L’Agenzia del Demanio ha confermato il finanziamento di circa 60 milioni di euro necessari per ricavare nella struttura di via Flaminia la "cittadella della sicurezza". Ma la statua del condottiero più famoso del mondo è ancora in castigo, mentre l'amministrazione comunale annuncia il cantiere che vedrà la demolizione dei fabbricati esistenti. Con il Divo all'interno?
Il 25 giugno 2021 il ministero della Difesa formalizza la dismissione della Caserma Giulio Cesare che entra nella disponibilità dell’Agenzia del Demanio Regionale. Un mese prima, durante la manifestazione per la riconsegna alla Città della statua di Giulio Cesare da parte dell’Esercito Italiano, i presenti apprendono dall’allora assessore alla Cultura del comune di Rimini, Giampiero Piscaglia, che l’Amministrazione comunale, in accordo con la Soprintendenza competente di zona, ha deciso il trasferimento (in data da definirsi) del condottiero nel lapidario romano del Museo di via Tonini. A caldo, ad alcuni esponenti della cultura locale intervenuti alla cerimonia, chiedo se condividano o no la disposizione che odora di un sottile, ma deciso sentore di “41 bis”. Non cito nuovamente i loro nomi che assicuro non sono ascrivibili ad aree politiche di destra, ma ricordo che le opinioni erano in totale disaccordo con la soluzione del lapidario.
Una per tutte, mi è rimasta impressa quella dell’editore antiquario Giovanni Luisè che ha articolato le proprie considerazioni, poi sintetizzate in perfetto ed efficace vernacolo riminese: una “patacata”. Poiché sembra il tema conduttore della locale saga cesariana, terrò ben presente e in primissimo piano proprio quel termine così efficace, per esorcizzarlo. Non sarà facile. Dunque, le ultime notizie: come anticipato esattamente un anno fa da Rimini 2.0, l’Agenzia del Demanio in questi giorni ha confermato un finanziamento di 60 milioni di euro per realizzare la Cittadella della sicurezza nei 70 mila metri quadrati dell’area ex caserma. Naturalmente, questo comporta un sostanziale ripensamento del sito, con demolizioni e ricostruzioni varie. Servirà ancora tempo. Passeranno anni. Nessuno pare curarsene, ma c’è un inquilino, un prestigioso inquilino che a dispetto di ogni logica e zuccherose dichiarazioni di intenti, è tuttora là, solitario abitante dei 7 ettari in totale balìa di chiunque abbia voglia di scavalcare le ormai indifese mura di cinta.
E nonostante le ronde di un istituto di vigilanza, si dice che visite di balordi, già preconizzate dall’ex sindaco Gnassi, ci siano state. Per fortuna, finora è andata dritta, ma non è una “patacata” far correre questo rischio alla statua del condottiero? E quando ruspe, cingolati e betoniere invaderanno l’area come api intorno al favo e la metteranno in serio pericolo, se non protetta adeguatamente (cosa tutta da vedere), non sarebbe forse un’altra “patacata” tenerla ancora là in caserma? Come detto in varie occasioni, verrà portata al restauro per finire nascosta alla vista dei più, relegata in un lapidario pur essendo di bronzo? (Lapis-ĭdis «pietra»!, come osservato da Luisè). Insomma, il condottiero più famoso del mondo è circondato da stuoli di quella locale espressione in vernacolo. L’assessore Piscaglia disse che «la riconsegna alla città della statua è l’occasione per un ulteriore recupero delle radici storiche di Rimini che è sempre stato al centro dei percorsi di valorizzazione di questa Amministrazione». Benissimo, se si vogliono veramente onorare le “radici”, Cesare deve tornare dov’era, nella piazza che gli compete, proprio per restituirgli la giusta dignità storica. La copia di piazza Tre Martiri va sostituita con il bronzo originale del Divo Giulio del 1933, partorita a Napoli dalla gloriosa Fonderia Artistica Laganà che porta il cognome dell’ingegnere palermitano Giovanni Amedeo Laganà, mecenate e raffinato collezionista d’arte che al civico 122 di corso Vittorio Emanuele, nel 1890 fondò la prestigiosa azienda, rimasta attiva fino alla fine degli anni ’50 del ‘900.
Ora non resta che fare gli scongiuri affinché qualcuno salvi la statua di Giulio Cesare dalle “patacate”.
COMMENTI