Quando Mario Zuffa si oppose al progetto del mercato coperto “accanto al Duomo”

Quando Mario Zuffa si oppose al progetto del mercato coperto “accanto al Duomo”

«Con mio grande stupore ho appreso che le strutture del nuovo edificio vanno a cadere su resti monumentali...» e giù un elenco di impatti pesantissimi che la costruzione, negli anni 60, avrebbe avuto su beni culturali importantissimi. «Per non parlare della poco opportuna collocazione accanto ad uno dei più famosi monumenti del mondo». Così si esprimeva l'allora responsabile degli Istituti Culturali del Comune, esternando anche l'amarezza per le sue osservazioni rimaste inascoltate.

Fallite le due iniziative private di costruire un Mercato Coperto a Rimini (qui) e (qui).
Vediamo com’è proseguita la storia di questo edificio commerciale fino ai giorni nostri. Abbiamo affermato, e è la verità, che il Mercato coperto di Rimini è un’istituzione, vero centro commerciale di una città che ha ormai abdicato a considerare il Centro come tale, e che vede la ormai inesorabile chiusura di molte attività mercantili che l’avevano caratterizzata viva ed effervescente in anni passati.
Agli inizi degli anni ’60, nella scia di una ricostruzione selvaggia e incontrollata, evidentemente naufragata la precedente soluzione prospettata dal Commendatore Mario Mariotti, l’allora amministrazione cittadina maturò il proposito di costruire finalmente un “Nuovo Mercato al minuto, ortofrutticolo e del pesce”, ovvero frutta e verdura, pollame, uova, pesce. Tranne che per il pescato, smerciato nell’Antica Pescheria e Piazzetta S. Gregorio, il resto delle merci veniva venduto in allestimenti assai precari ed igienicamente poco congeniali. Lo mostrano alcune fotografie dell’epoca di Davide Minghini, custodite presso l’Archivio fotografico della Biblioteca Gambalunga.

Il 15 dicembre 1959 sul quotidiano “Il Resto del Carlino”, nella Cronaca Riminese, si leggeva la notizia della convocazione serale del Consiglio comunale per trattare importanti argomenti, tra i quali primeggiava quello del nuovo Mercato Coperto San Francesco “attorno al quale già da anni sorgevano in città le più vive polemiche” (sic!). Si riportava anche un’ulteriore idea sopraggiunta in un recente passato da parte del ragioniere Umberto Bartolani, di realizzarlo con iniziativa privata, ipotesi non accolta.

Il progetto, di cui si riportavano le cifre in termini di superficie e caratteristiche, era già stato precedentemente illustrato in un’apposita conferenza stampa dall’allora assessore ai LL.PP Muratori, dall’ingegnare capo Melloni e dall’ingegnere Fraternali, entrambi nell’organico dell’Ufficio tecnico comunale, e progettisti.
In seguito, in data 11 dicembre 1960, nella Cronaca Riminese, lo stesso organo di stampa riportava della convocazione del Consiglio comunale per il successivo giovedì alle ore 20,30 per trattare “importanti problemi cittadini”. Tra i vari, emergeva anche “l’approvazione del progetto del Mercato coperto S. Francesco ed il mutuo di 300 milioni con la Direzione Generale Istituti di Previdenza per la costruzione”.
Detto questo per ripercorrere la vicenda nel dettaglio, anche questa volta ci avvarremo della documentazione conservata presso l’Archivio di Stato di Rimini, nella sezione Archivio Storico del Comune di Rimini, alla busta b.07.0969.

IL PROGETTO
La Relazione Tecnica redatta dall’Ufficio Tecnico Comunale del 29 novembre 1960, a firma dell’ingegnere Capo Melloni e a quello di sezione Fraternali, rende chiari tutti gli aspetti che ispirarono l’operazione.

Pianta generale della Città di Rimini, particolare. Progetto del Mercato Generale Tav. N°1. Fonte Archivio di Stato di Rimini.

Innanzitutto il luogo, che era servito da tre strade quali via IV Novembre, Castelfidardo e Michele Rosa e che, al tempo era già utilizzato con bancarelle all’aperto per la vendita al minuto di quelle cibarie. Poi la zona allora considerata logisticamente congeniale: “L’area stessa, pur trovandosi in una posizione centrale rispetto all’aggregato urbano, risulta al limite periferico del nucleo storico e esattamente presso le mura: Bastioni Orientali. Il traffico di automezzi verso il Mercato e viceversa avviene attraverso una arteria anulare, da cui si ripartono direttrici radiali verso monte, Nord e Sud, e verso il mare attraverso Via Roma – Via Tripoli e quindi su arterie a traffico veloce”.
Poi – allora (!) – si prendeva in esame l’importante problema dei parcheggi a servizio della struttura. “Il parcheggio degli autoveicoli viene assicurato da una vasta zona, direttamente a contatto con il mercato”, ossia Largo Gramsci.
In seguito si leggeva che la struttura avrebbe coperto una superficie di terreno di circa 7.050 metri quadri, dei quali 6.150 di proprietà del Comune e la restante parte di privati di cui si auspicava di “…addivenire a trattative amichevoli per la loro cessione…”, perché diversamente si sarebbe dovuto invocare l’art. 20 del R.D.L. 15.4.1926 n. 765, ed il Comune era già autorizzato ad applicare la Legge 15.2.1885 n°2892 (cosiddetta Legge per il risanamento di Napoli) per gli espropri a motivo di pubblica utilità.
L’approvvigionamento delle mercanzie era stato previsto con accesso dalla Via Castelfidardo dove allineati potevano sostare fino a 15 automezzi, e da lì tramite appositi carrelli veicolarle verso i banchi di destinazione. Gli accessi al pubblico dovevano essere verso le vie IV Novembre e Michele Rosa, perché l’attività commerciale fosse agevolmente fruibile.

