L’esimio card. Michelangelo Tonti e i contrasti riminesi per l’eredità

L’esimio card. Michelangelo Tonti e i contrasti riminesi per l’eredità

Un'altra epigrafe, questa volta conservata nella Biblioteca Gambalunga, ci permette di fare la conoscenza di un influente personaggio della Chiesa, che a differenza di quanto si legge sull'iscrizione non fu per niente Tonto.

Durante la nostra visita in piazza Cavour, il mio caro e saggio amico Gianni Rimondini, tra l’altro, mi parla della “Petra Ociosa” presente in antichità nel cantone confinante con l’attuale Corso d’Augusto.
Gianni ne ha già trattato l’argomento della sua “misteriosa sparizione” (qui) e mi dona una cartolina edita e distribuita nella città al tempo della scoperta del fatto, che esortava coloro che – casomai – ne avessero avuto notizia, a contattare le autorità di polizia.

Poi mi esorta a cercare gli articoli in proposito, che un quotidiano locale pubblicò ripetutamente per denunciare tale nefandezza, col fine di narrare lo sdegno che seguì – diciamolo – quel furto.
Le ricerche in tal senso sono state infruttuose, nonostante abbia consultato vari anni di quella testata giornalistica orientandomi in base alle notizie circolate e anche reperibili online e relative alla data del furto (1979 o 1985) e a quella in cui sarebbe avvenuta la denuncia (1995), e già il lasso temporale tra i due eventi la dice lunga. Le ricerche per ora non hanno avuto esito positivo, ma continuano, nella speranza di poter ricostruire quella che di fatto fu una smaterializzazione della … pesantissima epigrafe. Un inciso: ringraziamo fin d’ora chiunque potesse fornire (scrivendo alla redazione) notizie circa gli articoli sopra citati, segnatamente all’anno di uscita, e più in generale al clamoroso furto.
Ma non ci scoraggiamo e ci dirigiamo verso la Biblioteca Gambalunga, laddove sono conservate le epigrafi un tempo presenti nei palazzi comunali. Gianni mi indica la più antica, quella che riguarda il Cardinale Michelangelo Tonti.

MICHAELANGELO TONTO CIVI OPT(IMO)
CARD.(INALI) NAZARENO PRODATARIO VIGILANTISS.(IMO)
OB EXIMIAM VIRTUTEM MAX.(IMAM) PRVDENTIAM
ET PRAECLARE GESTA
QVIBVS PATRIAE SPLENDOREM AVXIT
CIVES ARIMINEN(SES) . AD FAMAM DECUSQ(VE) PERPET
POSVERE
ANN(O) SAL(VTIS) M.D.CXII

A Michelangelo Tonti ottimo cittadino, cardinale e prodatario vigilantissimo, per esimia virtù, massima prudenza e famosissime gesta con le quali aumentò lo splendore della patria, i cittadini di Rimini compresi posero alla fama e al decoro l’anno del Signore 1612.

Gianni, chi era costui?
«So bene chi era Michelangelo Tonti, ma preferirei che tu lo conoscessi leggendone la biografia nel Dizionario biografico degli italiani Treccani on line»

Ma era così importante da essere citato a livello nazionale?
«Caro Salvatore, informati e vedrai; tra l’altro leggerai anche di un’eredità molto contrastata dai parenti riminesi»

