Colpo di scena sul Ceis: “Partono i controlli per stabilire le opere legittime e quelle abusive”

Colpo di scena sul Ceis: “Partono i controlli per stabilire le opere legittime e quelle abusive”

I primi atti per sloggiare l'asilo entro la fine della legislatura Gnassi, reclamano la minoranza ed esponenti di maggioranza

Nel giro di qualche settimana avremo la fotografia esatta di "cosa è legittimo e cosa è abusivo" all'interno del Ceis. L'annuncio ieri nella 2° commissione consiliare presieduta da Mauri. Tre ore di acceso confronto e polemiche, con Patto civico in totale allineamento con l'opposizione nel chiedere che finalmente la creatura di Margherita Zoebeli venga spostata dall'area archeologica. Siamo alla svolta? Forse, anche se il dirigente ha fatto capire che non sarà semplice e che balla pure il "principio del legittimo affidamento". Molti i colpi di scena. Compresa la "villa di Margherita Zoebeli". Che pur essendo costruita sul sito archeologico, su un torrione romano e su mura medievali, sarebbe di proprietà privata.

L’amministrazione comunale di Rimini non sa quanto di ciò che è stato costruito dal Ceis disponga di autorizzazioni e quanto rappresenti dei veri e propri abusi. Colpo di scena nella 2° commissione consiliare presieduta da Cristiano Mauri (Lega) che ieri, a seguito del lungo pressing della minoranza sul tema, ha discusso l’annosa questione dell’anfiteatro romano, dal 1946 strettamente intrecciata con quella dell’asilo italo-svizzero. Come si direbbe in altri tipi di cronaca, palazzo Garampi brancola nel buio. Ma è solo la prima notiziona. Il secondo colpo di scena è che nella stessa commissione l’ingegner Carlo Mario Piacquadio, da poco più di un anno dirigente allo sportello edilizia del Comune di Rimini, ha detto – a quanto pare sua sponte, senza che nessun assessore presente (Morolli e Pulini) si fosse spinto così avanti – che adesso partiranno “una serie di verifiche” per arrivare nel giro di qualche settimana a capire “cosa è legittimo e cosa è abusivo”. E ha spiegato: “Abbiamo iniziato a fare una ricognizione delle pratiche presenti nell’archivio edilizio, ma andranno verificate anche eventuali delibere di giunta o di consiglio che hanno approvato progetti con la valenza di opera pubblica”. Poi ci sarà il controllo “sul campo” e alla fine verrà stilata una relazione tecnica dettagliata. E’ la svolta attesa da una vita?
Sulla carta forse sì, ma lo stesso dirigente ha già messo in guardia: “La valutazione sarà piuttosto complessa perché a partire dal 1950 sono stati attivati ben 24 procedimenti, i più recenti sono interventi di natura manutentiva che si basano sulla semplice asseverazione del libero professionista, ma i primi interventi nell’area del Ceis, quelli che vanno dagli anni 50 agli anni 60, sono tutti provvedimenti espressi della pubblica amministrazione comunale”. Perché questa precisazione? Perché a quanto pare non sarà nemmeno semplice sloggiare il Ceis e forse andrà anche “risarcito”. Secondo il dirigente “non ci sono solo le opere costruite e la verifica dei titoli autorizzativi” da considerare, ma “occorre anche tenere presente il regime delle tolleranze edilizie e il principio del legittimo affidamento“.

