“Operazione Hammer”: Rimini terra di conquista dei clan camorristici

“Operazione Hammer”: Rimini terra di conquista dei clan camorristici

Due sodalizi camorristici in guerra fra loro per il controllo della "piazza" riminese. Dieci arresti, il sequestro di un autonoleggio e di conti correnti per un valore che si aggira sul mezzo milione di euro. Sono ormai molti anni che l'allarme sulle infiltrazioni della criminalità organizzata in Riviera si ripetono. Da ultimo da parte della commissione parlamentare antimafia. Con scarsissime reazioni da parte del mondo politico, economico e della società civile. Ora occorre un cambio di rotta.

Se due testate di Napoli titolano “estorsioni e sequestri, così la camorra si è presa Rimini” e “le mani della camorra su Rimini”, la notizia è duplice. E riguarda non solo il fatto in sé, cioè l’operazione antimafia scattata questa mattina, che ha impiegato 150 carabinieri e che è stata condotta dal comando provinciale dell’Arma, ma anche quella che comincia ad apparire come una primazia poco invidiabile.

La notizia, appunto, è che il blitz dei carabinieri ha acceso i riflettori su due gruppi camorristici attivi in provincia di Rimini che si contendevano “la piazza”. L’ordinanza di misure cautelari è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bologna su richiesta della locale procura distrettuale antimafia. Dieci le persone indagate per associazione per delinquere di stampo camorristico, sette delle quali in carcere e tre agli arresti domiciliari. Si va dalla associazione a delinquere di stampo camorristico alla estorsione, dalla rapina al sequestro di persona, dalla detenzione e porto abusivo di armi alla intestazione fittizia di beni, l’impiego di denaro di provenienza illecita, le lesioni personali aggravate. Disposto anche il sequestro preventivo di due società, di un autonoleggio e conti correnti per un valore di circa 500mila euro.

Secondo gli inquirenti i sette in carcere fanno parte di un clan organizzato dal nipote del boss napoletano Eduardo Contini, ovvero Ciro Contini, che dal carcere riusciva a tirare i fili delle sue attività. Ed è a questo proposito che si comprende la gravità dei fatti. Gli affiliati ai Contini avrebbero infatti ingaggiato una guerra per il controllo del riminese cercando di avere la meglio su un altro clan di campani, che pare avesse già messo radici in città, quello in mano a Massimiliano Romaniello e al quale appartengono i tre agli arresti domiciliari. Chi non si piegava veniva “convinto” con le maniere forti.

Due le società sottoposte a sequestro preventivo finalizzato alla confisca, e una è l’autonoleggio Viserba Rent, che sarebbe servito ai Contini per occultare capitali e riciclare denaro. Sequestrati anche conti correnti per un valore stimato di circa mezzo milione di euro.

Non è un fulmine a ciel sereno. L’operazione “Idra” solo nel 2016 portò a sei arresti. Ma a sua volta “Idra” era scaturita tre anni prima sulla scia dell’inchiesta “Mirror”: la storia era sempre la stessa, affari sporchi che univano camorristi operanti fra Napoli e Rimini, secondo l’accusa impegnati a gestire un sistema di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. Anche in quel caso ci furono il sequestro e la confisca di società e beni. Al centro, la figura di Pio Rosario De Sisto, detto “zio Pio”. E il pregiudicato campano Rosario “zio Pio” ha permesso di dare il via anche al filone “Hammer”. Fu proprio lui circa un anno fa ad essere pesantemente pestato dai “rivali”, con l’obiettivo di farsi consegnare 30mila euro “guadagnati” illecitamente nel controllo del riminese. Dalle indagini emerge che una vittima di estorsione (una ditta di autotrasporti) di un clan si rivolse all’altro clan (Contini) per ricevere protezione, con tanto di colpi intimidatori sparati da un affiliato al clan Romaniello sotto casa dell’imprenditore, sbagliando però bersaglio e colpendo il mezzo di una persona totalmente estranea alla vicenda.

Nelle sue relazioni la Dia ha ben spiegato il tema delle infiltrazioni a Rimini, in Romagna e in Regione. In passato anche personaggi molto in vista e che il tema l’hanno approfondito in abbondanza, come Ennio Grassi ed Enzo Ciconte, hanno suonato ben più di un campanello d’allarme. Due anni fa arrivò la commissione antimafia guidata da Rosy Bindi, e disse che a “Rimini in particolare”, “c’è una concentrazione di reati spia troppo evidenti, sintomi rivelatori della presenza della mafia”, ma anche un numero altissimo di “esponenti di ndrangheta, camorra, cosa nostra, mafia pugliese, che soggiornano qui per loro scelta e da tempo, che si sono insediati in questo territorio”. Ma dal mondo politico, economico e più in generale associativo, la reazione fu il solito silenzio.

Anche l’operazione “Hammer” (il comando esercitato anche a suon di martellate) dice che purtroppo le vittime non si sono rivolte alle forze dell’ordine e alla magistratura, e se si è arrivati ai dieci arresti lo si deve solo alla attività investigativa che ha preso le mosse dai carabinieri. C’è da aprire gli occhi, a livello di società civile, e anche in fretta, perché a forza di allarmi inascoltati si è arrivati ad una ingombrante presenza della criminalità organizzata.

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