Ecco il solenne impegno, clamorosamente disatteso, di Margherita Zoebeli e del sindaco a trasferire il Ceis

Ecco il solenne impegno, clamorosamente disatteso, di Margherita Zoebeli e del sindaco a trasferire il Ceis

Quando l'asilo italo-svizzero deve sostituire tre baracche adibite a scuola materna, nel 1969, chiede l'autorizzazione alla soprintendenza di Bologna e al ministero. Quest'ultimo pretende un impegno scritto da parte del sindaco del tempo sulla "assoluta provvisorietà" delle strutture e sul fatto che dovrà essere "trovato al più presto altro terreno da destinare al trasferimento definitivo del Centro educativo e di tutte le sue strutture edilizie". L'amministrazione comunale prima invia una risposta generica, che il ministero boccia, e poi è costretta a mettere per iscritto una promessa. Che si rivelerà una farsa. I documenti.

Speriamo che il sindaco in carica, il quale pochi giorni fa ha dichiarato che «il Ceis vale un anfiteatro», un po’ arrossisca nel leggere i documenti che pubblichiamo. Documenti ufficiali, che raccontano la farsa delle promesse al vento vergate da un sindaco, ma altri faranno lo stesso negli anni seguenti. E speriamo che un pochino di imbarazzo lo avvertano anche i responsabili del Ceis, dopo aver letto gli impegni che, oltre mezzo secolo fa, si assumeva Margherita Zoebeli.
E’ il 13 giugno 1969 quando la fondatrice dell’asilo scrive all’allora soprintendente alle Antichità di Bologna, il professor Vinicio Gentili.
Il piano prevede di sostituire, dopo 23 anni dal suo primo insediamento, «le baracche in legno adibite a scuola materna del Ceis», perchè «logorate nelle strutture portanti». Sono tre quelle da rimpiazzare. Margherita Zoebeli fa presente che «la sostituzione è prevista a mezzo di padiglioni in legno, prefabbricati, costituiti di elementi facilmente montabili e smontabili» e aggiunge che «si intende mantenere alle strutture il necessario carattere di provvisorietà affinché sia facile provvedere ad un eventuale trasferimento dei padiglioni su un’area non monumentale che possa permettere al Centro Educativo Italo-Svizzero una sistemazione più stabile e definitiva». Ne è ben consapevole, dunque, Margherita Zoebeli, di occupare solo temporaneamente un’area monumentale e già immagina il trasferimento.

Dal soprintendente Gino Vinicio Gentili parte subito una raccomandata indirizzata al ministero della Pubblica Istruzione, divisione archeologia. E’ il 30 giugno 1969. «Poiché ritiene che la soluzione prospettata non pregiudichi l’eventuale utilizzazione, in un prossimo futuro, della zona archeologica, si trasmette la domanda del 13.6.1969, n. 6910, del Centro Educativo Italo-Svizzero che si allega in copia, con parere favorevole e si resta in attesa dell’autorizzazione ministeriale».

Ma dal ministero mettono in riga sia il soprintendente e sia il Ceis. La nota del 25 settembre 1969 è firmata dal ministro della Pubblica Istruzione (dovrebbe trattarsi di Mario Ferrari Aggradi, Governo Rumor II, in carica dal 05.08.1969 al 27.03.1970). «Tale autorizzazione, comunque, viene rilasciata a condizione che i suddetti padiglioni rivestano un carattere di assoluta provvisorietà e che il Comune di Rimini si impegni sin d’ora a trovare al più presto altro terreno da destinare al trasferimento definitivo del Centro e di tutte le sue strutture edilizie».

Il soprintendente incassa e informa (2 ottobre) Margherita Zoebeli. Comunica che l’autorizzazione «verrà rilasciata da questa Soprintendenza a condizione che i suddetti padiglioni rivestano carattere di assoluta provvisorietà e che il Comune di Rimini, al quale sarà presentata opportuna richiesta, si impegni a procurare al più presto, altro terreno da destinare al trasferimento definitivo del Centro e di tutte le sue strutture». Sindaco di Rimini fra il 1958 e il 1970 è Walter Ceccaroni, Pci, e dal 1970 al 1976 Nicola Pagliarani, Pci.

