In viaggio verso la Bolivia, dove da domani comincerà l'acclimatamento e poi le scalate fino al Nevado Illimani a quota 6mila metri. Massimo De Paoli ci racconta la sua passione per la montagna e dal presidente del Cai Rimini, Mauro Campidelli, veniamo a sapere che i soci del Club sono tanti per una città di mare, e alcuni di loro si sono cimentati con l’Himalaya e l'Everest.
Massimo De Paoli è un appassionato di montagna che ribalta il cliché del riminese ‘marinaro’. Lui umilmente si definisce ‘escursionista della domenica’ ma l’impresa che ha programmato sulle montagne boliviane alza di parecchio l’asticella delle difficoltà. Sono partiti oggi (come documenta la fotografia in alto) i tre amici del Cai di Rimini: Massimo, Riccardo Stacchini, Davide Morini e Andrea De Paoli (solo fino al campo base), e a loro si aggiungerà l’alpinista peruviano e guida di alta montagna Miguel Martinez. Li attende una avventura impegnativa. Lo abbiamo intervistato alla vigilia della spedizione sulla Cordigliera Real.
Massimo, come, quando e dove è nata la tua passione per la montagna?
“Avevo undici anni e ho partecipato con mio fratello ad un campeggio in montagna a Moena organizzato dal parroco (allora) di San Mauro Pascoli, don Marino Paesani. In quella vacanza affrontai per la prima volta una ‘ferrata’, la ringhiera d’acciaio che costeggia un sentiero di montagna e che aiuta a tenersi in sicurezza, visto che dall’altro lato di solito c’è un notevole strapiombo. Per me ragazzino fu qualcosa di esaltante ed entusiasmante. Lì è nata la passione dell’arrampicata che mano a mano è cresciuta. E’ diventato il modo di stare in un ambiente che mi piace tantissimo, tutto l’ambiente montanaro: i boschi, i prati, le radure, le nevi e i ghiacciai. Mi hanno sempre affascinato. Certe letture mi hanno aiutato a pensare e sognare di vivere in quegli ambienti, fino a quando dalla fantasia sono passato alla realtà, per esempio l’avidità e la curiosità degli scritti e dei racconti di Dino Buzzati. Crescendo, le occasioni di frequentare questi luoghi si sono moltiplicate”.
Pratichi anche l’alpinismo solitario?
“No. Da sempre faccio escursioni con amici con i quali mi fa piacere condividere questa attività. Faccio un solo nome, perché in questo caso non farà parte della spedizione in quanto non ama il ghiaccio e i ghiacciai: Michele Ceccarelli. Invece in Bolivia ci sarà suo nipote Davide Morini, nonché Riccardo Stacchini e una guida alpina peruviana di cui sono grande amico da tempo, Miguel Martinez, e infine mio figlio Andrea che però si limiterà a seguirci fino al campo base come fotografo e film maker”.
Come concili questa passione, così impegnativa, col tuo lavoro di libero professionista come consulente di sicurezza sul lavoro?
“E’ una sfida continua: come chiunque coltivi una passione, cerco nella mia giornata quotidiana e nella mia vita in generale il tempo per praticarla”.
Da quanto tempo stai preparando il viaggio sulle Ande boliviane?
“Dall’ottobre dello scorso anno: per prima cosa ho chiesto al mio amico Martinez, che come lavoro fa la guida andina, il suo coinvolgimento non tanto e non solo nella preparazione alla scalata di una montagna tanto diversa e ben più alta delle nostre Alpi. Ma gli ho proprio chiesto di venire su con noi. Infatti ben diverso è scalare una montagna rocciosa, dove è sufficiente (si fa per dire, ndr) che non piova per andare su con relativa facilità, e una montagna innevata e ghiacciata come sarà la nostra. La mia idea gli è subito piaciuta e si è coinvolto con vero piacere, già dai primi colloqui avuti con lui via Skype. Io intanto avevo fatto ricerche, contattando anche un genovese, un boliviano e un neozelandese che erano già saliti non proprio sulla cresta dove intendiamo salire noi ma su una vicina. Poi ho anche chiamato Enrico Rosso, un alpinista molto esperto, anche se non professionista, che nel giugno del 2014 aveva tentato con altri colleghi la nostra stessa cresta; in quel caso però hanno dovuto rinunciare e tornare indietro perché c’era troppa neve. Dovendo arrampicarci su una montagna ricoperta di neve e ghiaccio a fine luglio, speriamo in condizioni ottimali per riuscire a raggiungere i seimila metri che ci siamo prefissati. Per prepararci da qualche tempo a questa parte nei weekend siamo sempre andati ad allenarci in alta quota, sulle Alpi: Monte Bianco, Monta Rosa e Gran Paradiso”.
Quella boliviana però non sarà una passeggiata da ‘escursionista della domenica’…
“Effettivamente… anche se credo che non si possa parlare di impresa. Nel riminese io conosco alcune decine di alpinisti di alto livello in grado di affrontare montagne rocciose ma anche nevose e ghiacciate delle Alpi che non sono per nulla facili”.
E infine l’aspetto solidale di questa avventura: com’è nata l’idea di raccogliere fondi da destinare all’Avsi (l’associazione volontari servizi internazionali) per progetti che riguardano l’emergenza umanitaria in Siria?
“Dalla semplice proposta di un amico al quale avevo raccontato della preparazione di questo viaggio. Così come facemmo dopo un viaggio nelle Ande Peruviane nell’agosto 2014, anche quest’anno al nostro ritorno organizzeremo serate con la proiezione di filmati e diapositive nelle quali raccoglieremo fondi a favore dell’Avsi”.
Il CAI. Mauro Campidelli è il presidente del Cai di Rimini e conferma che anche nella nostra città la montagna è molto amata: “I soci del club alla chiusura dello scorso anno erano 714, la maggior parte escursionisti ma anche alpinisti che si accostano alla montagna in tutte le stagioni. Per esempio alcuni hanno fatto escursioni sull’Himalaya e altrove nel mondo, come in Marocco, dove c’è la catena dei monti Atlante che arriva fino ai 3mila metri circa. Alcuni soci sammarinesi si sono cimentati addirittura con l’Everest. Possiamo dire che ci sono almeno una trentina di ‘marinai alpinisti’. Sono molto contento della nostra attività di promozione della montagna e dei suoi valori in tutte le stagioni. Frequentiamo tutto l’arco alpino ma anche, nelle Marche, il Monte Nerone, Montiego, il Catria nell’Appennino. Ognuno ha un proprio motivo per amare le escursioni in montagna: qualcuno la affronta perché vuole avere un contatto diretto con la natura; chi vuole mettersi alla prova; chi si attende l’imprevisto e la sorpresa, magari anche quella che ti fa ritornare indietro senza avere avuto la possibilità di raggiungere l’obiettivo; se si torna indietro, in fondo, si ha la motivazione per ritornare”.
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