L’affare serio della mancata quotazione di Ieg

L’affare serio della mancata quotazione di Ieg

In passato si disse che non avevamo le "dimensioni giuste". Poi è arrivata l'alleanza con Vicenza, e con essa anche la dimensione giusta. Ma è stata gestita nel peggiore dei modi, fino alle dimissioni di Marzotto. L'obiettivo fallito dell'ingresso in Borsa aveva messo in conto un investimento finanziario da parte dei sottoscrittori da destinare in gran parte (almeno 15 milioni di euro) alla controllante Rimini Congressi per fronteggiare una consistente esposizione nei confronti di Unicredit. E adesso? Problemi e reazioni alla tempesta perfetta che si è abbattuta sulla creatura di Lorenzo il Magnifico.

Diciamo la verità. Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie. La clamorosa ritirata nella operazione, tanto strombazzata e attesa, della quotazione in Borsa di Ieg, rende ancora più fredde queste giornate invernali riminesi. Lo scenario non è dei più incoraggianti. Domani il presidente Cagnoni risponderà, insieme all’ad Ravanelli, alle domande dei giornalisti, bontà sua “perfino le più impertinenti, che dovessero riguardare una recente pagina della nostra società”, fa sapere il Magnifico. Ma è chiaro che l’uomo di punta del sistema Rimini, oggi traballa sotto il peso di un grossa “scivolata”. Parleremo poi delle prese di posizione dei vari attori in commedia.

Partiamo da un dato, oggettivo. La mancata quotazione di Ieg prevedeva un investimento finanziario da parte dei sottoscrittori da destinare in gran parte (almeno 15 milioni di euro) alla controllante Rimini Congressi per fronteggiare una consistente esposizione nei confronti di Unicredit, garantita dal pegno delle azioni di Ieg e da lettere di patronage rilasciate da Rimini Holding, Comune e Provincia di Rimini.
La quotazione di Ieg era anche finalizzata ad acquisire risorse per ridurre l’indebitamento bancario verso Unicredit della controllante: ci si può chiedere, dopo che è saltata la quotazione delle Fiere di Rimini e Vicenza, se gli investitori abbiano gradito o meno l’operazione di riduzione dell’indebitamento. Non solo, l’attuale socio di maggioranza Rimini Congressi anche con la minoranza del capitale avrebbe comunque mantenuto la maggioranza dei diritti di voto. Questo prevedeva la quotazione.
I risultati economici di Ieg sono lusinghieri, ma l’indebitamento finanziario per 93 milioni di euro, al quale Fiera di Vicenza ha contribuito per oltre 40 milioni di euro, è considerevole. In una visione pubblica si deve anche conoscere l’indebitamento bancario della controllante Rimini Congressi e della partecipata Società del Palazzo dei Congressi che ammonta a circa 60 milioni di euro.
Si aggiunga, come abbiamo spiegato ieri, che il consiglio comunale di Rimini ha approvato la quotazione di Ieg sulla base di una relazione (datata 12 agosto 2018) del Dott. Marino Gabellini, amministratore unico di Rimini Congressi, che indicava un valore minimo per azione di € 4,86 e massimo di € 5,022, ridotto nella prevista quotazione in una forbice compresa fra € 3,70 e € 4,20.