Planimetria. Progetto del Mercato Generale Tav. N°2; si notino le sagome dei corpi di fabbrica su Via IV Novembre non realizzati. Fonte Archivio di Stato di Rimini.

Poi il tutto veniva completato dall’abitazione del custode, dai servizi igienici per il pubblico e per gli esercenti, e dai vani tecnici. Ma anche da altri servizi sanitari quali visita medica per il pollame e disinfezione delle gabbie ed altro nel rispetto delle nuove esigenze di cui un tale complesso doveva dotarsi.
Nella parte prospicente la Via IV Novembre, per dare continuità tra la stessa e la struttura, sarebbero dovuti sorgere negozi, un bar ed una Banca. Come? Ovviamente demolendo i relitti dell’ex Convento di S. Francesco che ancora oggi fanno bella mostra di sé, nel degrado assoluto ormai divenuto una cartolina tipica della città.

La struttura portante dell’edificio, nella succitata relazione era riportata come “costituita da telai in cemento armato incernierati alla base del pilastro e perciò staticamente isostatici”; ovvero “nella scienza delle costruzioni, si dice di sistema o di materiale dotato di un numero di vincoli interni ed esterni pari a quello strettamente indispensabile per assicurarne la stabilità”.

Sezione trasversale, particolare. Progetto del Mercato Generale Tav. N°4. Fonte Archivio di Stato di Rimini.

Inoltre venivano posti in atto altri accorgimenti di carattere acustico, termico, di ventilazione ed illuminazione naturale e di confinamento degli odori, specie quelli provenienti dalla pescheria, dove era addirittura prevista una sezione dedicata alla pulizia e lavorazione del pescato. Il progetto si completava con nuove reti fognarie, idriche ed elettriche.
La minuziosa descrizione della Relazione Tecnica si completava infine con il Quadro Economico, che in totale prevedeva il cospicuo l’investimento di Lire 300.000.000, circa odierni € 4.100.000, comprese Lire 30.000.000 per espropriazioni; un importante investimento per la comunità.
Questo il primo progetto approvato con delibera consiliare n.423, del 15 dicembre 1960. In seguito sottoposto all’esame del Consiglio Superiore dei LL.PP, quest’ultimo ritenne opportuno alcuni suggerimenti poi fatti propri dall’Amministrazione comunale, che ha condotto ad un nuovo elaborato relativo all’edificio che oggi vediamo.
Le modifiche prevedevano la soppressione del mercato all’ingrosso dei prodotti ittici, su via Michele Rosa, la creazione di ampi magazzini sotto il settore dedicato alla vendita del pesce al minuto, la realizzazione di altre due strade, oltre le esistenti, in modo tale da potere essere più facilmente agibile dal pubblico, ed all’approvvigionamento delle merci.
I lavori di costruzione furono affidati, tramite gara d’appalto, all’impresa Marino Silvestroni e Fratelli con sede in S. Pancrazio di Russi.

IL RAPPORTO CON IL CONTESTO STORICO
L’area ex S. Francesco dal dopoguerra in poi si poteva considerare come una sorta di buco nero nonostante la vicinanza al capolavoro di Leon Battista Alberti, al pari ad oggi della sua parte prospiciente la Via Dante ed il Palazzo Lettimi Maschi. Per comprenderlo oggi, riporteremo l’intervento di un lettore anonimo che nella rubrica “la voce dei lettori” del Resto del Carlino, 5 luglio 1960, sotto al titolo ironico “Campo sportivo «Tempio Malatestiano»”, così si rammaricava: “Si è molto parlato, scritto e letto, della esistenza di un campo sportivo in pieno centro cittadino, di fianco al glorioso Tempio Malatestiano, gloria della nostra architettura rinascimentale. A più riprese è stata suggerita la soppressione dello sconcio o perlomeno il suo occultamento mediante palizzate di legno e cartelloni artistici pubblicitari (in mancanza di meglio). Purtroppo, però, le proteste pubbliche non hanno finora servito a niente. Ce ne dispiace per la sensibilità artistica della nostra città e per la insensibilità di coloro che non vi provvedono”.

