Piazza Malatesta da svelare

Piazza Malatesta da svelare

"Pur comprendendo le dinamiche amministrative, credo sia davvero un peccato la mancata condivisione e divulgazione dei ritrovamenti che, certamente, rafforzerebbero il nuovo e positivo sentimento di attenzione di una parte crescente della cittadinanza per i nostri beni storici, che spesso a Rimini coincidono con “quello che c’è sotto”. E quindi: cosa c’è sotto? Cosa si sta trovando?" L'intervento del prof Giulio Zavatta sui "misteriosi" scavi e su molto altro.

E’ argomento di attualità ormai da qualche mese il rifacimento di piazza Malatesta. Una questione che, naturalmente, ha destato l’attenzione degli storici o anche semplicemente di persone interessate, che attraverso le recinzioni hanno sbirciato gli scavi e i rinvenimenti, che come prevedibile (sondaggi furono fatti anche negli anni ’90) hanno restituito evidenze molto interessanti anche a un semplice sguardo da lontano. Chiunque poi abbia letto il libro di Oreste Delucca, Sigismondo d’oro per la cultura, sulla casa riminese del Quattrocento si aspettava l’affiorare di reperti per ora non meglio specificati, velati da una sorta di segreto che non credo abbia motivo di essere. Infatti il cantiere sembra avvolto dal mistero: non trapelano notizie se non vaghi accenni a ulteriori approfondimenti che verranno eseguiti. Comunicativamente, in pratica, si sta dicendo: c’è qualcosa che merita di essere approfondito ma non vi diciamo cosa. Non se ne capisce francamente il motivo. Si tratta di un problema che avevo già evidenziato nel caso della passerella sulle mura a fianco del ponte di Tiberio, ovvero una mancanza di comunicazione e confronto che ha poi causato lunghi dispareri.
In un lodevole contesto di grande fervore intorno alla città storica (per il quale va dato merito alla presente amministrazione, capace di riportare il tema dei monumenti al centro del dibattito cittadino dopo decenni di quasi immobilismo) ci si trova quasi sempre a doversi confrontare con decisioni già prese e – si dice – inderogabili, spesso legate alla necessità (e alla fretta) di spendere finanziamenti pubblici.
Scelte che sovente hanno portato a rilevanti recuperi (penso alla porta Galliana, che ho perorato nella mia proposta per le celebrazioni sigismondee, sollecitazione efficacemente raccolta da Davide Frisoni) e talvolta a occasioni perdute, o meglio solo parzialmente portate a compimento (specie proprio intorno al castello, dove si è riusciti a fare la cosa più difficile – spostare il mercato – e non si è riusciti a fare la cosa più ovvia – svelare la “piramide” della torre più imponente ripristinando la verticalità del monumento).
Pur comprendendo le dinamiche amministrative, credo sia davvero un peccato la mancata condivisione e divulgazione dei ritrovamenti che, certamente, rafforzerebbero il nuovo e positivo sentimento di attenzione di una parte crescente della cittadinanza per i nostri beni storici, che spesso a Rimini coincidono con “quello che c’è sotto”. E quindi: cosa c’è sotto? Cosa si sta trovando? Molte città hanno reso gli scavi archeologici partecipati, alcune – senza andare troppo lontano, a Verucchio – addirittura hanno posizionato webcam per mostrare il work in progress del lavoro archeologico in diretta. Curiosamente invece a Rimini abbiamo le “turate” di cantieri blindati e un pervicace atteggiamento quasi di negazione. Più si trova, meno si dice, per di più anche a distanza di mesi o anni spesso non si ha modo, neppure per gli specialisti, di trovare notizie su pubblicazioni scientifiche dei ritrovamenti riminesi degli ultimi tempi.
Pur intuendo dalle fessure l’esistenza di numerosi reperti addossati al fossato (forse le case quattrocentesche?), quello che è evidente è la comparsa di una consistente parte della controscarpa del fossato (forse con i relativi battiponti, come si rilevò nei sondaggi di trent’anni fa?). E allora dopo tanto discutere sul fossato (negato per l’arena del bastione nella zona della torre 4; di fatto eluso anche nella parte a monte, dove si è potuto scavare in maniera non incisiva) è lecito chiedersi se anche questa volta il suo margine, che è un muro quattrocentesco parte integrante del sistema difensivo e quindi della rocca, verrà sacrificato, lasciato solo a raso o solo inutilmente segnato sul selciato. La rocca è una importante architettura, e l’architettura non è un disegno in pianta, un cordolo di marmo, un’astrazione: è fatta di spazi e di volumi (pieni e vuoti) che stiamo trovando e che continuiamo a lasciare inespressi. Nel settore del fossato, mi pare, è prevista anche una fontana, una sorta di specchio d’acqua che potrebbe avere anche implicazioni verticali – a giudicare dal render – con getti usati per proiettarvi sopra immagini. E così in una parte molto significativa del fossato abbiamo messo un’arena, in un’altra metteremo una fontana. Lo spazio del fossato, a tutti gli effetti, è però parte del castello e come tale dovrebbe essere sottoposto a vincolo. Proprio quel vincolo impedì la realizzazione del primo progetto Natalini. Si può allora fare una fontana in una zona vincolata? Mi chiedo, infine, se per una volta il “nostro” Fellini, così ampiamente celebrato, non possa cedere in piccola parte il posto a un recupero filologico di un segmento del fossato che si sta facendo ritrovare tutto attorno, e che tutto attorno si sta ignorando. Nell’attesa magari che qualcuno ci racconti la storia degli altri rinvenimenti, prima – se necessario – di ricoprirli e di non vederli probabilmente mai più. La cultura dovrebbe essere racconto e partecipazione, specie quando ci si trova in una piazza, fin dall’antichità luogo pubblico del confronto. A Rimini, ora come mai prima, e grazie ai tanti cantieri degli ultimi anni, si parla di cultura, di monumenti, di scoperte, di restauri, si discute anche e si è talvolta in disaccordo: questa nuova e positiva attenzione, questa nuova mentalità se la si vuol far diventare valore civico deve essere incoraggiata dalla discussione, da una seria divulgazione, dalla partecipazione.

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