Le nuove piazzette del centro storico in mano ai graffitari

Le nuove piazzette del centro storico in mano ai graffitari

Quattro passi in quello che è stato chiamato "l'anello delle nuove piazze": Zavagli, Ducale, San Bernardino, Agabiti e dintorni. Scoprendo ciò che sarebbe stato anche troppo facile prevedere.

Era l’ottobre del 2015 quando la Garampi’s Production metteva in onda uno dei suoi soliti format a puntate. Stesso copione di sempre, scritto per catechizzare le masse celebrando il magnifico operato sindacale; cambiava solo l’oggetto, perché questa volta poneva in scena l’annuncio della conclusione della seconda fase dell’Anello delle nuove piazze (qui).
Si trattava della presentazione alla stampa, quando l’allora sindaco argomentava enfaticamente di “cambiamenti reali della città”; esagerando poi, tra le altre cose, si spingeva affermando di un’occasione per riportare Rimini al centro dell’attenzione non solo dei riminesi, fino a definirle luoghi di socializzazione. In sostanza un bel frullato misto di nulla, che poi si dimostrò solo come un mero annuncio del momento.
Ovviamente il siparietto era stato, come al solito, ben confezionato. Discreta la regia, belle parole che evocavano un mondo fantastico; arredi meravigliosi, materiali di pregio ed altre amenità del genere. Quasi si fosse stati in un’altra città.
Trascorsi poco più di due anni da quel momento, abituati a non credere alle fantasiose irreali narrazioni, nel 2018 visitammo quei luoghi per vederne sia lo stato che la funzione (qui).
Allora li definimmo non luoghi, perché privi di anima e di tracce del loro storico passato, e per questo avevamo anche suggerito quale potesse essere il loro utilizzo tanto per farli rivivere e frequentare dalle persone in modo anche piacevole ed utile. Non avevamo la pretesa che queste idee fossero accolte dagli assertori di quel mondo fantastico, ma comunque avevano pieno titolo di potere essere sviluppate o utilizzate come uno spunto costruttivo. Tanto più per dimostrare che era una critica costruttiva, e non sterile fine a sé stessa. Ma si sa, chi dissente dall’operato della dinastia regnante, quando va bene, è un nemico a prescindere.
Oggi il Signore dell’Anello non c’è più, e a distanza di oltre tre anni siamo tornati in quei luoghi per vedere cosa è successo nel frattanto, cosa è stato fatto e come sono usufruiti.

Piazzetta Carlo Zavagli
Qui gli “operatori notturni del degrado”, già attivi allora, hanno continuato la loro missione imbrattando gli arredi e non risparmiando neppure la famosa opera d’arte di Mauro Staccoli data in comodato d’uso da due generosi cittadini riminesi. Solitamente le opere d’arte, magari altrove, sono tutelate e protette quando non relegate in qualche oscuro magazzino come accade, per esempio e non solo, qui a Rimini alle statue dei due Imperatori romani donati alla città in tempi immemori da un industriale locale (sic). Poi vuota, qualche auto parcheggiata, nessuna socializzazione anche perché non c’è un motivo per frequentarla, e anche la pulizia lascia a desiderare.

Piazzetta Ducale
L’unica differenza da allora ad oggi è data dal fatto che gli alberelli posti a dimora sono cresciuti. Ma per il resto sempre vuota rimane, e anche qui presenta qualche danno agli arredi. I fittoni apposti per evitare il parcheggio al suo interno, servono di fatto da margine alle auto che praticano lo stallo in divieto lungo quei manufatti. Poi la possibilità di inebriarsi annusando i gas di scarico standosene comodamente seduti, provenienti dalla frequentatissima Via Ducale per via di una straordinaria immaginazione urbanistica tutta locale.

Piazzetta San Bernardino
Allora avevamo riscontrato un certo degrado, che continua tuttora, di cui restano muti testimoni gli arredi pubblici. Ogni tanto qualcuno si ferma durante il giorno, ma nulla più. È spesso balzata alla ribalta delle cronache per fatti notturni non troppo edificanti, che hanno avuto il loro culmine con la rottura di un dito del piede di una statua della facciata della bella omonima chiesa. Era il 3 maggio del 2016, ed a rimetterci quella parte fu un angiolino ai piedi della preziosa statua settecentesca di Carlo Sarti; peraltro mai riparato.

Completa il mesto quadretto, il Vicolo San Bernardino che reca su Via Garibaldi. È sempre come lo ricordiamo, forse pure peggio. Sporco, con il fondo sconnesso, dissestato, habitat ideale per imbrattatori seriali e reduci della dolce vita notturna riminese, in cerca di luoghi appartati in cui espletare i propri bisogni fisiologici che alleggeriscono le loro funzioni cerebrali. Un piccolo caratteristico angolo di estrema periferia, alle porte di Piazza Tre Martiri dunque. Da preservare con tenacia.

Piazzetta Agabiti
Solite scritte nei muri, e anche qui i fittoni dissuasori servono da sponda alle auto in sosta, ovviamente vietata come pure la fermata; e dire che proprio nel momento in cui è stata scattata la foto è transitata un’auto della PM… Di fatto di nessuna funzione, al pari delle altre, ora usa a distesa di tavoli e sedie delle attività che vi si affacciano.

