Lambiasi al rosario in piazza legge la lettera della “Papa Giovanni” da Baghdad

A partire da agosto scorso è la settima volta che il comitato Nazarat ha organizzato in piazza Tre Martiri un momento di preghiera e riflessione per i

A partire da agosto scorso è la settima volta che il comitato Nazarat ha organizzato in piazza Tre Martiri un momento di preghiera e riflessione per i cristiani e le altre minoranze religiose che in Iraq e medio Oriente sono stati investiti e uccisi dalla violenza dell’Isis e che, dalla piana di Ninive, sono dovuti scappare abbandonando tutto verso il nord del Paese insieme ai loro vescovi e sacerdoti. E ieri sera un ricordo particolare è stato rivolto ai ventuno operai egiziani cristiani copti che sono stati barbaramente ammazzati sulla spiaggia della Libia mentre invocavano il nome di Gesù. Al rosario erano presenti alcune centinaia di persone che hanno sfidato il freddo per pregare all’aperto.
lambiasi-rosarioIl vescovo Francesco Lambiasi ha posticipato un impegno già fissato per poter essere in piazza Tre Martiri e leggere una lettera che Antonio De Filippis della comunità papa Giovanni XXIII gli ha scritto dopo aver accompagnato alcuni membri della comunità di don Oreste recatisi a Baghdad per aprire una casa famiglia. In questa lettera c’è anche una riflessione del tenace e combattivo vescovo ausiliare caldeo Shlemon Warduni che inaspettatamente s’è detto sconsolato. Nella lettera Warduni si sfoga: “Sono 30-40 anni che viviamo in uno stato di guerra: prima contro i curdi, poi contro gli arabi, poi con l’Iran e ancora l’invasione del Kuwait e la Guerra del Golfo con l’invasione degli americani e della coalizione internazionale… Gli Usa sono venuti a liberarci da Saddam e ora di Saddam ce ne ritroviamo 100. Ma gli americani avevano interesse al nostro bene o piuttosto al petrolio? E che ci hanno lasciato, forse la pace? Macché… la gente lavora, va scuola e al mercato ma con la paura. Io stesso ho avuto un attentato in casa con due morti e dieci feriti”.

De Filippis nella lettera chiede dunque al vescovo di Rimini di continuare a sostenere questo popolo con la preghiera e di continuare a svegliare le sue pecore perchè il male è sempre dietro l’angolo e non lontano da noi. “Non possiamo scendere in piazza – scrive De Filippis – solo quando la morte arriva a casa nostra ma dobbiamo osare, agire, pregare e credere perché venga la pace, un bene troppo prezioso”.

nazarat-febbDopo la recita del rosario una toccante testimonianza è stata portata ai presenti da padre Georges Janola, sacerdote siro-cattolico della diocesi di Mosul ora in Italia, ma che quando tornerà nel suo paese non troverà più la sua casa né i suoi fratelli cristiani. Col freddo e piuttosto calvo, si è tolto il cappello in segno di rispetto e ringraziamento verso i presenti e mentre parlava, quasi un segno che ha richiamato quanti erano in piazza dalla distrazione e dalla stanchezza, la campana della torre dell’orologio diffondeva in piazza i dieci rintocchi delle ore 22. “La mia carta d’identità – ha detto padre Georges – come quella dei cristiani di quella terra va letta a partire da 2mila anni fa. La nostra storia testimonia in tutti i momenti della vita del mio Paese. Oggi lo fa in un modo tragico. Ma non vogliamo piangere e siamo pieni di speranza, vogliamo combattere per riprendere certi il cammino. Il naufrago, quando arriva sulla spiaggia può farlo, anche se noi oggi siamo ancora in balia delle onde, ma il momento arriverà così come è arrivato sempre per i nostri antenati che non hanno mai smesso di tramettere la fede cristiana e che per questo hanno dato il proprio sangue. Ancora oggi, la Mesopotamia continua ad essere la terra dei martiri. In questa terra ci sono comunità cristiane che sono state eliminate o che stanno per essere cancellate per sempre. E noi tutti qui presenti siamo ‘in agonia’ con loro perché sono nostri consanguinei. In noi scorre lo stesso sangue di Gesù Cristo. E così noi, come il mio popolo, partecipiamo così alla sofferenza stessa di Cristo e diamo senso alla nostra vita cristiana così come alla vita di molti non cristiani nel mondo intero. Questa testimonianza a volte richiede il carissimo prezzo della vita. Ma noi non aspettiamo che la situazione migliori per testimoniare Gesù Cristo perché Lui stesso ha anticipato per tutti questo dono”.

“Allora. di fronte alle migliaia di rifugiati iracheni, che possiamo fare, perdere la fede e la speranza? I rifugiati non guardano indietro ma vanno avanti”. Per spiegare meglio, il sacerdote siro-cattolico ha fatto l’esempio di un gruppo di bambini che, nei campi profughi si stanno preparando alla prima comunione e alla suora che chiedeva loro cosa avrebbero domandato a Gesù in questo giorno, tutti hanno risposto: ‘di potere tornare a casa’, invece una bambina ha detto: ‘Vorrei che dal cielo scendesse il fuoco per uccidere tutti gli assassini’. E davanti alla suora che diceva che i cristiani devono perdonare, la bambina s’è messa a piangere, in un clima di tristezza. “Ecco – ha detto padre Georges – in tutti noi c’è questo contrasto tra il grande dolore e il lutto che non passa e quindi l’ipotesi della vendetta e il perdono per riprendere il cammino con coraggio. Grazie a voi perché questa vostra iniziativa della preghiera, che è iniziata già da agosto, innanzitutto dà calore a voi ma, anche se forse non lo sapete, aiuta a risolvere i problemi dei cristiani in Iraq e di tutti gli innocenti che soffrono nel mondo a causa della violenza. I martiri di oggi e la solidarietà di questa sera rafforzano la nostra fede’.

Anche per questo il comitato Nazarat ha annunciato che l’iniziativa di preghiera in piazza continuerà e il prossimo appuntamento sarà il 20 marzo.

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