Il tema dei debiti fu affrontato nel consiglio comunale del 2 agosto scorso dedicato appunto alla quotazione in Borsa di Ieg. “In passato non avevamo le dimensioni giuste”, disse nel suo intervento il sindaco Andrea Gnassi, e la quotazione non si fece. Ma dopo l’aggregazione con Vicenza, aggiunse, le condizioni ci sono. Invece ancora una volta le cose sono andate storte. E ancora una volta, si dice, per condizioni esterne avverse. Ci si può accontentare di questa versione?
Perché l’ingresso in Borsa? Lo spiegarono gli artefici della scelta in quel consiglio comunale. A partire da Gnassi: “Perché se un’azienda non cresce viene mangiata. Ci andiamo in Borsa anche per misurare le scelte che facciamo per il risultato che producono. Tra le motivazioni c’è quella di garantire liquidità per investimenti in prodotti e strutture, e la possibilità di ridurre in modo consistente il debito che abbiamo”. Già, ridurre il debito, non piccolo, che abbiamo. Lo ammise anche Cagnoni. Dopo aver premesso che “nessuno deve pensare che la quotazione derivi da uno stato di necessità”, spiegò che “riuscirebbe a renderci più tranquilli rispetto a previsioni di sviluppo e di crescita che stiamo in questo momento tentando di immaginare” e oltre “al livello di intervento che può essere garantito dal business normale nostro”, è importante il supporto del “ricorso al mercato anche per ridurre la linea di preoccupazione del debito”.

Disse Cagnoni che Ieg sarebbe diventata la terza Fiera “in campo europeo” ad essere quotata, dopo quelle di Basilea-Zurigo e di Milano. Ma si affrettò, nel segno della grandeur che lo contraddistingue, a consigliare di non mettere insieme le susine con le nespole, perché “la Fiera di Milano ha fatto una operazione che è stata interamente gestita dalla Fondazione, a cui è rimasta la proprietà del 63-64%, una operazione molto più garantita della nostra, con assolutamente minori rischi, come minori rischi hanno avuto altre Fiere che hanno fatto i palazzi dei congressi e se li sono visti finanziare con interventi di carattere pubblico, mentre noi abbiamo fatto tutto a debito”. Anche se poi, alla prova dei fatti, Milano in Borsa c’è. Ieg ancora no.

La partita con Vicenza non può dirsi di certo un bella giocata. La rottura con Marzotto è stata un altro scivolone ed ha segnato praticamente tutto il 2018. I segnali di crisi nella coppia si sono manifestati in pubblico già a gennaio e la seprazione è arrivata a metà novembre. Le frizioni sono state fortissime anche coi soci pubblici di Vicenza. Problemi che, guardati alla luce della quotazione mancata, assumono un significato negativo ancora più evidente.

Poi è arrivata l’inchiesta della Stampa, compresa la notizia delle dimissioni della responsabile dell’organismo di vigilanza. Un altro macigno. Anche in questo caso la reazione di Cagnoni e Ravanelli è stata quanto meno confusionaria. La nota interna “a tutti i collaboratori” a firma di Ravanelli è apparsa subito debole a fronteggiare le cannonate.

L’affare è serio. Diciamo che Rimini non ha davvero bisogno che anche la Fiera si metta a traballare. Perché ci resterebbero solo fila dritto e contenitori rimessi a nuovo che, seppure belli e importanti, aggiungono poco o nulla ad una economia ingessata, ad un turismo che annaspa, alle già ben note criticità che riguardano settori in crisi.

Le reazioni. Quella che arriva da Vicenza è all’insegna della preoccupazione. Francesco Rucco, sindaco e presidente della Provincia, la mette così: “Chiederò un incontro per avere chiarimenti in merito. Ci sono dati obiettivi che in questo momento rendono il mercato non favorevole, ma ci sono anche situazioni interne alla società che meritano un approfondimento. Auspico per il futuro che ci sia maggiore condivisione delle decisioni, visto che in questo caso non solo non siamo stati coinvolti, ma neppure la rappresentanza vicentina in Ieg ha ritenuto doveroso tenerci informati su ciò che stava accadendo. Un metodo che non possiamo accettare e che di certo va rivisto. Da parte di Provincia e Comune di Vicenza esprimo, quindi, rammarico per quanto accaduto, e auspico il massimo impegno da parte di tutti per la concretizzazione del piano industriale Ieg e degli investimenti previsti a Vicenza”. Se non è una sconfessione dell’operato di Cagnoni e Ravanelli è qualcosa di molto simile.