Una targa apposta nello zoccolo di contenimento dell’alberello vorrebbe raccontare qualche storico fatto del luogo, ma la sua condizione non la rende molto loquace.

Poi l’attiguo Vicolo Mastini nel completo totale degrado da tempo immemore al pari di quella della predetta piazzetta, in cui si trovano pure residui di defecazioni umanoidi; una delle varie vergogne del nostro Centro. Eppure è attraversato da vestigia della cinta muraria della Rimini Romana; ma chissenefrega, pietre e cenere sono.

Piazzetta San Martino ora del “Rino”
Pure qui, come spesso è accaduto, si è cancellata la storia a vantaggio dei dehors, e di un inquietante simulacro di rinoceronte, che fa il paio con l’altrettanto allestimento che reca all’entrata dell’ennesimo museo felliniano. Qui, nell’intenzione dell’ideatore del luogo, si è usata in parte una pavimentazione diversa da altri luoghi. Una lastra di cemento policroma, che già mostra tutti i suoi precoci segni di deterioramento.

Piazza dei Teatini
Tanto che ci siamo visitiamo quel luogo. Come definirlo? Non certo piazzetta ma neppure giardino. Di fatto una distesa brulla e incolta piena di tavoli e pedane da ristorante, una sorta di buco nero.

Ma cosa costituisce il percorso dell’Anello? Le stradine del Centro pavimentate con asfalto rosso. Era semplice comprendere che tale materiale, proprio per la sua colorazione, fosse difficile da manutenere specie in occasione di riparazioni o ripristini che si avvicendano nel tempo. Ma si sa, la considerazione del valore dei denari pubblici qui a Rimini non ha mai trovato pregio e considerazione. Ed ecco alcuni esempi in giro per quel tragitto; così, presi a caso.

Quello che era già chiaro fin dall’inizio e nel 2018, è ciò che è oggi; non luoghi, vuoti e senz’anima che le persone non amano e non frequentano perché non li sentono propri. Abbandonati a sé stessi, inutili, persi nell’incuria, alcuni di essi hanno trovato una ragione poiché di fatto “privatizzati” dalla collocazione di tavoli riconducibili ad attività private. E questo li rende ancora più lontani dalla moltitudine di cittadini che non frequenta quelle attività, e ciò che si produce nell’area della Piazzetta San Gregorio e Antica Pescheria ne è un esempio lampante. Di fatto una privatizzazione di beni pubblici, morti di giorno e che vivacchiano di notte.
Quel progetto non aveva storia così come concepito, era solo destinato al nulla o al massimo a scadere nelle solite distese di tavoli e sedie, o nelle attività dei tanti strani personaggi che nottetempo scorrazzano per il Centro Storico. E che ha raggiunto la sua apoteosi con la piazza degli incubi® ex Malatesta.
Potremmo quindi parlare di un anello di piazze e piazzette tristi, se non squallide, in cui il “genius loci” è il nulla.
In questi anni si è abusato troppo spesso e a sproposito del termine “riqualificazione” associandolo ad interventi bizzarri costosi, impropri e scarsamente efficaci.
Riqualificare non significa raffazzonare luoghi alla bell’e meglio qua e là senza una visione generale, e senza conoscerne i veri risultati. In quella parola è sempre insito un progetto importante e come tale deve essere certo fin dall’inizio, poi in corso d’opera, ma quello che più importa, nel suo risultato finale. Magari in questo caso, laddove possibile, incentivando fortemente la nascita di attività commerciali di presidio che non siano le solite cantinette o similari.
Significa avere il senso della storia, della cultura e della conoscenza dei luoghi in cui si va ad intervenire ed al loro rispetto. Non si può derogare da ciò, né si può inventare nulla di estemporaneo, fino al punto di avere l’umiltà e il buonsenso di accettare i contributi dei vari esperti di cultura di cui la nostra città si pregia di annoverare, oltreché dei valenti tecnici che non siano sempre disposti ad assecondare idee bizzarre. Ma soprattutto coltivare e ravvivare nel tempo le operazioni realizzate, e non abbandonarle al loro triste destino una volta spenti i riflettori dello spettacolo.
Tante cose a Rimini sono state realizzate in tal modo, con estrema leggerezza, incompetenza e incapacità, calpestando la storia e le radici della città, e queste sono sotto gli occhi di tutti e prima o poi presenteranno il conto; in verità, alcune lo stanno già presentando, come in questo caso, mentre di altre ne attendiamo prossimamente lo stesso sicuro risultato.
Un anello della tristezza e della sciatteria direi, altro che socializzazione od altri ammiccanti epiteti. E lo certifica pure quella faccetta che compare nella foto di apertura scarabocchiata nell’opera d’arte vandalizzata, dall’espressione tra il dubbioso, il beffardo e l’arrabbiato. Questo può essere effettivamente il simbolo della sventurata operazione, che a pieno titolo ruba la scena a quello – l’anello – pensato dai suoi fautori.
Qualcuno, come al solito, replicherà che prima quelle piazzette erano adibite a sosta di automobili; a parte il fatto che in alcuni casi queste persistono, vi è comunque da dire che tra la loro presenza e il nulla esiste una immensa gamma di utilizzi.

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