I due muri medievali che dividevano in due il fossato della Rocca

I due muri medievali che dividevano in due il fossato della Rocca

In un'opera di Filippo Brunelleschi ogni dettaglio è interessante. Precisazioni a seguito del commento pubblicato da un lettore al precedente articolo di Rimondini.

A seguito della pubblicazione del recente articolo di Giovanni Rimondini, L’ultima novità di Castel Sismondo, sulla pagina Facebook di Rimini 2.0, Nicola Leoni ha postato delle interessanti ed utili osservazioni. L’importanza di un giornale online e dei social annessi, è anche questa: si può reagire in presa diretta a tutto beneficio di approfondimenti importanti al fine di integrare, chiarire, contestare, un determinato argomento. Terminato questo box, si può leggere la risposta abbastanza dettagliata del prof. Rimondini, ma prima di arrivarci sarà bene ricostruire i rilievi mossi da Nicola Leoni.

«C’è un punto di questa ricostruzione, ad una prima vista, che non mi trova concorde: ossia la parte del muro cittadino e del fossato sul lato nord. Infatti mi pare evidente fin dalle più antiche piante (quella del Sangallo, per esempio) e anche dai dati archeologici che l’argine del fossato chiudeva contro le mura, in modo assai diverso rispetto a quanto rappresentato».
Il riferimento è al rendering a cura di Giovanni Maccioni pubblicato nell’articolo in questione.

Giovanni Maccioni, immagine virtuale aerea del castello con la falsabraga posteriore.

Il lettore ha modificato la ricostruzione di cui sopra, per rendere meglio il proprio pensiero:

E poi utilizzando una immagine satellitare da Google Maps, ha posto in rilievo «in rosso l’argine del fossato trovato negli scavi 2015 e ancor oggi visibile. In giallo “il muro che non c’era”, a cui mi riferisco. Oggi c’è, ma è moderno (vedere tessitura dei mattoni per conferma)».

Il prof. Rimondini ha risposto:

«Sull’orlo interno del fossato lato Marecchia lei ha ragione, la situazione è quella che ha tracciato sull’immagine satellitare. Però si sbaglia laddove sostiene che quel muro non esisteva. Tutte le piante del castello mostrano che il muro della città di origine malatestiana della metà del ‘300 chiudeva il secondo cortile del castello a monte e tagliava in due parti il fossato, Valturio stesso parla di questa divisione: “LA PRIMA FOSSA DENTRO”; che evidentemente richiama la seconda fossa fuori.
Il muro comunale del ‘300 non era stato distrutto dalla costruzione del castello, ma solo interrotto dove chiude il cortile con la porta del Gattolo. i due teli di mura cittadine che attraversavano la fossa erano praticabili dai soldati del Comune, come mostra l’attacco della parte di muro che attraversava la fossa dalla parte dell’Arco, che ho fotografato (vedi immagini).

Si vede sezionata contro il muro la battagliera e un merlo. Su questa battagliera non si andava dal castello ma solo dalle mura comunali. Questo telo di muro che tagliava il fossato verso l’Arco venne distrutto nei primi anni del ‘900 [potrei trovare anche la data esatta]. Il tratto di mura urbane che tagliava in due il fossato dalla parte del ponte, è certamente un palinsesto dal ‘300; anche i buchi per armi da fuoco che abbiamo pubblicato, di epoca postmalatestiana, erano raggiungibili non dal castello ma dal giro delle mura. Palinsesto è un’immagine del mondo letterario filologico che si usa per definire architetture che hanno subìto modifiche nel tempo. Sempre disponibile, mi auguro, a continuare il dibattito».

Nicola Leoni ha ribattuto:

«Ringrazio per la risposta il prof. Rimondini. Se ho ben compreso ciò che intende dire il professore, forse non ci siamo capiti. Sono assolutamente d’accordo che il muro “della città di origine malatestiana della metà del ‘300” (utilizzo gli stessi termini per evitare fraintendimenti) sia stato riutilizzato, sopraelevato e modificato, come limite verso monte della corte del Soccorso. Ma nel punto che ho mostrato sull’immagine satellitare con trattini gialli io penserei invece che quel muro di cui sopra sia stato, se non demolito, almeno sbassato e ridotto ad un “tramezzo della fossa” o “muro per sostenere l’acqua”, come viene indicato in tutte le piante del castello già a partire dal XVII secolo. Addirittura nella planimetria del Sangallo (1526) quel tratto di muro non è rappresentato.
Per questo parlavo di “muro che non c’era”, riferendomi soltanto a quel tratto specifico che ho segnato in trattini gialli sull’immagine satellitare, non certo a tutto il muro di cinta della città lato monte preesistente al castello. Di quest’ultimo, come detto sopra, non ho mai inteso mettere in discussione l’esistenza. Mi auguro di aver meglio chiarito il senso della mia affermazione di qualche giorno fa. Un caro saluto».

Dopo aver ringraziato Nicola Leoni veniamo alla nuova puntata che si può leggere di seguito.

