Il Meeting di Cl si è deriminizzato

Il Meeting di Cl si è deriminizzato

Bernhard Scholz appena sceso dalla carica di presidente della CdO, sale alla guida del Meeting di Rimini. Di Rimini? Nel nuovo consiglio di amministrazione non figura nemmeno un riminese. Resta solo il direttore a ricordare il luogo nel quale sbocciò l'evento internazionale, figlio di una compagnia umana ed ecclesiale e di una intuizione legata alla città turistica che ha fatto dell'incontro la sua vocazione.

Anche stavolta ci tocca esordire con l’avevamo già scritto. Ma la notizia a questo punto diventa un’altra: non tanto l’elezione di Bernhard Scholz, ormai scontata, che succede alla pressoché sempiterna Emilia Guarnieri (presidente per 27 anni ma guida di fatto da quando il Meeting esiste), ma la scomparsa dei riminesi dalla cabina di regia del Meeting. Della realtà, cioè, umana ed ecclesiale nella quale il Meeting è sbocciato. “Il Meeting è nato infatti dall’amicizia di un gruppo di cristiani di questa città. Come ho saputo, esso è nato dalla passione di comunicazione, di creatività, di dialogo che la fede cristiana, vissuta integralmente, sempre porta con sé”. Lo disse Giovanni Paolo II nella sua visita al Meeting del 1982.

E’ stato tagliato il cordone ombelicale con l’origine. Nel passato consiglio di amministrazione c’erano il presidente e altri tre componenti ad esprimere la città nella quale la kermesse è scaturita alla fine degli anni 70. Più tre “esterni”. Ora è cambiato tutto. Il presidente risponde al nome di Scholz (che si era appena tolto la casacca di presidente della Compagnia delle opere), e insieme a lui ci sono Giorgio Vittadini (docente e presidente della Fondazione per la Sussidiarietà), Guadalupe Arbona Abascal (insegna letteratura spagnola all’Università Complutense di Madrid), Andrea Simoncini (professore di Diritto costituzionale all’Università di Firenze) e Marco Bersanelli (insegna Fisica e Astrofisica all’Università degli Studi di Milano). Resta un solo riminese con un incarico di rilievo, quello di direttore, ed è Emmanuele Forlani.

L’operazione è stata condotta con precisione chirurgica. Alla assemblea dei soci che si è tenuta ieri, con diversi partecipanti collegati via internet in ossequio alle misure di contenimento del coronavirus, non è mancato qualcuno che ha avanzato candidature locali, due per la precisione, trovando però tutte le porte chiuse. Era praticamente già stato deciso che Rimini non avrebbe dovuto esprimere nessuno. Abbastanza clamorose, poi, le assenze dei big, che non si sono materializzati nemmeno via streaming: Giorgio Vittadini, Andrea Simoncini e lo stesso Bernhard Scholz (i tre riconfermati del vecchio cda). A condurre i giochi la presidente uscente, Emilia Guarnieri. Non meno eclatante è stata la motivazione della esclusione dei riminesi: ormai il Meeting è un fatto internazionale, mondiale, non più locale. Come se internazionale non lo fosse diventato da subito grazie all’intuizione partita da una pizzeria del Borgo San Giuliano nell’estate del 1979, seguendo la vocazione all’incontro che è scritta nel Dna di Rimini.

Arriva così a conclusione un percorso avviato da tempo, che non mancò di addolorare anche don Giancarlo Ugolini negli ultimi anni della sua esistenza, ovvero la progressiva esclusione dei riminesi dal cuore pulsante del Meeting. Il nuovo cda rimarrà in carica per tre anni. Una nota ufficiale del Meeting informa che tutti i consiglieri hanno espresso la loro profonda gratitudine e riconoscenza ad Emilia Guarnieri.

«Cogliere l’eredità dei fondatori del Meeting vuol dire lavorare con passione e responsabilità perché il Meeting continui a crescere e a rinnovarsi con la linfa vitale dell’origine. Il drammatico momento di emergenza epidemiologica che stiamo vivendo ci richiama a una delle intenzioni principali che hanno segnato la storia del Meeting nei suoi 40 anni: riscoprire e testimoniare una speranza e un coraggio capaci di affrontare con libertà e responsabilità le circostanze anche difficili che la storia ci pone, una speranza che permette ad ognuno, nella sua unicità, di contribuire al bene di tutti, attraverso i suoi talenti e le sue fragilità, attraverso le sue conoscenze e le sue domande», è il primo commento di Scholz. I fondatori sono ormai una eredità.

«La necessità assoluta, in queste settimane, di ridurre al minimo indispensabile i contatti ci rende ancora più consapevoli di quanto noi viviamo di relazioni, del valore dell’incontro e del dialogo, dello scambio di esperienze e, soprattutto, della condivisione. Guardando ai medici e agli infermieri che, in queste ore drammatiche, in mezzo a mille difficoltà, curano con dedizione straordinaria, al limite delle proprie forze, i pazienti affetti dal Coronavirus, possiamo riconoscere con ammirazione e gratitudine come la condivisione, fino al sacrificio, non solo è un bene prezioso per tutti, ma anche il seme del cambiamento. Anche di fronte alle crescenti contrapposizioni politiche ed economiche, a livello internazionale e all’interno dei popoli, di fronte alle sempre più frequenti solitudini esistenziali e disagi sociali, niente è oggi più necessario del fare esperienza di relazioni positive, in cui l’impegno autentico con la propria vita e il proprio lavoro permettono di riscoprire la forza del bene e del dialogo. Solo così anche l’economia e la politica potranno affrontare in modo lungimirante i problemi che incombono su di noi».

Ora si guarda al prossimo Meeting: Privi di meraviglia, restiamo sordi al sublime, una frase del filosofo ebreo Abraham Joshua Heschel. Secondo Scholz «un invito appassionato a riconoscere la realtà come “porta” al sublime, cioè al significato della vita e delle sfide che oggi viviamo. Insieme ai collaboratori della Fondazione, a tutti i volontari e a tutti coloro che vogliono offrire il loro contributo desideriamo che il Meeting sia sempre più un luogo d’incontro e di riconoscimento di ogni autentico tentativo e coraggioso impegno umano, di quella “serietà nella vita” che, come don Luigi Giussani ci ha testimoniato e consegnato, “è passione per il significato […] una passione per la vita che renda capaci di amicizia”». Ma si potrà continuare a chiamarlo Meeting di Rimini per due ragioni: ricordandone la genesi e il luogo che lo ospita.

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