L’ultima novità di Castel Sismondo

L’ultima novità di Castel Sismondo

Dai continui approfondimenti che il prof. Rimondini sta conducendo sulla Rocca, work in progress come li definisce lui, puntiamo l'attenzione su quanto i demolitori del '500 hanno lasciato in vita. E sulla base di nuove osservazioni, studi e ricerche, Giovanni Maccioni ricostruisce l'aspetto originario dell'opera di Brunelleschi in forma di rendering.

WORK IN PROGRESS: LA PARETE DEI BECCATELLI, PREZIOSI DETTAGLI BRUNELLESCHIANI

L’ultima novità di Castel Sismondo scoperta e pubblicata pochi giorni fa è veramente straordinaria: è apparsa una gran parte dell’apparato a sporgere delle seconde mura del castello, che i demolitori del ‘500 per stanchezza o per risparmio hanno lasciato in vita. Ci sono due archetti interi dei beccatelli, e sopra il primo i resti di un cordolo, dettagli che nel tardo ‘800 avrebbero permesso la ricostruzione delle tre parti del secondo muro con beccatelli e merli, verso la città inframezzate alle quattro torri e al palazzo di Isotta, e che permetteranno a Giovanni Maccioni, che è il nostro castellologo grafico, di ricostruire il loro aspetto in una serie di immagini virtuali.

Il 27 marzo 2021, prima dell’alba – circa le ore 6 e 30 – sono andato al castello per verificare se il sole nascente illuminasse per un momento almeno la parte con i beccatelli residui e le tre bombardiere – senza i buchi rotondi del fuoco – che abbiamo sotto osservazione.
Il sole era velato e nei riflessi non era rosso, aveva subito il colore bianco e sorgeva sotto le case di piazza Malatesta.

Al levare del sole si sono accese le vetrate dell’edificio in lontananza, non di rosso ma di bianco per la velatura del sole.

Il sole è poi apparso sopra le case della piazza Malatesta.

La prima parte del castello che si è illuminata è stata la torre a sinistra della porta.

La prima parte illuminata la torre a sinistra della porta.

Poco più tardi la luce tenue che arrivava ha illuminato le punte dei beccatelli come il giorno precedente alle ore 7.

Probabilmente qualcuno ha già visto e ha fotografato e pubblicato questa parete, con le 3 bombardiere, i resti di 15 mensoloni di beccatelli con due archetti sormontati da un cordolo. Nel caso che venga fuori pubblicheremo un’altra palinodia, secondo la logica che abbiamo adottato del work in progress. Sono resti di un’opera di Filippo Brunelleschi, quindi preziosi dettagli.

La terza parte tra la torre a sinistra della porta e il palazzo di Isotta, mostra i beccatelli rasati e i resti dell’intonaco bianco.

La terza parte tra la torre a sinistra della porta e il palazzo di Isotta, mostra i beccatelli rasati e i resti dell’intonaco bianco.

Correvano, come abbiamo detto, in tre parti: la prima tra la torre verso il Marecchia e la torre distrutta, la seconda tra la torre distrutta e la torre scalare, la terza tra la torre a sinistra della porta e il palazzo di Isotta.

E dietro? Vediamo la parte meridionale del nucleo interno dal secondo cortile: una scarpa all’altezza di quella del torrione verso il Marecchia il muro antico con le due file di finestre a tutto centro e poi comincia il muro nuovo. Ma Giovanni Maccioni ha trovato nella terza pianta di Andrea Zoli due cose importantissime per la soluzione sia dell’interno delle tre bombardiere trovate di nuovo sia di una stretta battagliera ma senza apparato a sporgere esterno.

Tuttavia aveva ragione il castellano veneziano Vincenzo Valier nel 1503, il quale aveva scritto al Senato di Venezia che il castello era bellissimo, le difese obsolete – non c’era la possibilità dei tiri d’angolo – e che dietro non era finito: aveva solo il muro trecentesco del comune raggiunto dai due muri del 1431, opera di Galeotto Roberto. Il Valier aveva anche calcolato il costo per completare il castello, costruito solo per 1/3; doveva avere visto il modellino ligneo o dei disegni. Come doveva essere nel modellino ligneo del Brunelleschi? Probabilmente lungo l’attuale muro che ha una scarpa dell’altezza di quella delle torri, doveva esserci una falsabraga o meglio un muro come i tre che abbiamo notato, in modo che intorno all’abitazione di Sigismondo Pandolfo girasse un’unica battagliera.

Pianta di Andrea Zoli, il terzo piano del nucleo interno: si vede a destra in basso l’interno del muro con le tre bombardiere tra la torre rotta e la torre verso il Marecchia; e in alto uno stretto corridoio che sembra proprio la battagliera della falsabraga a monte coperta in tempi successivi a Sigismondo Pandolfo.

Sigismondo Pandolfo tralasciò tutte le novità della parte posteriore, forse perché era interessato ad un’opera che contenesse le “rivolte intestine” di cui parla il Valturio.
Da bambino nel 1430 era stato costretto con i fratelli e la zia Elisabetta Gonzaga vedova di Carlo Malatesta a rifugiarsi nella torre fortificata del Gattolo vecchio, mentre i rivoltosi saccheggiavano il palazzo. Un anno dopo in piazza a Fano era stato assalito da un prete di nome Matteo che con i suoi contadini inferociti cercava di eliminarlo, era stato ferito e tre suoi gentiluomini erano morti per proteggerlo. Nello stesso anno il cardinale Alfonso Cariglio con armati aveva fatto cacciare da Pesaro i Malatesta, parenti dei Colonna nemici aperti di papa Eugenio IV. Nel 1435 a Fabriano tutta la famiglia dei Signori Chiavelli era stata annientata dal popolo ribellato. E nel 1439 i Trinci Signori di Foligno furono sterminati, fin i bambini nelle culle, dal popolo istigato dal patriarca Giovanni Vitelleschi, capo dell’esercito di Eugenio IV.

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