La seconda lettera (3 ottobre) del soprintendente è per il sindaco di Rimini: «la scrivente fa presente che concederà il proprio nulla osta sui progetti, non appena verrà in possesso della promessa formale in tal senso da parte di codesta Amministrazione».

Il sindaco invia un generico e poco vincolante riscontro: «si informa codesto Ministero che è allo studio della Amministrazione comunale la soluzione per il definitivo trasferimento del Centro Educativo Italo-Svizzero» (6 ottobre). Non è un impegno.

Il soprintendente gira quanto ricevuto al ministero per chiedere se la nota del Comune «può ritenersi sufficientemente vincolante e tale da giustificare il benestare sul progetto di nuova sistemazione dei tre padiglioni».

E’ il 6 dicembre quando il ministro si spiega ancora meglio: «il Comune di Rimini dovrà esplicitamente dichiarare di impegnarsi al trasferimento del suddetto Centro in altra località, avendo, con la nota n. 5174 del 6 ottobre 1969, comunicato che la questione è allo studio della medesima Amministrazione comunale».

Il soprintendente si mette alla macchina da scrivere e manda un’altra letterina al sindaco e a Margherita Zoebeli: «codesto Comune dovrà esplicitamente dichiarare d’impegnarsi al trasferimento del suddetto Centro in altra località» e non appena l’avrà fatto «questo Ufficio prenderà in esame il progetto…» (20.12.1969).

Ed ecco che il sindaco cede, almeno sulla carta: «con la presente questo Comune si impegna, espressamente, a trasferire, allorché sarà necessario, la sede del Centro Educativo Italo-Svizzero in un’altra ubicazione diversa dall’attuale» (29.12.1969).

Il soprintendente Gentili trasmette (13.1.1970) quanto «esplicitamente dichiarato» dal sindaco «di impegnarsi al trasferimento» del Ceis e chiede l’autorizzazione del ministero per la sistemazione dei tre padiglioni.

Il ministro la concede l’autorizzazione (14.2.1970) facendo esplicito riferimento all’impegno del Comune a trasferire la sede del Ceis e sottolinea che «l’approvazione al progetto di variante relativo alla sistemazione di tre padiglioni prefabbricati dovrà essere subordinata al preventivo accertamento, da parte di codesta Soprintendenza, del carattere di “assoluta provvisorietà» dei padiglioni». E torna alla carica col soprintendente sul punto saliente: «La S.V. vorrà inoltre valutare l’opportunità e la necessità di intervenire presso l’Amministrazione comunale interessata affinché il trasferimento della sede del Centro avvenga al più presto, in conformità di quanto richiesto da questo Ministero con nota n. 6954 del 25.9.1969».

Il soprintendente informa Margherita Zoebeli: «Si comunica alla S.V. che il Ministero della P.I. preso atto dell’impegno formale assunto dal Comune di Rimini per il trasferimento della sede del Centro Educativo Italo-Svizzero …»

E Margherita Zoebeli invia la planimetria, sollecitando tempi brevi per il nulla osta (18.5.1970).

Il soprintendente fa sapere al ministero che il Ceis ha fatto pervenire la documentazione e che ha precisato il materiale costruttivo, e così conclude: «A seguito di tale assicurazione questa Soprintendenza, per quanto le compete, rilascia il proprio benestare sul progetto in esame e si adopera nel contempo presso l’Amministrazione comunale di Rimini perché la sede del Centro venga trasferita quanto prima in altra sede» (22.5.1970)

Accadeva 52 anni fa. L’impegno del Comune e del Ceis, che in seguito verrà ancora rinnovato sulla scia delle ripetute sollecitazioni che arrivavano dai soprintendenti, rimarrà lettera morta. Una presa in giro. Totale.

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