Cosa potrà esserci mai di legittimo nella occupazione di un’area archeologica sottoposta a vincolo e sulla quale il ministero già nel 1913 mise nero su bianco che “è proibito fare qualsiasi costruzione”? Esempio fatto dall’ingegnere: “Nel 69 è stata rilasciata una licenza edilizia, che abbiamo agli atti e nella quale è citato anche un parere della Soprintendenza, che consente di sostituire le vecchie baracche con dei fabbricati, molto probabilmente quella licenza rilasciata in maniera espressa ha generato qualche principio di legittimo affidamento nel soggetto Ceis”. Nell’85 il Ceis ha beneficiato anche di un condono edilizio per il quale “fu acquisito un nulla osta della Soprintendenza”. La morale è questa: “Se il Comune ha accettato e tollerato determinate posizioni, la legge ci impone un trattamento più benevolo, per cui certe opere potrebbero addirittura essere ritenute tollerate o tollerabili”.
Praticamente si scopre che, secondo questa lettura della intricata vicenda, il Ceis potrebbe vantare dei diritti e mostrare i muscoli a chi gli dovesse intimare di lasciare finalmente libera l’area archeologica. Anche se già il Prg, ma anche Psc e Rue – come chiarito da Fabio Mazzotti, dirigente dei servizi educativi – dicono che l’area dell’anfiteatro romano non può essere destinata ad accogliere il Ceis.
“Fermo restando che la previsione urbanistica rimane quella della eliminazione di quei fabbricati (costruiti dal Ceis, ndr)”, diverso è il trattamento in base al fatto che i fabbricati siano legittimi, seppure in un’area vincolata, o meno: nel primo caso dovranno essere espropriati per entrare in possesso dell’area, nel secondo potranno essere demoliti senza troppi complimenti.

Immediata la levata di scudi da parte della opposizione, da Marzio Pecci (Lega) a Rufo Spina passando per Renzi. Il primo è sbottato: “Insinuare il dubbio che tutto possa essere sanato sulla base del principio del legittimo affidamento non è pensabile. Giuridicamente il legittimo affidamento su un anfiteatro non esiste al mondo”.
Nel 1950, ha detto ancora il dirigente comunale, per costruire il fabbricato centrale di due piani fuori terra “c’è stato il parere della direzione per le antichità e belle arti”. Risposta del capogruppo di Forza Italia Rufo Spina: “Io, che ho avuto accesso al fascicolo, non l’ho visto questo parere, può farmelo vedere?”. Ed ecco il terzo colpo di scena. Girano le carte in questione, Rufo Spina le legge e si rinfresca le idee, come dire: ah, sono queste le carte? “Questa documentazione l’avevo vista nel fascicolo, ma si tratta di fogli scritti a macchina, senza firme, senza timbri e senza protocollo, non dimostrano nulla; qualsiasi tribunale e pubblica amministrazione penso possa mettersi a ridere nel valutare questi atti. Nella migliore delle ipotesi sono pezze giustificative che l’amministrazione comunale del 1950 ha scritto da sola, per allegare alla propria pratica, forse per fare capire che le Belle arti erano state interessate, quindi se nella vostra relazione farete riferimento a questa come ad una vera autorizzazione, voglio che sia messo a verbale che chiederò di interessare il ministero competente per appurare se negli archivi ci sia effettivamente l’autorizzazione concessa”. L’intrigo meriterebbe un giallo di Carlo Lucarelli.

Quarto colpo di scena. L’autorizzazione del 1950 per cosa venne richiesta? “Per costruire la villa personale di Margherita Zoebeli (fondatrice del Ceis, ndr) e il fabbricato centrale”. Parola di Rufo Spina. Ma la versione del dirigente è che “l’area su cui sorge la villa (“la betulla”) è di proprietà privata, non pubblica, ed è esclusa dal vincolo archeologico”. Ma come è possibile, ha domandato Gioenzi Renzi (il quale ha ricordato che la sua prima interrogazione sull’anfiteatro risale al 1994 e in consiglio comunale c’era chi non sapeva che a Rimini ce ne fosse uno) “che il Comune abbia rilasciato delle licenze edilizie e il ministero abbia bypassato il vincolo, in presenza appunto di un vincolo archeologico che prevede la inedificabilità assoluta su tutta l’area dell’anfiteatro?”. Mistero, forse, della benevolenza con la quale è stato accompagnato il Ceis dalle giunte di sinistra, ma non solo, anche da Soprintendenze e ministeri romani. Andranno quindi verificati “eventuali vizi di legittimità che hanno consentito di rilasciare dei titoli”, secondo il dirigente. E se emergessero davvero questi vizi? “Bisognerebbe agire in autotutela, annullando oggi quei titoli in virtù di un presupposto illegittimo, ma azioni in autotutela a distanza di decenni sono molto complicate, occorrerebbe una sentenza passata in giudicato…”. Dai non fasciamoci la testa prima di rompercela. Se non ne avete sentite ancora abbastanza, ecco Renzi pronto: “La villa insiste su un torrione romano e su mura medievali“. E vabbé, allora ditelo che le mura antiche a Rimini non godono di buona fortuna.

