Togliete il bavaglio al consiglio comunale di Rimini

Togliete il bavaglio al consiglio comunale di Rimini

Le ultime due sedute del consiglio comunale di Rimini non sono state trasmesse in video. In nome della par condicio si oscura una fonte preziosa di conoscenza dell'attività della pubblica amministrazione e di partecipazione dei cittadini. In compenso, nonostante la legge preveda che in periodo elettorale la comunicazione dei Comuni deve essere limitata a "quella effettuata in forma impersonale ed indispensabile per l’efficace svolgimento delle proprie funzioni", Santarcangelo mette online uno "spot" dal chiaro sapore elettorale che incensa le mirabilia della giunta Parma.

Palazzo Garampi non risponde. Il 29 marzo abbiamo pubblicato l’articolo dal titolo Oscurato lo streaming del consiglio comunale di Rimini, ma la “par condicio” non lo prevede. Senza ricevere smentite o constatare un cambio di marcia, cioè la ripresa delle trasmissioni online delle sedute. Nulla. Tutto tace. La questione è semplice ma anche molto importante. La riepiloghiamo brevemente. Dal 25 marzo va osservata la legge sulla “par condicio”: “E’ fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione, ad eccezione di quella effettuata in forma impersonale ed indispensabile per l’efficace svolgimento delle proprie funzioni”. Secondo l’amministrazione comunale di Rimini una conseguenza della applicazione di questa normativa, che scatta nel momento in cui vengono convocati i comizi elettorali e prosegue fino alla chiusura delle operazioni di voto, sarebbe anche il divieto di mandare in onda il consiglio comunale, che solitamente può essere seguito da chiunque (in diretta e nei giorni successivi) sul “magnetofono“.

Ma l’Agcom al riguardo si è espressa molto chiaramente: “Alla luce del vigente dettato normativo – articolo 9 della legge 22 febbraio 2000, n. 288 e legge 7 giugno 2000, n. 1509 – e, secondo la prassi interpretativa dell’Autorità, la trasmissione integrale delle sedute dell’organo consiliare delle amministrazioni locali non rientra, in via generale, nella fattispecie della comunicazione istituzionale e, pertanto, può essere diffusa“. Rimini 2.0 ha sentito al riguardo il Corecom regionale, che ha confermato l’indirizzo assunto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni: “A tutti coloro che ci hanno interpellati per sapere se potevano mandare in onda lo streaming del consiglio comunale in periodo elettorale abbiamo sempre risposto di sì, allegando il relativo parere di Agcom”.

Ma il Comune di Rimini a quale autorità obbedisce? Il suo comportamento risulta ancora più inspiegabile se confrontato con altre amministrazioni locali. Nel precedente articolo abbiamo citato i casi di Venezia, Livorno, San Giovanni in Persiceto, Gravina, Marino e quello della assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna, che lo streaming continuano a trasmetterlo. In provincia di Rimini fanno la stessa cosa Cattolica, Misano, Santarcangelo (che non ha mandato in onda la seduta del 4 aprile perché all’ordine del giorno c’era l’approvazione del Regolamento del Consiglio delle Ragazze e dei Ragazzi, ed erano presenti dei minori). E poi Bologna, Imola, Forlì, Cesena, Ravenna, Pesaro, per limitarci alle realtà più vicine.

Sono già due i consigli comunali “silenziati” a Rimini, quello del 26 marzo e del 4 aprile. Il 27 marzo abbiamo inviato una mail anche al segretario generale del Comune, l’avvocato Luca Uguccioni, per segnalargli il problema e fargli notare che, a nostro parere (col supporto del Corecom), “l’attività dei consigli comunali non rientra nell’ambito di applicazione del divieto di comunicazione istituzionale, né la trasmissione integrale delle sedute dei consigli comunali”. Ma chiedendo a lui di dirimere i dubbi. Ad oggi non abbiamo ricevuto nessuna risposta.

