Vicino ai cent'anni, lo studioso a lungo collaboratore di Silvio Ceccato è mancato ieri sera. Lascia una considerevole eredità intellettuale a cui si spera Rimini non intenderà rinunciare.
Ieri sera è venuto a mancare Pino Parini, artista, uomo di scienza e soprattutto, persona buona.
Nato a Brisighella nel 1924, Parini viveva con l’occhio disilluso dello studioso di lungo corso, ma sempre in cerca, come un rabdomante, della fonte che potesse risolvere l’eterno dilemma del perché dell’esistenza. Questo, ben sapendo che una soluzione forse non ci sarebbe stata. Come alcuni sport molto pericolosi, ai limiti delle possibilità umane, era definibile come uno “studioso estremo”, un entomologo con il microscopio sempre fisso sull’insetto più ostico da inquadrare, esaminare e se possibile, classificare: il Pensiero.
Il proprio lo condivideva con assoluta generosità, senza avere la pretesa di imporlo, sempre disposto a rivedere le proprie posizioni e metterle costantemente in gioco e in dubbio. Anzi, si può dire che avesse assunto il concetto cartesiano del “dubbio quale unica certezza”. Per pochi mesi è stato mio insegnante di educazione artistica quando avevo 12 anni. L’ho scoperto per un inaspettato guizzo di memoria e quasi per caso, solo nell’agosto del 2022. Ri-conoscerlo, ascoltarlo e frequentare la sua casa è stato un privilegio e un onore. Parini era una persona di delicata cortesia e di grande sensibilità che peraltro trasparivano da occhi azzurri sempre attenti, in costante connessione con meningi instancabili. Un vero Stachanov dell’ideazione con uno spiccato senso dell’umorismo e dell’ironia. Le sue pubblicazioni, gli studi approfonditi, le conferenze, l’appassionata adesione al mondo cibernetico del filosofo musicista e linguista Silvio Ceccato (1914 – 1997) e le sue opere pittoriche, rappresentano una considerevole eredità intellettuale a cui si spera Rimini non intenderà rinunciare. Voglio ricordare e condividere qualche frase che in qualche occasione ho trascritto dopo gli incontri avuti con lui che definirei “uomo tutto da ascoltare”.
Pino Parini al lavoro nel suo studio.
«Con fatica, ma leggo otto ore al giorno. Il mio tempo lo passo leggendo. E finalmente mi sono sganciato da tutti i presupposti che sono più dogmatici e amo tutti i libri e tutte le religioni purché pensando che non siano assolute. Tutto è poesia, se si vuole vedere la poesia nel senso un po’ oscuro dell’esistenza».
«I pensieri più validi sono quelli che hanno le contraddizioni interne. Perché la contraddizione dimostra che qualcosa non l’ho capìta ed è la pista per andare avanti. Quando mi sono staccato dalla religione, in senso deciso, mentre adesso invece ho acquisito una simpatia per tutte le religioni per quel tanto che sono metafore, è perché sui 14 anni il prete mi diceva di non leggere i libri proibiti. Così ho capito che i libri proibiti erano quelli da leggere sùbito, non soltanto quelli contro le religioni, ma contro le religioni ideologiche».
«Qui in questa stanza c’è un gran casino. Come vedi, l’ordine e il disordine coincidono. Distruggendo un ordine, dal disordine nasce un ordine diverso. Non bisogna mai illudersi che l’ordine sia definitivo, sennò uno si frega. E difatti il “Gruppo V” era nato con la catena operativa dell’ordine del disordine. Ed era un’intuitiva analisi delle categorie fondamentali della creatività. Il pericolo è pensare che la creatività sia creativa, nel senso che nasce dal nulla. È la proiezione più perversa di ogni religione. Dal nulla non nasce niente. Nasce solo da una relazione e in Kant […]».
Una delle numerose opere pittoriche di Parini.
«La fine di Dio è la fine di una interpretazione antropologica di Dio. La prospettiva centrale che tanto è importante nell’arte, è una visione umana del cosmo. Le cose non è che si rimpiccioliscono di per sé, come le abbiamo noi nella prospettiva. Dio non vedrebbe le cose in prospettiva. Essendo dappertutto, nel concetto teologico di Dio, tutte le cose sono uguali in altezza e tutte sono presenti nello stesso posto, nello stesso momento. Ma questa è una costruzione logica mentale che spiegherebbe in maniera abbastanza convincente la teologia, ma è una costruzione umana. Quello che dico è pericoloso perché se uno non sta bene attento, può essere preso come la pretesa di avere risolto il problema. Che invece è sempre aperto. Non dobbiamo rimanere ingabbiati. Se non avessi lavorato tanto su Kant, superandolo… però quando studiavo Kant non capivo che anche lui era pericoloso. E Ceccato è rimasto fregato da Kant nel pretendere di avere un appoggio per stare sicuri nel pensiero».
Il robottino didattico di Parini.
«Alla mia età c’è tutto il tempo che uno vuole per pentirsi di essere nato. Un’altra volta non ci sto più.
Ho dovuto cambiare, come i calzini, mille volte la mia religione. Chi me lo ha fatto fare?
Io vivo alle foci della mia esistenza sullo sfondo del gran nulla. Questo è il mio senso dell’eternità.
Però, quando leggerai i libri del fisico Carlo Rovelli e di altri, il nulla è la sostanza del cosmo prima del “big bang”, prima della divisione della materia con l’energia oscura. Prima di tutto c’era il nulla, come campo delle fluttuazioni».
Ho messo in grassetto la frase che ripeteva spesso e che mi ha sempre colpito per la struggente ermeticità. Il prossimo 25 gennaio, Pino Parini avrebbe compiuto 100 anni. Siamo nati nello stesso giorno.
Alzerò un calice alla memoria di un grande uomo.
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