Via il Ceis dall’anfiteatro e anche rapidamente. “Vanno fatti i primi atti entro la fine di questa legislatura”, secondo la minoranza ma anche secondo esponenti della maggioranza. Il più tosto, fra questi ultimi, è stato Davide Frisoni (Patto civico per Gnassi): “Spostare il Ceis”, senza se e senza ma, “su questo tema mi trovo pienamente d’accordo con le posizioni della minoranza; è necessario farlo per il bene anzitutto del Ceis stesso”; insistere su un bene archeologico con un centro educativo “cozza con la pedagogia che si applica in quella istituzione. Molti si domandano come sia possibile che esista il Ceis in quel sito…”. Frisoni è stato ancora più esplicito nell’indicare che non devono esserci trattamenti “di favore”: “Il tutto deve essere fatto secondo un normale rapporto fra amministrazione e privati, … il Ceis va spostato da lì, le modalità le decideremo insieme”.
Anche per Matteo Petrucci (Pd) lo scenario è chiaro: “Se ci sono stati degli errori e si sono perpetrate delle irregolarità bisogna assumersi la responsabilità politico-amministrativa di quanto accaduto, se invece non ci sono stati errori bisogna comunque assumersi la responsabilità politico-amministrativa di valorizzare quel sito archeologico”. Tradotto: “è giusto avviare un iter veloce per spostare il Ceis, che rappresenta uno dei fiori all’occhiello dell’educazione a livello cittadino”.

Tutti uguali davanti alla legge. “Quando l’amministrazione comunale ha intenzione di ripristinare una parità di trattamento tra i soggetti privati?” Domandina innocente con finale dirompente quella sollevata da Luigi Camporesi (Obiettivo civico): “Poco tempo fa è stato abbattuto il bar Tricheco, che sorgeva anch’esso su un’area vincolata”. E il Ceis? Intoccabile. “Non è bello un comportamento del genere agli occhi della città perché se si va a vedere chi sono gli attuali gestori del Ceis si scopre che …”. Camporesi ha passato in rassegna il cda con le relative appartenenze politiche. “Giovanni Sapucci, già candidato alle primarie del Pd, la vice Bellucci candidata col sindaco Gnassi nel 2016, Giovanna Filippini è stata consigliere comunale, assessore comunale e regionale, parlamentare del Pci-Pds, Barbara Cazzulo già candidata col Pd nel 2011, Elisa Marchioni, già assessore comunale ed ex deputata Pd, …c’era anche Mario Erbetta che poi si è dimesso. La giunta ha finalmente intenzione di ripristinare un comportamento paritario nei confronti dei privati?”

20 milioni di euro hanno la coda lunga. Proprio nella intervista che concesse a Riminiduepuntozero due anni fa, Sapucci davanti alla domanda “avete mai quantificato il costo di un nuovo Ceis?” così rispose: “In maniera approssimativa occorrono 20 milioni di euro per ricostruire una realtà complessa come questa”. E ad altra domanda, “avete anche ipotizzato da dove potrebbero arrivare i finanziamenti necessari?”, spiegò: “No, non è il nostro mestiere, ma nel momento in cui il nostro trasferimento dovesse diventare un problema posto in modo serio, con le condizioni per poterne parlare, a quel punto si porrebbe anche il tema delle risorse. Penso che dovrebbe essere la città, e in particolare l’amministrazione comunale, ad occuparsi di questo aspetto”. Ora un problema serio pare lo sia diventato. Ma sulle risorse in commissione sono stati messi anche paletti ben precisi. Camporesi: “Esagerato ipotizzare 20 milioni di euro”. Gennaro Mauro: “Per la nuova Montessori sono stati spesi 2 milioni e mezzo, c’è una bella differenza da 20 milioni… Il Ceis svolge una attività meritoria ma non più di altro privato sociale che opera nella nostra città e che ha investito risorse proprie per la costruzione delle relative strutture educative”.

