Gianfranco Miro Gori e Alessandro Giovanardi a confronto. Il primo dovrebbe sostenere la tesi "pro" la nuova sistemazione di piazza Malatesta e il secondo quella "contro". Ma l'ex direttore della Cineteca comunale non riesce ad esporre un vero motivo di giubilo, e anzi rifila pure una critica.
Nel gioco delle parti sul quale si regge la rubrica del Carlino «La Piazza, voci dalla città», di solito si possono ascoltare su uno stesso tema due campane che emettono note diverse. L’uno sostiene una tesi e l’altro motiva un punto di vista opposto. Ma sul tema della “nuova” piazza (?) Malatesta – di cui il giornale ha ospitato ieri gli interventi di Gianfranco Miro Gori e Alessandro Giovanardi – bisogna registrare una vistosa eccezione perché la campana effettivamente “pro” non c’è.
Miro Gori, ex direttore della Cineteca di Rimini, già sindaco Pd di San Mauro Pascoli e tanto altro, dovrebbe essere colui che sponsorizza l’opera gnassiana (perchè così bisognerebbe chiamarla e non felliniana, non avendo proprio nulla che evochi il regista). Invece cosa dice Miro Gori? La prende alla larga, riconoscendo al sindaco e alla sua giunta di avere realizzato «un’autentica rivoluzione» senza però connotarla di contenuti positivi o negativi (non tutte le rivoluzioni escono col buco). Il merito effettivo è quello di «avere ’liberato’ dopo oltre mezzo secolo, dalle automobili, piazza Malatesta con Castel Sismondo, e piazza Cavour». Ma che merito è se poi ti giochi il bonus piazzandoci il «lavatoio da piedi»? Anche perché il sindaco Gnassi dopo aver sloggiato il mercato si è trovato fra le mani una piazza (che aveva ancora i connotati strutturali della piazza) “vergine”, ma adesso ci ha piazzato un’opera pesante e praticamente inamovibile. In maniera assai fredda Gori si limita poi a rilevare che «dal punto di vista storico l’intento sia quello di rappresentare, almeno simbolicamente, il fossato di Castel Sismondo» e che non è affatto contrario agli «effetti giocosi e ludici». Un po’ pochino. Per concludere «da storico felliniano» che in quella piazza è stato realizzato «un eccesso di presenza di Maestro. Forse si sarebbe potuto differenziare maggiormente quell’area, declinando più precisamente le vocazioni da destinare alle sue diverse componenti». Quindi non solo non viene posto l’accento su un elemento di assoluto valore rinvenibile nella “nuova” proposta di arredo, ma c’è spazio anche per una critica da matita rossa: è mancata la capacità di declinare le vocazioni che in quell’ambito devono convivere.
Se questo è lo svolgimento, il titolo risulta forzatamente a favore: «Fontana, il gioco vale la liberazione».
La voce contro è quella di Alessandro Giovanardi, storico dell’arte, ed assolve egregiamente al compito. «Il problema non è se la fontana sia bella o brutta, se piaccia o non piaccia. Personalmente non ho snobismi di sorta», esordisce. Dove sembra di cogliere una perfetta sintonizzazione con la lettera del nostro Carlo, detto Picasso. «Il problema è che non dovrebbe stare lì, su un luogo di grande ricchezza storica e delicatezza archeologica, implicando una vasta e profonda struttura di cemento armato che grava su un fossato di evidente interesse architettonico, probabilmente brunelleschiano. Questo è un fatto oggettivo». Giovanardi invece è dell’idea che non sia questione di referendum o no, e quindi neppure di dialogo e confronto, pare di capire, come invece sostiene la candidata vicesindaca Chiara Bellini. Una porcata rimane tale anche dopo il confronto. Scrive: «Non è neppure questione di partecipazione della cittadinanza alle scelte (la custodia dei beni culturali è come la medicina: non è democratica, mi spiace, e non la può decidere il popolo alle urne), ma di ascoltare un concerto variegato di voci di istituzioni e studiosi locali e nazionali (Italia Nostra, Montanari, Emiliani, Pasini, Rimondini, Zavatta ecc.), che da mesi e, in alcuni casi da anni, hanno messo in guardia da interventi inappropriati. Se anche alla maggioranza dei cittadini piacesse così, non sarebbe comunque un intervento corretto. Il metodo era stato messo in campo dal restauro di Castel Sismondo, sostenuto con spirito di mecenatismo dalla Fondazione Cassa di Risparmio: occorreva completare quel sentiero fatto di competenze storiche e filologiche, in accordo con la Soprintendenza. Per questi progetti non occorre guardare alle capitali internazionali dove simili fontane sono diffusissime, basterebbe ispirarsi alla vicina e deliziosa Fano: lì il suo castello malatestiano ha un legittimo fossato ed è un’autentica bellezza».
Ma una voce a tutti gli effetti “pro” si è potuta leggere sul Carlino qualche giorno prima. E’ uscita dalla penna di Carlo Andrea Barnabé che come al solito ha espresso tutta la sua gioia incontenibile per il decennio Gnassi, uno che «tira diritto tra folle adoranti e drappelli di detrattori», e che «ha ricostruito Rimini». Chi critica la vasca jacuzzi davanti al castello appartiene sicuramente della schiera dei «puristi», dice lui, «prevalentemente intellettuali», di certo da ascrivere alla categoria dei «conservatori», «sia di destra che di sinistra, oppure antipatizzanti a prescindere». La rubrica di chiama “noi riminesi”, noi aggiungiamo tre puntini… Completatela voi.
COMMENTI