Nella parte alta dove il muro orizzontale si unisce alla torre a filo, si nota un muro più chiaro di forma quadrata che culmina con un volume di sezione triangolare, fatto per rendere difficoltoso avvicinarsi alla parete. Il muro orizzontale, come tutti gli altri, è un palinsesto di diverse epoche; in basso ‘300, poi ‘400, poi ‘600 e ‘800.

Particolare della parte terminale del muro urbano che attraversava il fossato là dove si salda con la torre a filo.

Caro Nicola, so bene che ci si innamora del proprio punto di vista, capita anche a me e a tutti, bisogna però mettere in crisi l’amor proprio. Cerco anch’io di farlo mentre ti rispondo: cosa sostiene Nicola? Che sulla base dei disegni di diversi secoli, lì in quel punto, tra la torre a filo e la piccola torre verso il Marecchia, il fossato fosse aperto con al massimo un muro, un tramezzo per contenere l’acqua, dico bene? Perché non posso – o non voglio? me lo chiedo – accettare questa mancanza di muro come nei disegni di Antonio da Sangallo il Giovane, oppure invece approvare i tramezzi come sono delineati nei disegni di Giovan Francesco Nagli del 1664, di Ferdinando Marsili del 1708, di Gaetano Stegani per il d’Agincourt del 1780 c., di Matteo Crudomiglia del 1821, di Andrea Zoli del 1825 che è la prima planimetria misurata in metri? Lasciamo stare per il momento l’espressione di Valturio sul fossato interno che Nicola non ha citato, magari per scartarla. Qualcuno ha pensato, leggendo la descrizione del Valturio, che ci fossero due fossati uno interno e uno esterno, ma non c’è bisogno di raddoppiare il fossato, soluzione impossibile: dove sarebbe il fossato interno? E’ un fossato esterno diviso in due parti dal muro comunale. Lasciamo stare per il momento il Valturio.

Lo slargo davanti alla rotonda, la torre sigismondea appoggiata alle mura urbane e dopo l’albero in asso la continuazione delle mura urbane verso porta Montanara.

Le prove decisive sono materiali visibili e tangibili. E, trattandosi di un’opera dell’immane Brunelleschi, ogni dettaglio è prezioso.
La parte di mura trecentesche verso l’Arco, che tagliava in due il fossato, venne demolita nel 1906 – Verbali dei Consigli Comunali del 1906 “Piano esecuzione nuova via dalla Rocca Malatestiana alla provinciale Montefeltro” [oggi Viale Roberto Valturio] -. La distruzione di parte del muro urbano ha lasciato un attacco dalla parte Marecchia o Ponte, come già esposto, nella sezione di muro, battagliere e merlo, tra il palazzo d’Isotta e la torre vicina. Ma anche di là della strada si vede l’attacco delle mura che è risultato dalla demolizione del 1906, con vicina una grossa torre e un gran pezzo di mura. E sono mura urbane non un muretto tagliafosso. Sei d’accordo Nicola?

Adesso andiamo dall’altra parte dove c’è il muro urbano, per te Nicola recente. Sotto la torre a filo – torre a filo significa torre che non sporge dalle mura – che chiude da quella parte la corte di soccorso, si vede un tratto sommitale a scivolo di mura urbane. A scivolo significa che si voleva con la sezione a triangolo dei mattoni impedire un facile avvicinamento al muro della torre a filo di eventuali nemici saliti a quel livello. Qui non c’è una battagliera ma questo scivolo si interrompe per lasciare spazio a un intermerlo. Di che epoca è? Di che epoca lo fai, e perché Nicola?
A me sembra una ricostruzione forse del Seicento, ma mi figuro che sotto prima vi fosse un merlo e la battagliera come dalla parte verso Porta Montanara. Anche tutta la parte di muro fino alla torretta verso il ponte ed oltre è un palinsesto, vedi sotto.

La parte del muro che si salda con la torre a filo, che si presenta con la punta della sezione triangolare per rendere difficoltoso l’avvicinarsi del nemico.

La battagliera del ‘400 sulle mura urbane verso il Ponte. E’ possibile che fosse più larga tramite una passerella di legno.

La torretta oltre il fossato sulle mura urbane, che presenta un facile palinsesto: la parte bassa è del ‘300-‘400 con la cannoniera rettangolare di epoca sigismondea.

Ma prima di riprendere il discorso dei palinsesti vorrei accennare al discorso storico sotteso sul muro urbano e il suo utilizzo in Castel Sismondo.
A me sembra ragionevole pensare o ipotizzare che Sigismondo Pandolfo abbia rispettato tutto il muro trecentesco a monte di Rimini appoggiandovi il suo castello. Lo ha privatizzato insieme alla porta trecentesca del Gattolo e lo ha interrotto con una torre lì dove c’è l’impronta che ho fotografato, ma non si è permesso di distruggerlo. E’ ragionevole pensare, credo, che abbia discusso cosa voleva fare del muro di cinta, proprietà di Rimini e dei Riminesi, in un consiglio allargato con il soggetto padrone delle mura: i Riminesi e per loro i Consiglieri o i nobili della città. Sigismondo Pandolfo sarà anche stato il Rex Ariminensium ma non era il despota di Rimini, prima di mettere le mani sulla proprietà dei Riminesi chiedeva il permesso.