Pulini su anfiteatro e Ceis non dà il meglio di sé. Come già nel famoso incontro organizzato dall’eurodeputato Affronte nel marzo dello scorso anno, l’assessore alle Arti l’ha presa alla larga e non ha mostrato concretezza nell’indicare soluzioni. In compenso però si è ripetutamente “beccato” con la minoranza. “Sono 7 anni che viene trattato questo argomento, dal 2011 tutte le volte che rispondo a delle interviste su questo argomento dichiaro che la città si dovrà assumere l’impegno, il più prossimo possibile, di risolvere questa situazione”, ha detto. Sì ma come?, lo hanno incalzato. “Il vostro livore dimostra un pensiero articolato dalla ideologia“, si è riscaldato lui, “un pensiero che non ha storicizzato quello che è stato il Ceis all’interno della storia civile, sociale, morale…” Poi è partito con la storia dell’asilo italo-svizzero (“il primo esempio di asilo didattico della nuova storia repubblicana dell’Italia”) e la sua valenza internazionale. Sì, ma lo spostiamo? Per Pulini è questione di stratificazione storica, come le stratificazioni pittoriche per i dipinti, davanti ai quali “si impone la considerazione e l’importanza del livello storico del bene che si trova sopra ad un altro bene” e bisogna decidere caso per caso. Fuori di metafora, Pulini ha ribadito per l’ennesima volta che va salvaguardata la stratificazione pedagogica del Ceis insieme a quella dell’anfiteatro. Sì, ma gli abusi? “Sono stati fatti degli errori grossolani e ingiustificati…. se vi andate a leggere le interviste l’ho sempre detto”. Sì, ma si governa con gli atti amministrativi, non con le interviste. Sempre in una intervista, ha ricordato ieri Pulini, aveva sostenuto che la sede ideale per il Ceis sarebbe quella dell’ex vivaio Fabbri: “Basterebbe alzare il sedime di 50 centimetri per essere fuori dalla zona alluvionabile, quella per me continua ad essere l’area migliore per uno spostamento rispettoso del Ceis”.

E’ scoppiato poi il caos quando Pulini, alle ore 17, ha abbandonato la seduta (che è partita poco prima della 16 ed è andata avanti fino alle 19 circa) per un altro impegno. Pecci l’ha infilzato: “Mi dispiace che l’assessore non abbia riservato a questa commissione il tempo necessario, fugge anziché affrontare i problemi, mentre avrebbe l’obbligo di restare qui e rispondere alle domande, la città lo stipendia anche per questo.” Enrico Piccari ha difeso Pulini, il presidente della commissione ha difeso la regolarità della convocazione.

Perché la giunta Gnassi ad un anno dal suo insediamento, con una delibera del 2012, ha destinato l’area dell’anfiteatro a scopi sociali con affidamento al settore servizi educativi? Interrogativo sollevato da Renzi. Che c’azzecca? “Dimostra il poco rispetto della giunta per l’anfiteatro”, secondo lo stesso esponente di Fratelli d’Italia. O dimostra il grande rispetto verso il Ceis? Fabio Mazzotti: “Quella delibera ha lo scopo di definire il patrimonio comunale disponibile che non è destinato a produrre reddito, ad ottenere un ricavo di realizzo. E da questo punto di vista il Ceis è stato assegnato ai servizi educativi”. Marzio Pecci: “E’ lo stratagemma per risolvere i problemi di bilancio o di patrimonio del comune: quel bene non produce reddito perché occupato da terzi, privati, che non potrebbero restare gratuitamente in quel sito, e quindi il Comune ha affidato l’area per scopi sociali, per risolvere un problema di bilancio”.

Andrà nell’area della stazione il Ceis? Ieri i rappresentanti dell’amministrazione in commissione non hanno proferito parola al riguardo. Bisogna dunque accontentarsi della ipotesi secondo la quale ci potrebbe trovare casa anche il Ceis tra i 2.500 e 5.000 metri quadri di edifici scolastici previsti nella bozza di accordo di programma con Rfi per la location, appunto, della stazione.

Fotografia: L’anfiteatro romano di Rimini in uno scatto di Gianluca Moretti

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