In una lettera indirizzata al Sindaco del 26 ottobre 1964, mittente gli Istituti Culturali del Comune di Rimini, a firma del direttore Mario Zuffa (un breve profilo), avente per oggetto “Lavori per il Mercato – Problemi monumentali”, si dichiarava:
“Per la seconda volta il Sig. Silvestroni della Ditta Marino Silvestroni e Fratelli di San Pancrazio di Russi ed il Geom. Bernucci dell’Ufficio Tecnico Comunale mi hanno interpellato su alcuni gravi problemi monumentali connessi con la costruzione del nuovo Mercato Ortofrutticolo sull’area dell’ex Convento di s. Francesco, chiedendo la mia collaborazione.
Con mio grande stupore ho appreso che le strutture del nuovo edificio vanno a cadere:
1) su aree occupate da pesanti materiali lapidei (cippo miliare di S. Vito, epigrafi romane e medievali, resti architettonici c. s.) tanto sul lato dell’ex cortile del distrutto museo, quanto sul lato dell’ex chiostro del Duomo.
2) Sui resti qui ricostruiti nel dopoguerra della Porta Montanara (di età repubblicana romana!) inconsideratamente rimossi dalla loro naturale sede di Via Garibaldi.
3) sui resti monumentali dell’ex convento di S. Francesco comprendenti, in situ, porte e finestre ornate, di stile gotico ed un grande affresco rappresentante il Cenacolo (attribuito a Bartolomeo Coda, pittore del sec. XVI) che faceva parte dell’antico refettorio dei frati.
Si tratta, come ognun vede, di un complesso di cose mobili ed immobili con le quali si sarebbero dovuti fare conti tempestivi in sede di convenzione tra Curia Vescovile e Comune o, almeno, in sede di progettazione del Mercato.
Non è mio compito qui esprimere un giudizio sulla opportunità di costruire in quella sede un grande manufatto di carattere commerciale che aggraverà sensibilmente la situazione caotica del traffico nel centro cittadino (per non parlare della poco opportuna collocazione accanto ad uno dei più famosi monumenti del mondo). Questi ed altri rilievi furono già da me prospettati tempestivamente in una lunga relazione alla S. V. che non si ritenne di prendere in considerazione.
Ciò che occorreva fare, se si voleva arrivare celermente alla costruzione di quanto si desiderava realizzare, era di preventivare tra le spese anche quelle per:
1) strappo dell’affresco del Cenacolo, da eseguirsi d’accordo con la Soprintendenza alle Gallerie e la Curia.
2) il distacco ed il montaggio in altra sede di elementi architettonici gotici, da concordare con la Soprintendenza ai monumenti.
3) lo smontaggio ed il rimontaggio in altra sede del vetusto fornice di Porta Montanara, da eseguirsi d’accordo con la Soprintendenza alle Antichità.
Ciò che non si fece allora va fatto ora e, quindi, ritengo si debbano subito prendere i necessari accordi con le Soprintendenze interessate.
Pregherei, peraltro, di non voler riversare sulle mie povere spalle anche questa incombenza che può benissimo essere assolta dal personale della Segreteria e dai Tecnici dell’Ufficio Tecnico nelle rispettive competenze.
Con vivo ossequio.”

Affresco “Ultima cena” realizzato nel 1515-1550, di Bartolomeo Coda, strappato e scampato all’incuria, ora al Museo di Rimini; visione complessiva. Notizie ed immagine qui.

Ciò era accaduto perché all’Amministrazione serviva un’ulteriore porzione di terreno verso il Duomo di cui si riportano gli estremi della pattuizione in una lettera del Capitolo della Cattedrale del 26 agosto, nella quale si precisava anche: “i nuovi confini tagliano in due l’Arco di Porta Montanara, un affresco cinquecentesco, tutelato dalla Soprintendenza ai Monumenti impongono la rimozione dei reperti archeologici, di lapidi…”.
Ma c’è dell’altro. Il 30 settembre 1964 i consiglieri comunali Mario Macina e Lombardi Benito pongono un’interrogazione al Sindaco e all’Assessore alla P.I. “per conoscere quali provvedimenti abbiano preso per tutelare il patrimonio storico ed artistico presente in detta zona”. E proseguono: “I sottoscritti si sentono inoltre in obbligo di segnalare come da parte di più studiosi sostenuta come molto probabile, nell’area del S. Francesco, la presenza di resti archeologici dell’epoca romana e particolarmente di una pavimentazione a mosaico; ipotesi questa che sembra convalidata da limitate opere di scavo eseguite in loco alcuni anni fa.
Per l’importanza che in una città turistica come la nostra riveste la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico ed artistico oltre che per la sua rilevanza culturale, i sottoscritti invitano il Sindaco e l’Assessore alla P.I. a mettere in atto i più opportuni provvedimenti”.
Un intervento lucido di persone illuminate che già allora avevano avuto grande lungimiranza e senso pratico. Ricordiamoci di questo capitolo, perché prossimamente sarà utile.
Come la storia ci insegna, la scarsa considerazione da parte delle istituzioni cittadine per i nostri beni culturali, viene da lontano e si perpetua per tradizione.

3-Continua

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