La sua contagiosa voglia di vivere ha radunato nella chiesa di Sant'Agostino una folla incredibile: tutti coloro che l'hanno incrociato nella sua breve ma intensa esistenza.
Raramente, molto raramente capita di assistere al funerale di un 21enne, come quello di venerdì 20 dicembre nella chiesa di sant’Agostino, che probabilmente non sarà così affollata neppure nella notte di Natale. Si dava l’addio a Francesco Vendemini. La splendida chiesa, con l’abside affrescata dai maestri della scuola riminese del ‘300, era stata scelta volutamente per contenere tutta la folla di amici e conoscenti attesi, mentre le esequie si sono svolte a quattro giorni dal decesso per permettere ai medici e agli operatori sanitari del Sant’Orsola di Bologna di parteciparvi. E così, sorprendentemente, in chiesa si sono ritrovate circa un migliaio di persone. Fra l’altro al termine del rito funebre, nel banchetto che di solito si allestisce per le offerte alla memoria del defunto, sono stati raccolti 2.620 euro che saranno destinati all’associazione Piccoli Grandi Cuori onlus.

Presiedeva la concelebrazione il vescovo Francesco Lambiasi, a fianco di lui don Stefano Vendemini (don Bubi), zio del ragazzo, e il parroco don Vittorio Metalli. Intorno all’altare c’erano una decina di sacerdoti. Del resto questa marea di amici non è l’unico elemento che ha distinto il rito funebre, almeno a guardare in faccia i giovani genitori e la sorella più grande di Francesco: visi ovviamente molto tesi ma consapevoli di avere avuto in dono un’avventura straordinaria, volendo con tutte le forze mettere al mondo un figlio cardiopatico, nonostante i medici avessero detto loro che la sua vita, oltre che essere brevissima sarebbe stata un vero e proprio calvario. Gli stessi visi con gli occhi che brillavano davanti ad ogni persona (anche davanti a me, che non li conoscevo personalmente) che al termine li andava a salutare e a porgere le condoglianze, in una lunga sequela durata quasi quanto lo svolgimento dell’intera messa.

Aiutato dalla straordinaria capacità di scrittura del nipote, don Bubi, lo zio prete ha fatto, come suo solito, un’omelia semplice e commovente. Dopo i ringraziamenti, ha detto: “Questo grande abbraccio di tutti voi che siete qui porta con sé il presentimento di un grande evento e del buon destino riservato a tutti noi. Il giorno della morte di Francesco, lunedì 16 dicembre, iniziava la novena che porta al Natale”. La lettura del vangelo della messa era il brano che racconta l’Annunciazione come viene descritta nel primo capitolo del vangelo di Luca dove la giovanissima Maria (avrà avuto 15, 16 anni al massimo) ha il coraggio di rispondere sì all’Angelo. Non era facile, non aveva ancora conosciuto uomo, come dice lei stessa, eppure ha accolto, col suo sì, l’annuncio dell’angelo: avrebbe avuto un bambino che sarebbe stato chiamato Gesù.

Don Stefano ha paragonato il sì di Maria all’Angelo che ha portato all’umanamente impensabile fatto che Dio si possa fare compagno dell’uomo, al sì della madre di Francesco che ha accettato il suo bimbo Francesco come dono di Dio. Il primo sì ha fatto diventare la Madonna la madre di Dio e di tutti gli uomini in tutto il mondo. Mentre il sì della mamma di Francesco l’ha resa compartecipe del compito affidato a Francesco di assimilare la sofferenza della sua giovane vita a quella di Cristo sulla croce. Don Bubi, quasi a parare l’azzardo del paragone, ha detto che l’idea gli è venuta istintivamente di getto ed ha comunque sottolineato che l’artefice e protagonista di questa avvincente vicenda umana è Dio stesso: “Il punto chiarificatore di questa vicenda e del disegno di Dio lo si può rilevare nelle parole stesse di Francesco che ha raccontato alla mamma di avere sognato Gesù che gli diceva di non preoccuparsi perché lo avrebbe portato con Lui. “Voglio andare da Gesù”, ha detto alla madre, che dopo il racconto del figlio ha spiegato di avere ritrovato una grande pace. Gesù è nato per salvarci attraverso la croce. Ci ha salvato eternamente mediante la croce. Francesco con la sua vita e la sua via crucis è stato immedesimato da Gesù a sé. In questo modo – ha concluso il sacerdote – Gesù, che aveva già fatto tutto a suo tempo, attraverso le nostre vite assimilate a Lui continua la sua presenza redentrice per gli uomini di oggi”.