Ci lasciamo e faccio le mie ricerche.
Inizialmente il Tonti, nato da umile famiglia nei pressi di Rimini nel 1566, fu avviato allo studio della musica ed in seguito si laureò in legge all’Università di Bologna.
Trasferitosi in Roma fu organista presso la chiesa di S. Rocco a Ripetta; dagli studi e occupazione, pareva che quello fosse stato il suo futuro.
Invece alla fine del 1590 conobbe Francesco Borghese, che lo introdusse presso i fratelli, Orazio e Camillo. Tonti si legò in particolare a quest’ultimo che, nominato cardinale nel 1596, lo assunse con sé, ed iniziò a seguire gli interessi di quella famiglia, divenendone uno dei consiglieri più influenti.
Ma la sua fortuna ecclesiastica avvenne con l’elezione al soglio pontificio di Camillo Borghese con il nome di Paolo V. Il Tonti nel 1605 fu nominato cardinale, l’autorità più alta seconda solo a quella pontificia, che diplomaticamente equivaleva al titolo di principe ereditario. Ad esso furono affidati grandi incarichi, ma la sua fortuna non durò a lungo. Dopo violenti contrasti con personaggi molto influenti presso i Borghese, nel 1612 è in Romagna nella Diocesi di Cesena. Ma ebbe anche aspri contrasti con Prospero Farinacci, nominato dal pontefice procuratore generale del Fisco nel 1606, personaggio assai disinvolto nella gestione delle controversie giudiziarie. “Il cardinale Tonti era finito in disgrazia; nemico del personaggio più sinistro del suo tempo, che lui aveva minacciato di consegnare al boia; non si minaccia di consegnare al boia, se si può farlo lo si consegna, oppure si tace. Il Farinacci esercitava il controllo assoluto su tanti personaggi ecclesiastici della curia vaticana di allora.” Così mi dice Gianni in proposito, interpellato per saperne di più del soggetto.

Ritratto di Prospero Farinacci. Fonte Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/File:Prospero_Farinacci_by_Cavalier_d%27Arpino.jpg).

In quella Diocesi si dedicò in modo molto presente alla sua missione pastorale. Grazie alla frequentazione dei Borghese, il Tonti conobbe alcuni dei più noti artisti dell’epoca, come Guido Reni e Antonio Carracci, e la sua antica passione per la musica invece con i compositori Camillo Filippi e Paolo Tardini.
Durante gli ultimi suoi anni il cardinale Tonti si occupò fattivamente della fondazione da parte di José de Calasanz (italianizzato in Giuseppe Calasanzio) della Congregazione dei chierici regolari poveri della Madre di Dio (più noti come Scolopi). Conosceva bene questo ordine religioso perché in passato, allorquando era membro della Congregazione dei vescovi e dei regolari, ne aveva seguito la causa affidatagli dal Papa.
Dopo varie vicende acquistò un palazzo sulle pendici del Quirinale, di proprietà nobiliare, e nel testamento, sottoscritto il 19 aprile a Roma, destinò una parte cospicua della sua eredità al collegio Nazareno (così chiamato in suo onore) perché si occupasse dell’educazione di ragazzi indigenti. Morì a Roma il 21 aprile 1622.
In seguito alla sua morte vi fu una lunga controversia giudiziaria degli eredi riminesi, che si opposero al quel testamento. La somma destinata a quel Collegio, pertanto, fu sensibilmente diminuita a causa dei creditori e della ragione dei successori. Il collegio Nazzareno, poté quindi inaugurarsi solo nel 1679.
L’epigrafe datata 1612 fu quindi dedicata al cardinale quand’egli era ancora in vita, dato che la sua morte avverrà dieci anni dopo, ma già Rimini dedicava al personaggio un grande tributo.
Ma infine mi sorge una domanda: perché nell’epigrafe il cognome è Tonto anziché Tonti? Allora scrivo a Gianni per saperne di più e la pronta risposta non si fa attendere come sempre.
«Non ho trovato l’origine del cognome “TONTI” ma solo la sua diffusione romagnolo-marchigiana. Il notaio latinizzava il nome TONTO in TONTUS che come patronimico andava al genitivo e dava origine al cognome TONTI. Per esempio Giovanni figlio di Tonto diventava Johannes Tonti. Tonto è il nome latinizzato Tontus declinato al dativo “A TONTI”. Da dove viene? Con un esercizio da incompetente mi viene da pensare due cose: 1° che tonto fosse l’aggettivo o il sostantivo “tonto” nel significato di poco intelligente, il nome di un capostipite che la gente giudicava ‘stupido’; 2° che fosse una complessa semplificazione e complicazione del nome ANTONIO dal dialettale TONIO > TONO con il diminutivo – etto: dialettale TONIETT > TONETT > TONT. Ma ci credo poco.»
Da questi manufatti cittadini si evince che la nostra città, in passato, diede grandi personaggi ai quali si dedicavano tali opere per riconoscenza e futura memoria. Oggi tale usanza è pressoché decaduta, e ci si affida solo a strumenti multimediali. Vero è che grazie a quella pratica oggi possiamo conoscere storie risalenti a oltre 400 anni or sono, ma con quella odierna sarà altrettanto nel futuro?

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