Il consiglio comunale del 22 marzo ha modificato il regolamento sulla Tari (tassa rifiuti) anche nella parte relativa alle pertinenze. Ci avevamo visto giusto da subito, approfondendo e motivando l'inserimento del Comune di Rimini nella black list stilata dal Sole 24 Ore, ma il Comune di Rimini si era sempre difeso. Il primo chiarimento il ministero lo fornì nell'ottobre del 2017. Ora facciamo il punto sulla vicenda. Ma sulla Tari a breve vi faremo divertire. O arrabbiare, a seconda di quale categoria di "Taritassati" apparteniate.
Con il secondo emendamento del Sindaco approvato giovedì in Consiglio Comunale è stato modificato il comma 1bis dell’articolo 7 del Regolamento sulla Tassa sui Rifiuti e, di fatto, i Riminesi escono dalla Black List di quei Comuni (individuati dal quotidiano economico “Il Sole 24 Ore” nello scorso mese di ottobre) nei quali la TARI è viziata da un illegittimo calcolo nella parte della cosiddetta ‘quota variabile’ il cui valore è correlato al numero degli occupanti dell’immobile.
L’illegittima determinazione dell’imposta TARI, limitatamente alla quota variabile, è stata sempre negata dall’Amministrazione di Rimini e dall’assessore Brasini il quale, anche nell’ultimo Consiglio Comunale, ha affermato come questo “non è mai stato il caso di Rimini”.
Non è ovviamente possibile dimostrare il contrario di quanto afferma l’assessore eppure è verosimile che anche Rimini, a causa dell’illegittima previsione contenuta nel Regolamento Tari (denunciata per primi sulle pagine di questo giornale), avrebbe potuto avere gli stessi effetti distorsivi segnalati dal Sole 24 Ore. In ogni caso “tutto è bene quel che finisce bene”.
Tuttavia è legittimo chiedersi il perché, solamente un anno fa, l’Amministrazione di Rimini aveva introdotto la limitazione al numero delle pertinenze. Sulla questione sempre l’assessore ha spiegato che la scelta era stata fatta per “circoscrivere il limite massimo e per evitare un po’ il tema dei furbetti” visto che a Rimini siamo “molto fantasiosi in questo senso”.
I furbetti, per l’amministrazione, sono (o sarebbero) quei contribuenti che disponendo di pertinenze “date in locazione o comunque messe a reddito” andrebbero poi a considerale in modo “illegittimo ai fini ovviamente delle agevolazioni Tari” (così ha dichiarato l’Assessore sempre in Consiglio Comunale).
Questo ragionamento è un po’ farraginoso perché se un proprietario concede un bene in locazione ad un’altra persona è quest’ultima il soggetto che diventa “soggetto passivo” e, come tale, tenuto al pagamento dell’imposta: è pertanto “poco furbo” dichiararlo come pertinenza della propria abitazione con l’obiettivo di pagare una tassazione inferiore che, in realtà, non sarebbe dovuta dallo stesso proprietario.
Viceversa nell’ipotesi di una pertinenza a disposizione, e quindi non utilizzata dal proprietario come ad esempio una cantina od un garage non a servizio della cosa principale, si configura come fattispecie diversa da quella della pertinenza il cui trattamento è disciplinato da quanto previsto nella bozza del regolamento sulla Tares pubblicato dal MEF (se di soggetto fisico si considera come utenza domestica se invece di soggetto giuridico come utenza non domestica).
I casi che possono quindi verificarsi sono tre:
1. Pertinenze della cosa principale, senza alcuna limitazione al loro numero;
2. Locali accessori a disposizione, che diventano utenze domestiche o non domestiche;
3. Locali concessi in locazione ad altro soggetto, che dovranno essere dichiarati da quest’ultimo come soggetto passivo.
In conclusione, come ha definitivamente chiarito il MEF con la risposta alla domanda ricevuta nel corso di un webinar, “in materia di TARI non si può applicare il criterio limitativo delle pertinenze previsto esclusivamente per l’IMU, occorre invece fare riferimento all’art. 817 del codice civile”.
Ai sensi dell’art. 817 del Codice Civile sono considerate pertinenze i locali destinati in modo durevole a servizio o ad ornamento di un altro immobile principale, in base ad una destinazione che può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima e senza alcuna limitazione al numero delle stesse. Pertanto la condizione che deve essere sempre presente, e che anche gli uffici devono verificare, è solamente la sussistenza del vincolo della pertinenzialità e le difficoltà che gli uffici possono incontrare nelle attività di verifica dell’esistenza di tale condizione possono essere superate non con una norma ma con una specifica organizzazione di lavoro.
Verrebbe ora da osservare, dopo la pronuncia del Ministero, come sul tema delle pertinenze TARI in realtà “molto fantasiosa” sia stata l’Amministrazione di Rimini e non i suoi contribuenti.
Fabio Lisi
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