Tagliare un pezzo di mura urbane fin dall’epoca romana – hai presente cosa fece Romolo al fratello Remo – che aveva mostrato disprezzo per il solco delle mura della neonata Roma? – era un delitto grave contro la città e contro la comunità. Non credo che Sigismondo Pandolfo l’avrebbe fatto senza pensarci su, sapendo che sarebbe stato vissuto come un insulto a Rimini; avrebbe offerto un argomento ai suoi nemici interni, e ne aveva. Il muro tagliato nei primi del 900 è il muro trecentesco che evidentemente Sigismondo non aveva distrutto. Come non aveva distrutto l’altro che è rimasto sia pure modificato nel corso dei secoli. E questo sarebbe un argomento storico che renderebbe molto problematico accettare un taglio delle mura.

Il palinsesto di muro urbano vicino al troncone del 1906: in basso mura del ‘300 e ‘400, in lato mura recenti.

La grande torre che segue verso Porta Montanara – chissà se dentro, che è proprietà comunale – l’hanno svuotata. Si vede a 3/4 d’altezza al centro un’apertura sormontata da un archetto ribassato tamponata.

Ma poi tu hai fatto una giusta osservazione, il muro che oggi vediamo non è quattrocentesco o trecentesco come quello che comincia dalla torre a filo della corte del soccorso. Bisogna però pensare al concetto di palinsesto: termine usato per descrivere una pergamena sulla quale è stato rasata la prima scrittura e ne è stata stesa un’altra. Significa insomma un oggetto più volte usato e modificato. Lo usiamo per l’architettura e l’archeologia. Prendi il muro che contiene l’ex fiume Marecchia a destra dopo il ponte romano dove di recente il sindaco Andrea ha fatto costruire una passerella, risistemando un’epigrafe del ‘700, ma i suoi corifei dicevano che era un muro dell’800.
Ebbene sì, il muro in questione, nella sua parte alta era dell’800 e del ‘700 – e adesso è anche del 2020 – ma sotto è visibile la parte del ‘300 e del ‘400, sotto l’acqua e il terreno per 4 metri e più c’è la parte romana, che abbiamo visto nel muro dirimpettaio quando negli anni ’70 del ‘900 hanno tolto la ghiaia: sotto l’arco ultimo che si attacca al borgo era visibile a quattro metri di profondità, rispetto all’attuale livello dell’acqua, la banchina del porto romano, sporgente con una cornice e con i resti di un pietrone che sporgeva in fuori dal muro e che era forato per l’attracco delle barche. Sopra questo livello c’era un tratto di mura di un metro e mezzo formate da regolari blocchi di pietra d’Istria. Sopra questi per quasi due metri, se ricordo bene, c’è un muro di mattoni manubriati romani di epoca imperiale; e poi ci sono muri di epoche posteriori fino all’800, data segnata su un idrometro.
Questo palinsesto data un fenomeno di subsidenza – la terra che si abbassa – che è cominciato subito dopo l’erezione del ponte e verrebbe da pensare provocato su terreno poco consistente dal peso del ponte stesso, ma anche gran parte del Borgo e dell’area cittadina ai bordi del fiume ha subìto lo stesso fenomeno.
Insomma anche il muro di fronte con la passerella avrebbe potuto mostrarci la stessa struttura storica plurisecolare se fosse stato messo in vista e studiato.
Il muro della città che vedi tra la torre a filo della corte del soccorso e la torretta delle mura nella sua parte alta potrebbe essere dei restauri del ‘600 o anche più recente, ma sotto ci sono e si vedono le strutture del ‘400 e del ‘300.

Il palinsesto sotto l’arco del ponte che si attacca al Borgo. Foto Emilio Salvatori.

Certamente potrei sbagliarmi, ho sempre sbagliato anche quando non avevo 80 anni, ma ho sempre denunciato i miei errori, anche in questo “lavori-in-corso” di Rimini 2.0 dedicati al castello. Nel caso, Nicola, indicami dove sono i miei errori uno per uno, Rimini 2.0 te li pubblicherà col mio preventivo consenso.
Sì, riconoscere i propri errori è un vulnus narcisistico verso se stessi che nessuno vorrebbe mai provare, ma insomma non studiamo per autoincensarci, vero? O per evitarci malumori narcisistici, ma in questo caso per il castello, che anche tu Nicola, penso, vorresti vedere rispettato come grande monumento – sarebbe del Brunelleschi e io sono sicuro che tu sai chi è il Brunelleschi –. Non come Andrea che lo ha pensato come un “contenitore”, un pacco che contiene qualcosa di valore, che per Andrea, ahimè non opportunamente educato dai suoi insegnanti, tra i quali, ahimè, ahimè, devo battermi il petto anch’io, ha pensato di metterci dentro il museo Fellini, che sarebbe come mettere una foto della Saraghina sul petto della Gioconda, con tutto il rispetto per la Saraghina.

Un tubo di scarico comico sopra il muro dei Malatesta del ‘300, vicino alla grande torre con una saettiera. Riusciremo mai a far comprendere ai Riminesi il lusso della loro storia?

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