Oltre alla gigantesca spesa per realizzare le diverse sedi espositive, si aggiunge quella per la gestione, che supera abbondantemente l'incasso dalla vendita dei biglietti. Ma il dato preoccupante, pur conteggiando pandemia e turbolento momento storico, è che il museo non decolla.
Il 28 dicembre chiedevamo con una mail al responsabile del Fellini Museum di poter conoscere l’andamento dei visitatori dei luoghi espositivi legati al regista per l’anno 2022. Nell’occasione, alla domanda “interessano anche i risultati complessivi degli altri musei?”, davamo una risposta naturalmente affermativa. Per parlarne e ricevere i dati disponibili era stato fissato un incontro per oggi alle ore 12 presso la Cineteca ma, giunti all’appuntamento, siamo stati informati che «verrà diffuso un comunicato stampa da parte dell’amministrazione comunale», che infatti è comparso sul sito del Comune alle 12.49. Sorvoliamo però su questo strano modo di gestire i rapporti con la stampa e andiamo al sodo.
Partiamo dai numeri ufficiali che sono stati resi pubblici. Nel 2022 gli ingressi al Fellini Museum inteso come Castelsismondo sono stati 42.773 e quelli al palazzo del Fulgor 32.921. Lo scorso anno, considerando l’apertura del castello a partire dall’estate e che palazzo Valloni ancora non era stato inaugurato (taglio del nastro avvenuto il 12 dicembre 2021), dal 19 agosto al 31 dicembre gli ingressi furono 14.404.
Il viaggio del Fellini Museum è cominciato in un periodo sfortunato: prima la pandemia, poi il difficile periodo che è seguito e che continua tutt’ora. Anche l’anno da poco archiviato non ha però visto il “lancio” (men che meno il decollo) del museo felliniano. Rispetto alle altissime aspettative accreditate dall’ex sindaco Andrea Gnassi, che prevedevano l’assalto al museo da parte di nugoli di italiani e stranieri, giustificando in tal modo anche l’investimento di soldi pubblici (12 milioni di euro) con un successo galattico del progetto, la realtà sta riportando tutti con i piedi per terra. Le favole si raccontano ai bambini prima che si addormentino.
Il titolo del comunicato stampa di palazzo Garampi punta non a caso sul fatto che «recupera terreno la rete museale riminese» (qui), evitando di porre troppo l’accento sulle performance deludenti della creatura di Gnassi (qui). E infatti Museo della Città (38.285) e Domus del Chirurgo (39.173) totalizzano 77.458 ingressi, contro i 75.694 del museo Fellini. Poi c’è il Part con 24.606. Cioè i musei che non sono felliniani (102.064), ci si passi la semplificazione, attirano più pubblico di quello felliniano che avrebbe invece dovuto sbancare e far ribollire d’invidia tutti i musei del mondo.
C’è un ulteriore elemento di valutazione che va messo sul piatto della bilancia. I circa 75mila biglietti staccati per le due sedi del museo Fellini non sono stati tutti venduti ma molti regalati, e però quanti siano state le persone paganti e quante quelle entrate con un ticket omaggio senza lasciare un centesimo, non è dato saperlo.
Sono noti però, in base alle comunicazioni ufficiali circolate, quanti sono stati (senza pretesa di completezza) i giorni in cui al castello e/o al Fulgor si poteva accedere senza pagare: in occasione del festival “I luoghi dell’anima”, dalle 16 alle 19 dei giorni 12-14-15-16-17 giugno, l’ingresso al Palazzo del Fulgor era gratuito; nei giorni 5 e 6 agosto e dal 12 al 15 agosto il Fellini Museum era aperto in via straordinaria dalle 20 alle 24 con ingresso gratuito in concomitanza con lo spettacolo Peter Pan nei giardini di Kensington; per le festività natalizie 2022 ingresso gratuito dalle ore 21 fino alle 2 di notte tra gli altri anche al Palazzo del Fulgor (mentre il castello era interessato dal’«incendio»). Ma ci sono anche gli under 18 che varcano le porte del museo Fellini gratuitamente.