Da palazzo Garampi si risponde col nulla. Solo con una nota congiunta a firma Gnassi-Brasini nella quale si afferma che “visto che il tema ha riguardato in ogni sua fase il consiglio comunale, riteniamo giusto e corretto accogliere le richieste dei presidenti di Commissione in ordine a una audizione e a un confronto dei consiglieri con il management di Ieg alla luce degli ultimi sviluppi. Proprio perché il processo di ingresso in Borsa è stato sempre trasparente, dichiarato e con atti discussi nell’assise consiliare, è necessario conoscere tutti gli aspetti e i dettagli che hanno portato alla decisione da parte di IEG di sospendere il percorso di collocamento, dovuto alle gravi difficoltà attuali del mercato borsistico italiano. Va ribadito che proprio in Consiglio comunale si è costantemente sottolineato come questo percorso si sarebbe compiuto solo attraverso un andamento positivo di Borsa e mercato, ora in balia di una profonda congiuntura negativa”.

Forza Italia annuncia che stasera in consiglio comunale “si renderà promotore della raccolta delle firme necessarie per la convocazione di un consiglio tematico su Fiera e Palacongressi per vederci chiaro su tutti i problemi inerenti la quotazione in borsa, le reali motivazioni delle dimissioni del vice presidente Marzotto, i debiti delle due società, la questione Acquarena, i lavori in carico alle varie società fallite, l’escussione delle fideiussioni, la loro capienza e i tempi necessari e certi per la conclusione dei lavori”.

La Lega con Marzio Pecci non fa troppi complimenti. “Dopo le osservazioni dell’organismo di vigilanza interno e le sue dimissioni insieme al vicepresidente Matteo Marzotto è scoppiata la bomba: la Fiera non viene più quotata in borsa!” E va all’attacco della “incapacità del management della Fiera” che ha “fatto naufragare la “nave Fiera” contro gli scogli della Borsa con danni che al momento è molto difficile quantificare”. “Poiché la Holding riminese è stata gestita fino ad oggi in modo avventuroso ed i bilanci della controllante Rimini Congressi sono gravati da pesanti debiti, oltre al fatto che il settore fieristico non presenta per gli investitori un futuro roseo, è evidente come questo abbia pesato sull’operazione della quotazione in borsa della Fiera”. Secondo la Lega “il fallimento dell’operazione non sta nella situazione sfavorevole del mercato azionario, come dice il comunicato IEG, ma, credo, anche nella contrapposizione tra Rimini e Vicenza che ha causato le dimissioni di Marzotto e la rottura con gli investitori esteri di cui, si ipotizza che Marzotto fosse l’anello di congiunzione”.
Fra le difficoltà che hanno lasciato il segno, Pecci infila anche le dimissioni del direttore generale Corrado Facco: “Forse proprio da questo licenziamento inizia il fallimento della quotazione in borsa di Ieg. Sembra che fosse stato proprio il D.G. Corrado Facco l’artefice degli accordi con gli investitori internazionali che avrebbe portato IEG ad essere una grande azienda e che oggi, invece, il fallimento della quotazione in borsa ci riporta alla dimensione provinciale. L’allontanamento di Facco dalla Fiera forse è la vera causa della perdita di interesse degli investitori stranieri verso Ieg”.
Pecci sostiene che “Rimini e Ieg hanno perso e il costo economico del fallimento è altissimo, sia sotto il profilo finanziario che sotto quello economico e di immagine. L’operazione ora non può finire a tarallucci e vino con i finti chiarimenti dopo il rifiuto dell’AD Ravanelli di venire in Commissione di controllo e garanzia per spiegare le ragioni delle dimissioni dell’organismo di vigilanza e di Marzotto e degli “scandali” dentro Ieg emersi prima della quotazione. Questo comportamento ed il fallimento della quotazione sono fatti che devono obbligare l’AD Ravanelli alle immediate dimissioni”.
Cagnoni invece sarà all’esame della Commissione di controllo e garanzia mercoledì 12 dicembre. Comunque lo si guardi, quello che sta accadendo non è un raffreddore di stagione.

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