Rimini al voto: per uscire dallo stallo nel Pd si pensa al magistrato Daniele Paci

Rimini al voto: per uscire dallo stallo nel Pd si pensa al magistrato Daniele Paci

Per ora è solo una carta, forse l'asso, del piano B. Un obiettivo al quale alcuni lavorano per uscire dal vicolo cieco nel quale il partito democratico si è andato a infilare con le candidature di Emma Petitti e Jamil Sadegholvaad. Non si sa cosa possa rispondere il diretto interessato. Che in gioventù entrò, per un breve periodo, in consiglio comunale col Pci.

Che nel Pd di Rimini (per la verità non va meglio a Bologna) non sappiano come uscire dalla spaccatura creatasi con le candidature di Emma Petitti e Jamil Sadegholvaad è un’evidenza che assume, ogni giorno che passa, contorni sempre più problematici. La querelle è finita in un vicolo cieco. Ci proverà anche il segretario regionale del Pd, Paolo Calvano, a riportare la pace, ma i pozzi sono stati in buona parte già avvelenati. Troppo profonda la divisione interna. Troppo accese le tifoserie. Avanti di questo passo, sempre a condizione che nel fronte del centrodestra riesca ad uscire dal cilindro un nome in grado di fare la differenza, il centrosinistra rischia grosso.
Ecco perché, sempre all’interno del Pd, c’è chi sta seriamente sondando la carta Daniele Paci. Il magistrato che, mediaticamente parlando, ha legato la propria notorietà al caso della “banda della Uno bianca”, come sottolineava il Comune di Rimini nell’assegnare a Paci il Sigismondo d’oro nel 2014, ha 61 anni ed in consiglio comunale a Rimini ci è già entrato. Era il 1980, fu eletto col Pci, quando sindaco per la seconda volta era Zeno Zaffagnini. Aveva appena 21 anni e in consiglio comunale ci rimase davvero poco. La ragione la spiega lui stesso in un breve video pubblicato dai civici di Sarà, la formazione che si prepara alle elezioni comunali e che è nata anche dal coinvolgimento di Moreno Maresi (altro nome di cui si continua a parlare per la candidatura a sindaco): «Ho deciso di fare il magistrato nel 1982, quando Cosa Nostra uccise Pio La Torre e qualche mese dopo il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. In quel momento mi iscrissi a giurisprudenza e mi dimisi dal consiglio comunale di Rimini». Nella sua carriera di magistrato ha lavorato a Rimini, Pesaro, Palermo, Caltanissetta, e attualmente si trova alla direzione distrettuale antimafia presso la Procura di Ancona.
Non è per nulla detto, ovviamente, che il magistrato sia interessato a fare il sindaco di Rimini. Di certo però c’è chi a Rimini pensa a lui con un occhio anche politico. Lo scorso ottobre è intervenuto al convegno “I falsi misteri d’Italia e il caso della Uno Bianca. 25 anni dopo gli arresti”, e Andrea Gnassi lo definì «un grande italiano». Da ultimo ci mette la faccia per tratteggiate «la Rimini che vorrei», insieme a diversi altri riminesi, nella iniziativa di Sarà, e qui Daniele Paci esprime valutazioni «forti».
Dice: «Vorrei una Rimini verde», con riferimento ai temi della sostenibilità ambientale, «azzurra», e qui si parla del mare, «ma anche più trasparente, che non accetta zone grigie e compromessi fra economia lecita e illecita».
«Rimini trasparente», prosegue, «significa non tollerare professionisti che trattano affari e costituzioni di società con uomini dei boss e accettano di far firmare gli atti a delle teste di legno. Significa non accettare quegli imprenditori che trattano con gli uomini dei boss e dicono di non averlo saputo. Significa fare di tutto per far rispettare la legge. Rimini trasparente aiuterà lo sviluppo di questa città, attirando capitali leciti e allontanando quelli sporchi».
Parole che hanno subito catturato l’attenzione dell’ex assessore ai lavori pubblici del Comune di Rimini, Roberto Biagini, che coglie la palla al balzo: «Io quella Rimini poco trasparente che il Dott. Daniele Paci giustamente stigmatizza, almeno per quanto parzialmente me l’avevano riportata nel mio ruolo di assessore, l’ho attenzionata alla Procura della Repubblica nell’agosto del 2015. La Guardia di Finanza ha svolto una accurata indagine (100 pagine di notizie di reato, migliaia di intercettazioni telefoniche ed ambientali) e il 16 di marzo saranno a giudizio 18 persone. Al dibattinento ci saranno “facilitatori” venuti da Modena, liberi professionisti, dipendenti comunali ecc… Per il sindaco Gnassi le mie erano solo “illazioni facilmente confutabili”. Per il PD si trattava solo di una mia trama vendicativa. Siamo messi così e il convento passa quello. Forse capiterà l’occasione di scambiare qualche parola con il Dott. Paci in proposito. Sarebbe per me molto interessante».
E’ però assai difficile che, ammesso possa mai accettare la candidatura, Paci si renda disponibile al tritacarne delle primarie. Ma le primarie sono l’ultima ratio, l’amaro calice che anche il Pd vuole ad ogni costo evitare di ingurgitare per non lasciare troppi «caduti» sul campo di battaglia.
Il magistrato potrebbe però mettere d’accordo sia Melucci che Gnassi, pur sapendo entrambi che con Paci sindaco ci sarebbe poco margine per tutti per scorrazzare nel campo di gioco di Palazzo Garampi.

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