E’ disponibile la segmentazione che riguarda la provenienza dei visitatori: 8% dal comune di Rimini, 5% dall’intera provincia di Rimini, 50% al di fuori del territorio provinciale quindi su scala nazionale, 20% dall’estero con picchi al 35% nei mesi da giugno a settembre, 17% non rilevati. Nel campione nazionale al primo posto c’è l’Emilia Romagna 33%, seguita da Lombardia 15%, Veneto 12%, Marche 8% e Piemonte 7%. L’estero vede la Germania al 22%, la Francia con l’8%, quindi Stati Uniti e Svizzera 7%, Polonia 6% e Regno Unito 3%, ma con quest’ultima percentuale si piazza anche la Russia.
Conosciamo ormai a memoria quanto è costato mettere in piedi la mastodontica macchina museale nel nome del Maestro, «esagerata “fellinizzazione” del centro storico», come l’ha definita Miro Gori: 12 milioni, appunto. Facciamo due conti su entrate e uscite. Le prime ammontano a 200mila euro per quanto riguarda la bigliettazione e 45mila dal book shop, quindi 245mila euro su una entrata totale dei musei pari ad euro 423mila. Qual è invece la spesa annua per gestirlo? Anche in questo caso non mancano le sorprese e non sono positive. I soli costi di gestione, e nello specifico di guardiania, cioè di apertura e chiusura delle due sedi (castello e palazzo Fulgor) e accoglienza, trattandosi di tutto personale esterno in quota ad una cooperativa che si è aggiudicata uno specifico bando, pesano per poco meno di 300 mila euro all’anno.
Si possono fare confronti tra il pubblico che è stato attirato al museo Fellini ed altre sedi museali? Non è facile perché quello di Rimini è un caso a sé: costruito attorno ad un regista e con modalità particolari, non ha analogie né in Italia e né all’estero. Però alcuni vanno evidenziati: il Museo nazionale del cinema di Torino si è piazzato a 570 mila (pre-Covid 675 mila); il Museo archeologico nazionale di Napoli 450mila, in crescita del 126% rispetto al 2021; la sempre gettonatissima Reggia di Caserta 770mila superando i numeri pre-pandemia; il Museo Egizio quasi 900mila. La “notte dei musei” romani, che ha interessato solo due giornate a metà maggio, ha totalizzato oltre 70mila ingressi, con un incremento di diecimila persone rispetto all’edizione 2019, l’ultima andata in scena. Nel solo recente periodo natalizio (23 dicembre – 1 gennaio) le Gallerie degli Uffizi di Firenze hanno conteggiato più di 105mila visitatori. La Fortezza di San Leo prima che il virus compisse i suoi disastri ne vantava oltre 70mila. Una singola mostra come quella organizzata a Forlì al San Domenico – “Maddalena. Il mistero e l’immagine” – tra il 27 marzo e il 10 luglio, ha richiamato oltre 40mila ingressi.
La lista della spesa per il Museo Fellini non è mai conclusa. Scorrendo l’albo pretorio online del Comune di Rimini nell’ultimo mese ci si imbatte in questi atti: per la «fornitura e posa in opera di arredi e attrezzature per l’allestimento di uno spazio espositivo nell’Ala di Isotta di Castel Sismondo, sede del Museo Fellini», 22.344 euro; per l’acquisto di cornici, sempre per il museo Fellini, poco meno di 3mila euro; per l’affidamento di un incarico professionale per la redazione di un progetto di allestimento presso il Palazzo del Fulgor con lo scopo di un «aggiornamento della propria offerta, integrando gli arredi già esistenti o realizzandone di nuovi per ampliare i propri spazi espositivi» (si parla di «un ulteriore percorso espositivo mediante l’applicazione di binari per l’affissione di cornici e faretti»), 4.313 euro; ci sono poi il ledwall prospiciente piazzetta San Martino e il videoproiettore collocato su una delle torri della rocca malatestiana, che necessitano di una «più efficace funzionalità» dotandoli «di un sistema di diffusione sonora, di cui al momento sono privi». Da qui l’incarico professionale «sia per la redazione dei progetti di installazione dei diffusori sonori, comprensivi della pratica da inoltrare alla Soprintendenza, sia per la successiva direzione dei lavori». Costo? 6.090 euro. Ma si ravvisa pure la «necessità di arricchire di nuovi elementi espositivi, costituiti da lastre in plexiglass, l’installazione dedicata ai fondi fotografici e inserita nel percorso espositivo di Castel Sismondo»: 5.550 euro.
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