La burrasca soffia sul porto di Rimini: chi non la racconta giusta fra Comune e Regione?

La burrasca soffia sul porto di Rimini: chi non la racconta giusta fra Comune e Regione?

Polemica istituzionale accesa fra l'assessora Anna Montini e Andrea Corsini. E se è vero che da Bologna si promette ogni attenzione per la sicurezza e lo sviluppo del porto ad ogni tornata elettorale, ma nei fatti le cose vanno diversamente, sull'avamporto ci sono le prove per dire che nemmeno palazzo Garampi è pronto.

La burrasca soffia sul porto di Rimini. Passata quella meteorologicamente intesa, ha cominciato a soffiare quella politica. Ne ha parlato la stampa riminese e il forte vento che soffia da tre giorni dal Carlino fa sbattere le porte di due istituzioni amiche (almeno così pareva) con guida a sinistra, palazzo Garampi e la Regione Emilia Romagna. Una polemica che ai tempi di Gnassi sarebbe stata inimmaginabile perché coinvolge il presidente Stefano Bonaccini.
Breve sintesi per chi si fosse perso le puntate precedenti. La forte mareggiata del 9 aprile, con tutti i suoi impatti e conseguenze, ha riportato in primo piano il tema della messa in sicurezza del porto e anche del progetto dell’avamporto. Hanno alzato la voce il presidente del Club Nautico e della Consulta del porto, Gianfranco Santolini, il presidente dei pescatori Giancarlo Cevoli, ma principalmente l’assessora alla Blu economy Anna Montini. La Regione, è l’accusa, non mantiene gli impegni presi – un j’accuse che si potrebbe comprendere se a lanciarlo fosse l’opposizione, molto meno se il duello viene ingaggiato da un assessore della giunta Jamil – e soprattutto è giunto il momento che il porto di Rimini entri finalmente fra le priorità dell’ente di via Aldo Moro, a partire dall’avamporto. Fra gli impegni traditi c’è anche il nuovo mercato ittico, promesso in più tornate amministrative anche dai candidati sindaci del Pd di Rimini e ancora di là da venire, ma poi ci sono gli spazi per la cantieristica e tanto altro. Ne scriviamo da anni delle critiche inascoltate che gli operatori del porto rivolgono a Comune e Regione.

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L’assessora è andata di contropelo, mettendo Bonaccini & c. davanti alle responsabilità derivanti dal fatto che «il porto di Rimini è classificato come regionale e ha bisogno di fondi per la messa in sicurezza». E’ compito vostro, era il senso della ramanzina, anzi è colpa vostra se le imbarcazioni vengono sballottate all’interno del porto e i pescatori devono passarci la notte a bordo per tentare di governarle quando il mare gonfia.
Ma Anna Montini che posa per la stampa brandendo un piccolo segno dei danneggiamenti, deve avere gonfiato anche la Regione. «Io non ho mai ricevuto nessun progetto riguardante l’avamporto a Rimini» le ha replicato l’assessore al turismo e infrastrutture Andrea Corsini. Riprende la parola l’assessora, oggi, che insiste, sostenendo che la Regione ha anche finanziato il progetto definitivo dell’avamporto, pronto dal 2007, di cui sono già stati realizzati i primi due stralci. In più ci sono stati dei “dossier”, uno dei quali consegnato brevi manu proprio a Corsini. Ma allora l’assessore regionale, che è pappa e ciccia con Bonaccini, avrebbe detto il falso, ben sapendo poi di colpire la giunta amica di Rimini? E a che pro?
Qualcosa non torna e a quanto può essere ricostruito in base ad un po’ di storia nota sulla vicenda, la questione è ben più ingarbugliata.
L’assessora la racconta giusta quando dice che la Regione è stata parte attiva e anche dal punto di vista economico, nei progetti dell’avamporto: sia nei primi due realizzati che nel terzo da realizzare. Era già stato tutto impacchettato, del terzo mancavano i finanziamenti che il Comune di Rimini attendeva dalla Regione.
Ma a fine 2021 il progetto che avrebbe dovuto concludere definitivamente il capitolo avamporto è stato rimesso, almeno in parte, in discussione dal Comune di Rimini.
Questo foglio online (forse l’unico) ne diede conto il 2 dicembre e senza ricevere smentite né richieste di “aggiustamenti”:

Grandi manovre sul nuovo avamporto di Rimini

L’amministrazione comunale incaricò un nuovo studio di progettazione per valutare se modificare l’ingresso dell’avamporto. A quanto risulta a Rimini 2.0 in Comune si tenne anche un secondo incontro sul medesimo argomento nel quale emersero ulteriori riserve sulla inattesa modifica progettuale e al termine prevalse dai presenti al tavolo l’orientamento a favore del mantenimento del progetto a cura del prof. Mancinelli. In questa fase i tempi si sono sicuramente allungati.
Non solo. E’ il 25 novembre 2021 quando nel consiglio comunale di Rimini approda l’accordo territoriale per la riqualificazione del porto di Rimini, sottoscritto fra Comune e Provincia. Nella relazione che accompagna l’accordo, a firma del responsabile della pianificazione del Comune di Rimini, si legge fra l’altro che: “Al momento è stata avviata la progettazione di fattibilità tecnico economica dell’avamporto di Rimini, che riguarderà l’insieme delle opere infrastrutturali (opere di difesa, opere di accosto e ormeggio quali banchine, pontili, arredi portuali, impianti, ecc.) necessarie per la completa funzionalità dell’avamporto, al fine di creare uno specchio “calmo” per migliorare l’accessibilità al porto e incrementare i livelli di sicurezza per i natanti. Il progetto sarà sviluppato secondo gli obiettivi definiti nell’Accordo Territoriale.”
Ergo, come è possibile che il Comune di Rimini abbia già inviato alla Regione Emilia Romagna un progetto definitivo sul terzo stralcio dell’avamporto, da finanziare, se solo qualche mese fa la situazione era quella descritta? Impossibile.
Semmai la domanda da porsi diventa un’altra: perché la Regione Emilia Romagna non ha sottoscritto con Comune e Provincia l’«Accordo territoriale ai sensi dell’art. 58 della Legge Regionale 24/2017 per la riqualificazione del polo funzionale denominato porto di Rimini»? Perché è quello l’atto che conta sul futuro del porto di Rimini e che elenca tutti gli obiettivi: dal “rilievo turistico e trasportistico del porto per piccolo cabotaggio di breve e medio raggio nell’ambito del corridoio adriatico” al “terminal passeggeri per accogliere i piccoli traghetti e aliscafi per i collegamenti veloci con i porti della costa Dalmata e dell’alto Adriatico”, dal “piazzale per la cantieristica navale e per travel lift con la chiusura e riempimento dell’attuale squero” alla “navigabilità del porto fino al ponte di Tiberio”, e poi il nuovo mercato ittico, la sicurezza e l’accessibilità dei natanti al porto e alla darsena turistica, ed altro.
Anna Montini nelle tante dichiarazioni che ha sparso in queste giorni sulla stampa non spiega il motivo per il quale la Regione non è stata della partita. Afferma solo che «la Regione non l’ha firmato, pur avendone condiviso inizialmente i contenuti». Perchè solo inizialmente? L’assessora intende dire che Bonaccini e Corsini sono molto più attenti al porto di Ravenna che a quello di Rimini? Cioè, quel che frena la Regione sono ragioni politiche oppure tecniche, nel senso che da Rimini non arrivano i progetti finanziabili? Chi in questi giorni ha fatto soffiare il vento, abbia il coraggio di chiarirlo.
Di certo Bonaccini ha da tempo un filo diretto con gli operatori del porto di Rimini, ai quali in vista del voto assicura attenzioni che poi, alla prova dei fatti, non si concretizzano. Anche a lui venne consegnato un “dossier”, in occasione delle elezioni regionali, quando dopo un incontro nella sede del Club Nautico così twittava:

Il potenziamento del porto fa parte del libro dei sogni (elettorali). Si votata per eleggere il sindaco nel 2011 e il confronto fra Gioenzo Renzi, candidato del centrodestra, e Andrea Gnassi, centrosinistra, verteva già sui temi ancora oggi al centro del dibattito. Domanda: «La giunta uscente ha previsto una spesa di circa 4 milioni di euro per un primo intervento sull’avamporto. Tutta l’opera ne costerà circa 10. Al nuovo sindaco toccherà il completamento dei lavori. Ma ce n’era bisogno?». Rispondeva Renzi: «Ora sì, è un intervento necessario per la sicurezza dei pescherecci e delle barche da diporto, ma si sarebbe potuto spendere molto meno se l’avamporto si fosse costruito assieme alla darsena, come prevedeva il ministero della marina mercantile. È stata un’opera sbagliata dal punto di vista progettuale, come la diga mobile a ridosso del ponte di Tiberio, che costò 7 miliardi di lire». Argomentava Gnassi: «È necessaria una riqualificazione dell’area del porto, concertata con i vari soggetti della sua consulta, perché torni a essere un luogo dell’identità di Rimini» (qui).

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