Le lettere di Francesco al padre, alla madre e alla sorella
Al papà
“Ciao papà, è Francy che ti scrive. Tuo figlio distante da te all’incirca 100 km. Non ti scandalizzare per l’orario, ormai è abitudine, anzi già tanto che non siano le 3/4. Solo che tu tra qualche ora devi andare a lavorare in una fabbrica …. ti è sempre piaciuto il tuo lavoro ma alla soglia di 40 anni di servizio ormai sei stanco. Probabilmente ora starai dormendo dato che tra 5/6 ore ti dovrai svegliare. Perciò volo col pensiero a casa… mi siedo sulla poltrona che avete in camera te e la mamma e inizio a vegliare su di te. Dunque sono lì con te adesso papà, perciò non avere paura perché sto bene, sto bene perché so di avere al mio fianco un padre che darebbe di tutto per il suo ragazzo. Inizio a viaggiare con la mente mentre tu dormi ma riesci comunque a sentirmi. Inizio a raccontare dei numerosi pomeriggi passati insieme a studiare matematica, la materia che sei riuscito a farmi piacere. Nonostante la mia grande difficoltà nel capirla. (…) Oppure per rimanere in ambito scolastico non vedevo l’ora che arrivasse sabato! tu eri a casa dal lavoro e mi accompagnavi e venivi a prendere a scuola. Oppure le numerose passeggiate al porto dove mi compravi sempre una pizzetta. (…) Oh quando venivamo su a Bologna per un ricovero appena arrivato dovevo fare i prelievi e io li a fissare l’ago pronto a bucarmi, e te che mi prendevi il mento tentando di girarmi la testa e dicevi: non guardare non guardare. Ma io non mollavo, dovevo guardare, mentre ora in questi giorni non guardo più. Ora ciò che guardo è mio padre che stimo moltissimo… prendo da esempio… desiderando di diventare un padre anch’io come lui ..con il grande bagaglio di lezioni di vita che il mio mi ha lasciato sulle spalle per sempre. E dato che ti sono rimaste 3 ore da dormire ti lascio riposare. Buona giornata papà”.
Alla mamma
“Ciao mamma, è Francy che ti scrive ora stai dormendo in stanza 9 ma il mio letto è vuoto e sono qui a scrivere in salotto. Ma non siamo certo qui per parlare di questo ma bensì della madre che sei e di ciò che fai per me. Dal darmi il biberon a dirmi “In questi giorni di non bere troppo”. Come cambiano le cose hai visto? E chissà come sono cambiato io ai tuoi occhi, dall’essere un’innocente creatura strappata dalle tue mani appena nato al spesso romperti le scatole come in questi giorni difficili. Ora vorrei distrarmi un po’ e volare con te nei nostri ricordi più belli e anche sfortunatamente in quelli più duri. (…) Le innumerevoli mattine che mi svegliavo presto dopo che papà era andato al lavoro e io pronto a intrufolarmi nelle coperte e mettermi a forma di “mezza luna” e inserirmi a “incastro” tra te mentre mi abbracciavi forte. Poi alle 7:15 la sveglia che suona e noi a lamentarci di voler stare ancora a dormire. Infatti quei famosi “5 minuti” vincevano sempre facendoci alzare dunque alle 7:20. In fine basta, ci si alzava per forza. In inverno avere i panni pronti caldi perché erano stati sul termo in camera vostra e io pronto a vestirmi insieme a te. Colazione, cartella in spalle e giù nella fredda 600 della nonna la quale una volta uscita dal cancello inizia a sfrecciare alla solita velocità di circa 120 km/h per le strade di Rimini, il tutto mescolato insieme a qualche insulto agli “invorniti” mattutini ancora assonnati. Una volta lasciato sulla porta delle elementari iniziavano i pianti per non farti andare via, ma poi… come sempre… uscire da scuola e vederti in mezzo al gruppo di mamme che venivano a prendere i propri figli. Iniziare a correre verso di te, e abbracciarti più forte che potevo e pensare di non lasciare la stretta. Il ricordo di tante notti seduta sul mio letto al telefono con Bologna perché non stavo bene. Ti voglio bene Mamma”.
Alla sorella
“Tra tutti i miei scritti ho parlato di diverse cose e avvenimenti personali. Ma questa sera vorrei parlarvi di una persona, una ragazza ormai donna veramente speciale. (…) Una bambina che all’età di soli 8 anni è dovuta diventare donna. Perché le venne a fianco un fratellino con delle difficoltà e mamma e papà dovettero stare dietro al piccolo Francesco. Una sorella che si è presa cura di suo fratello sin dall’inizio con grande amore. Chissà cosa avrà pensato o detto quando aveva saputo della situazione del fratellino. Beh ora a distanza di 21 anni lei è andata a vivere fuori casa da diversi anni a Venezia e la vedo poco e ciò mi fa star male ma va bene così. Perché so che un giorno io e lei saremo abbastanza grandi e indipendenti da avere ognuno la propria vita ma pur sempre legati l’uno con l’altra. Tuo Fratellino Francy”
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