L’assessore Pulini lascia la giunta e torna a insegnare

L’assessore Pulini lascia la giunta e torna a insegnare

E' già ritornato in cattedra all'Accademia di Belle Arti di Bologna. Per ora tenendo un piede anche a palazzo Garampi. Ma Massimo Pulini sta per dire addio alla esperienza di assessore, cominciata nel 2011, che gli ha dato soddisfazioni ma anche grane. E nella quale è stato costretto spesso e volentieri all'ombra di Andrea Sigismondo.

L’assessore Massimo Pulini lascia la giunta Gnassi. Saluta il sindaco e gli assessori prima della scadenza del mandato. Ha deciso di non arrivare al 2021. Basta così. Probabilmente ritiene più utile e interessante tornare all’insegnamento, quello vero, piuttosto che tentare di insegnare l’arte ai politici coi quali ha condiviso, chissà se con qualche rimpianto, un tratto di strada insieme, ricavandone soddisfazioni ma anche delusioni.

L’assessore alle Arti del Comune di Rimini è infatti un docente prestato, pro-tempore, alla amministrazione della cosa pubblica. Ma nessuno immaginava che il suo percorso si sarebbe interrotto prima del tempo prestabilito. Certo, anche i papi si dimettono, ma l’addio di Pulini è, nel suo piccolo, una doccia fredda e inattesa, anche se ancora non ufficializzata.

E’ titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dalla quale si è messo in aspettativa da quando ha deciso di puntare sull’esperienza di assessore nella squadra di Andrea Gnassi. La prima volta nel 2011 con la delega alla cultura, identità dei luoghi e degli spazi, e dal 2016 come assessore alle Arti. E adesso su quella cattedra ci è tornato. Ha già ripreso l’insegnamento, per il momento mantenendo anche l’assessorato, ma a quanto è dato sapere solo fino a dicembre.

Il suo è stato un “acquisto” che ha subito destato interesse. Che ci fa un cesenate col suo curriculum a Rimini? si sono chiesti in tanti. Chi glielo fa fare di rimanere nell’ombra in politica piuttosto che risplendere di luce propria in quel che sa fare meglio? Sì, perché Pulini non è l’ultima ruota del carro in ambito artistico e accademico. E’ uno studioso di storia dell’arte ben noto anche fuori dai confini nazionali, ha esposto in importanti gallerie pubbliche e private, è considerato un esperto degli artisti del 600, ha pubblicato saggi e romanzi, ha firmato opere, alcune delle quali in contesti “pregiati: dal velario del teatro Bonci di Cesena fino alla decorazione di una stanza degli appartamenti papali in Vaticano.

Si è preso anche le pubbliche lodi da un calibro da novanta come Antonio Paolucci. Nel giugno di quattro anni fa, l’allora direttore dei Musei vaticani venne a Castel Sismondo su invito della Fondazione Carim per presentare il terzo volume degli scritti di Augusto Campana e fece un elogio di Pulini che lasciò a bocca aperta i presenti: “Veramente avete un assessore che credo che Rimini meritasse. Prima ho visto queste mostre che si tengono qui (allestite in occasione della Biennale del Disegno, ndr). Una dedicata a questo straordinario pittore del primo ‘800, Basoli, che io stesso non conoscevo e sono rimasto incantato. E un’altra dedicata a Coppedè, tra liberty e razionalismo… queste sono cose che si possono fare senza tirar fuori somme vertiginose ma soltanto usando la cultura, l’intelligenza e la sensibilità, qualità che un assessore deve avere e mi pare che Massimo Pulini dimostri di averle”. Chapeau.

La Biennale del disegno, arrivata alla terza edizione, è stata la sua creatura più importante, forse il suo fiore all’occhiello. Ma trovandosi al fianco di un sindaco un tantino presenzialista e totalizzante, spesso il suo ruolo è stato oscurato. Tre casi: l’inaugurazione del Fulgor, dove la scena è stata tutta occupata da Gnassi, il “lancio” del Museo di arte moderna e contemporanea e il teatro Galli. Gnassi e poi Gnassi. Gli altri solo comparse.
Non di rado a Pulini è toccato invece presentarsi in commissione oppure in consiglio comunale e fare da parafulmine della giunta su temi scottanti come l’Anfiteatro romano, problema sul quale ha più volte espresso la sua opinione favorevole al trasferimento del Ceis in altra sede e al recupero dell’area archeologica, ma senza trovare ascolto in chi detta la linea a palazzo Garampi. A differenza del sindaco, si è pure prestato a scendere nell’arena di un infuocato dibattito pubblico sui destini dell’Anfiteatro, prendendosi critiche feroci.

Chi dopo Pulini? Aspira al trono delle Arti uno che avrebbe gradito l’incarico già nel secondo mandato della giunta Gnassi, che invece riconfermò Pulini. Si tratta di Davide Frisoni, artista pure lui, in quota Patto civico, attuale presidente della commissione cultura, formazione, istruzione, sport e turismo. Tirato per la giacchetta, quando si candidò alle amministrative di due anni fa, spiegò che sul posto da assessore nessuno l’aveva interpellato. Ahilui. “Il ché non significa che non abbia idee da spendere, tutt’altro!”, aggiunse. Come canta Baglioni in uno dei suoi cult? “Io sono qui…”, “tra sparare oppure sparire scelgo ancora di sperare”. Ora è facile immaginare che possa tornare in fibrillazione. Ma l’ultima parola a chi tocca secondo voi? Esatto. Andrea Sigismondo. Sindaco delle arti, dei mestieri e di tutto il cucuzzaro.

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