ad un bancone o di portare le valige dei nostri ospiti… abbiamo tradotto il benessere prodotto negli anni d’oro in una crescita sociale e culturale che, oltre a permettere reali e straordinari passi in avanti, ci ha trasformato completamente, e non sempre in meglio. Sembra proprio che l’auspicabile livello culturale raggiunto (unitamente a quello economico) sia servito principalmente ad innalzarci al di sopra degli altri, a trasformarci in tanti individui con la “puzza sotto il naso”, incapaci di vivere cordialmente in mezzo alla gente, né più capaci di lavori manuali, di affrontare il rischio d’impresa, di sacrifici, di un po’ di umiltà… di quella umiltà e di quell’apertura agli altri che possedevano, in dosi eccezionali, gli uomini e le donne che lasciarono le campagne e le periferie per costruire dal dopoguerra in poi un “impero” turistico sul mare, fatto non solo di mattoni ma anche e soprattutto di relazioni umane vastissime.

Una riscossa possibile
Siamo giunti a questo punto. Alla crisi di una vocazione: logicamente da arginare, soprattutto in momenti imprevedibilmente oscuri come quelli attuali. Gli operatori, specialmente quelli in prima fila, cercano in tutti modi di non perdere i contatti con la propria clientela, con i propri ospiti, con i propri amici…. Ecco un esempio, un messaggio, tra i tanti che partono dalla nostra Riviera per raggiungere, magari via etere, chi aveva già espresso una simpatia per noi:

la Romagna, come tutti, si è presa una pausa di riflessione! Noi, come è necessario, in casa a fare tante piccole cose… in apparenza. In realtà a ripensare daccapo alla nostra vita. Non solo per un bilancio. Ma anche per tanti propositi destinati al dopo-virus. Così pure la Romagna, che in passato aveva dato vita – nel bene e nel male – ad un formidabile laboratorio politico, ora sta rimuginando sulle cose da fare: su come presentarsi nuovamente sul palcoscenico della vita nazionale (e pure internazionale). Nei “panni” di una spiaggia familiare? Di un ritrovo, giorno e notte, alla portata di tutti; dove fare nuove amicizie è più facile che altrove? O di una metropoli sul mare dove ci si incontra, in tanti convegni, per discutere seriamente sulle sorti del mondo?
Sarà possibile mescolare e realizzare assieme questi propositi? Noi ci metteremmo la firma… e anche il nostro impegno. In bocca al lupo!

Come andrà a finire? Ce la faremo? “Ce la faremo ad evitare che quanto costruito col sudore dei genitori finisca il polvere?” Per una terra che voleva fare la rivoluzione non dovrebbe essere una cosa impossibile!? Sicuramente alla portata, se sapremo aggiungere ai necessari ed urgenti provvedimenti congiunturali (si auspica erogazione rapida di finanziamenti, bonus vacanze, sburocratizzazione, promozione adeguata, ricollocazione degli eventi e dei grandi appuntamenti, e di rassicurare i potenziali ospiti…) un vero programma per l’avvenire. Un programma frutto di coraggio, lungimiranza e autocritica (da “Stati Generali” qualcuno ha detto). Senza paura di affrontare quei nodi importanti e delicati, che tornano o torneranno sempre al pettine: a partire dalle risorse umane, ed iniziando dalle nuove generazioni.
Promuovere imprenditorialità e senso di responsabilità fra i giovani (e il turismo offre, in particolare nella micro-imprenditorialità, ampie possibilità!), contrastando quel processo di deresponsabilizzazione collettiva cresciuto come l’ortica ultimamente; affrontare con forza le novità non rinviabili nel settore urbanistico, e il tema dei finanziamenti necessari per creare l’offerta degli anni Duemila…
Si tratta di avventurarsi in nuovi percorsi, con determinazione, abbandonando vecchie visioni ideologiche, ridotte oggi ad una miscela di demagogia e furbizia.

Ma se dovessi dire quello che personalmente ritengo indispensabile, prezioso, salvare del passato “glorioso” del nostro Turismo non avrei dubbi, anche se tutte le volte mi vergogno a ripeterlo, quasi suonasse falso e retorico, anche se sicuramente rappresenta qualcosa di molto più grande di ognuno di noi: quelle stagioni favolose in cui a Rimini e sulla Riviera, con ospiti da tutta Europa, si festeggiava e “sperimentava” una convivenza quanto mai civile e allegra, qualcosa che sembrava prefigurare un mondo finalmente globale, unito; quello che oggi, dopo decenni, è diventato una realtà… vera, ma tremendamente problematica, quanto indecifrabile. Allora la domanda: è sbagliato pensare che il nostro Turismo, riconquistando tutta la forza che aveva nel suo passato internazionale, possa offrire il proprio contributo (neppure piccolo) alla costruzione di una ragionevole visione mondiale? Democratica e pacifica, preludio di un governo universale, modello federale o meno… organismo o organismi indispensabili per stare alla pari con una economia, globalizzata, che corre assai più in fretta della politica.
Senza dimenticare che il primo gradino, verso queste conquiste, si chiama Europa Unita. Un gradino scassato, traballante. Da riparare subito.

COMMENTI

DISQUS: 0