A proposito di comunicazione “effettuata in forma impersonale ed indispensabile per l’efficace svolgimento delle proprie funzioni” c’è invece un caso interessante. L’amministrazione comunale di Santarcangelo nella sezione video il 28 marzo ha pubblicato  “5 anni in 5 minuti”. Il titolo lascia pochi dubbi, ma la visione del “prodotto” toglie anche quei pochi. E’ uno spottone elettorale sui cinque anni di giunta Parma. Dura più di 4 minuti e la sindaca compare in foto una cinquantina di volte, e poi anche in voce (in consiglio comunale, in programmi radio e altro). E’ prodotto dal Comune di Santarcangelo, come si legge nei titoli di coda, seguono i nomi del sindaco e degli assessori, il video è stato “realizzato dai servizi di comunicazione” istituzionale, pagati da tutti i cittadini clementini. Cioè dall’ente pubblico, ma ad esclusivo beneficio della giunta uscente. Che evidentemente l’ha considerata comunicazione impersonale e indispensabile per l’efficace svolgimento delle proprie funzioni.

Chi controlla? Chi fa l’arbitro? Chi deve esprimersi per dire se è corretto che il Comune di Rimini non mandi in onda il consiglio comunale in nome della “par condicio”, togliendo ai cittadini la possibilità di seguire in streaming l’attività dell’organo di governo del Comune (insieme alla giunta e al sindaco), che ha “la funzione di rappresentanza democratica della Comunità“, “è diretta espressione della Comunità, ha potestà statutaria e regolamentare, esplica le sue funzioni nell’interesse della cittadinanza, per mezzo di atti fondamentali; è organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo con competenze per atti fondamentali previsti dal T.U.E.L. e dallo Statuto; ha funzioni di verifica sulla attività dei soggetti destinatari dei suoi indirizzi“, come recita lo statuto comunale (art. 4 e 5)? Chi deve valutare se il Comune di Santarcangelo rispetti invece la stessa legge quando fa realizzare dalla struttura di comunicazione istituzionale un video che esce a due mesi dal voto, che riguarda gli ultimi cinque anni, e coi riflettori accesi solo sulla giunta uscente e con un taglio da “mulino bianco” della buona amministrazione?

Quanto è importante la pubblicazione online delle sedute del consiglio comunale lo attesta un esempio di stringente attualità. Nell’ultimo consiglio comunale c’erano all’ordine del giorno temi di notevole interesse e sono state presentate alcune interrogazioni significative, ma la stessa cosa accade più o meno in tutte le sedute. Solo Rimini 2.0 ha riferito in prima battuta delle dichiarazioni dell’assessore alla sicurezza sul trasferimento della nuova questura (riprese oggi anche dal Carlino), talmente meritevoli di attenzione da essere oggetto di un comunicato stampa di tutte le sigle sindacali di polizia. La nostra è stata la sola testata giornalistica a seguire parte di quel consiglio comunale. Il resoconto di palazzo Garampi per la stampa si è limitato a riferire sulla approvazione dell’atto di transizione dell’area Ghigi e poco altro. Chi sarebbe venuto a conoscenza delle dichiarazioni dell’assessore se ad ascoltarlo non ci fosse stato Rimini 2.0? Non essendoci la diretta, l’unica possibilità per assistere ai lavori è quella di essere fisicamente presenti nell’aula. Chi può permetterselo? Chi lo considera un servizio all’informazione? I giornalisti della carta stampata a quell’ora (la seduta è cominciata alle 19.20 circa) molto difficilmente riescono ad abbandonare la redazione. E non è agevole nemmeno per un cittadino lasciare gli impegni per fiondarsi in consiglio. Diversamente, una volta messo online, il consiglio comunale diventa patrimonio di tutti, è sufficiente uno smartphone o un pc per andare alla fonte. Appello al presidente del consiglio comunale, al segretario, al sindaco, a tutto il consiglio comunale: riprendete lo streaming. Pubblicate subito online gli ultimi due consigli comunali ai quali è stato messo il bavaglio. Questa è vera par condicio.

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