Unione Prodotto Costa: consulenze, conflitti d’interesse e dipendenti “fantasma”

Unione Prodotto Costa: consulenze, conflitti d’interesse e dipendenti “fantasma”

Scoperchiamo il pentolone delle casseforti del turismo in regione. Partendo dall'associazione che riunisce pubblico e privato e che è nata per concertare le attività di promozione dei comuni della costa, da Comacchio a Cattolica, e le attività di commercializzazione del prodotto turistico. Si scopre fra l'altro che l'attuale assessore regionale al turismo, Andrea Corsini, alla presidenza dell'Upc ha pagato consulenze al suo braccio destro, il coordinatore della stessa Unione.

I salvadanai del turismo in regione sono Apt Servizi e Unione Prodotto Costa. Poi ci sono i club di prodotto, sui quali cade da anni un’altra pioggia di denaro pubblico. Ad andarci a vedere dentro (lo faremo in tre puntate) si scoprono cose da non credere. Sia per la quantità e la modalità dei soldi distribuiti e sia per come, in alcuni casi, vengono spesi. Sia chiaro: su Apt e Upc si regge tutta la promo-commercializzazione sul mercato italiano e su quello estero e sono tante le professionalità qualificate che all’interno di queste realtà hanno contribuito allo sviluppo del sistema turistico che si estende su 110 chilometri di costa. Ma non sono poche nemmeno le storture.

Cominciamo dall’Unione. E’ forse l’organismo per eccellenza che esprime la governance pubblico-privato in ambito turistico da Comacchio a Cattolica. E privato e pubblico vanno d’amore e d’accordo. Forse troppo. Nessuno osa criticare, anche se di motivi ce ne sarebbero. Il presidente dell’Upc è espressione dei soci pubblici e il coordinatore dei privati.
L’Unione Prodotto Costa in un anno gestisce oltre 2 milioni di euro. Spende soprattutto denaro pubblico ma lo fa con lo strumento dell’associazione senza scopo di lucro (art. 1 dello statuto). Non sa cosa sia la trasparenza. Non applica, proprio perché associazione, il decreto legislativo n. 33 entrato in vigore due anni fa. Sul proprio sito non si trovano né gli organi amministrativi, né i curriculum dei loro componenti, e men che meno gli atti deliberativi, i bilanci, le informazioni sul personale, le gare e l’elenco degli incarichi. E quindi è oggettivamente impossibile sapere come spende le risorse, per tre quarti pubbliche, di cui dispone.

Riunisce una novantina di soci privati più i comuni della costa e le quattro province. La Regione Emilia Romagna sgancia 1 milione di euro l’anno, i Comuni maggiori (Riccione, Rimini, Cesenatico, Cervia, Ravenna, Comacchio) versano 53 mila euro (invece Cattolica e Misano insieme raggiungono la stessa quota e lo stesso dicasi per Bellaria, Gatteo a mare e San Mauro) così come le Province, ma il loro contributo è destinato a venir meno visto che sono state abolite. I soci privati iniettano 530 euro ciascuno l’anno. Sono le stesse cifre dai tempi della lira, quando gli enti pubblici contribuivano con 100 milioni e i privati con 1 milione.
Le Unioni Prodotto sono quattro e tutte insieme assorbono 2 milioni e 152 mila euro di risorse regionali l’anno. La parte del leone la fa la costa visto che appennino, terme e città d’arte insieme si spartiscono poco più di un milione di euro.

Upc è figlia della legge regionale 7 del 1998, così come le altre tre sorelle. Il neoassessore regionale al turismo, Andrea Corsini (a destra nella foto di Giorgio Salvatori, insieme al neopresidente dell’Upc, Enzo Ceccarelli, e Andrea Giuliacci in occasione della presentazione degli spot televisivi per la riviera romagnola), sta lavorando alla revisione di questa normativa, e avendo fatto per molti anni il presidente dell’Upc sa bene quanto sia urgente metterci mano. Durante il suo mandato (terminato a fine dello scorso dicembre e il 13 marzo il suo posto l’ha preso il sindaco di Bellaria, Enzo Ceccarelli) ha avuto come coordinatore dell’Unione, dunque il suo più stretto collaboratore, Antonio Carasso, ancora saldamente in sella. Il quale è titolare di una società di consulenza e fra i suoi “clienti” chi c’è? Ebbene si, l’Upc. “Ho fatto qualche fattura all’Unione Prodotto Costa per progetti che ho seguito con la mia società di consulenza”, ammette Carasso. Per quali importi? “Nell’ottica di 18 mila euro l’anno”. Ma adesso che la pentola è stata scoperchiata si spera sia la stessa Upc a rendere di dominio pubblico i motivi dell’incarico e le somme per consulenze destinate fino ad oggi al coordinatore. A conferirgli l’incarico e a liquidargli le fatture in passato è stato Corsini, evidentemente senza intravedere nessun conflitto d’interesse. E anche da lui ci si attende qualche chiarimento. Gli incarichi e le spese vengono decisi e approvati dall’Ufficio di presidenza dell’Upc, e nel caso degli incarichi alla società di Carasso, dell’Ufficio facevano parte Corsini, lo stesso Carasso e il responsabile amministrativo. Qui siamo praticamente al coordinatore che incarica se stesso e lo fa insieme all’ex presidente Corsini in veste di rappresentante legale dell’Unione.
Va detto che Corsini all’Upc ha rinunciato al proprio compenso. All’epoca era anche assessore al Comune di Ravenna e ha pensato bene di non gravare sull’Unione. Carasso è coordinatore dell’Unione di Costa dal 2006 e fino a circa il 2010 ha percepito una indennità di 1500 euro netti al mese. Poi è arrivato il “decreto Tremonti” e con esso non è stato più possibile distribuire indennità nemmeno all’Upc. Ma a quanto pare sono state trovate altre strade: 1.500 per 12 fa proprio 18.000.

C’è poi il capitolo personale. Sulla carta l’Upc non ha dipendenti. Se si prende in mano un bilancio la voce “personale” non esiste. Fantasmi? In carne ed ossa, però, visto che è arrivata ad avere fino a sei addetti. Quella dei non dipendenti fu una scelta sin dalle origini (dai tempi cioè del presidente Ciocca), all’insegna della “leggerezza”, cioè per non appesantire i costi gestionali. Invece di chili ne ha presi. Tre dipendenti e mezzo li mette Gesturist e l’Unione paga profumatamente: 300 mila euro l’anno fino al 2014 e fino al 2013 sempre senza uno straccio di bando. Poi su Gesturist si è abbattuto il terremoto dell’inchiesta giudiziaria che ha preso le mosse da un esposto dei grillini: riguarda la scissione della società e i sei indagati sono stati rinviati a giudizio. Fra questi anche Terzo Martinetti (ex direttore generale, procuratore speciale, consigliere e amministratore delegato di Gesturist) e il presidente di Gesturist dal 2011, Stefano Grandi. Il danno ipotizzato per il Comune di Cesenatico supera i 4 milioni di euro. Fra i capi d’imputazione contestati ci sono il falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, l’abuso d’ufficio, il falso materiale e la truffa in concorso. Magari verranno tutti assolti, ma ad oggi questo è lo stato dell’arte.

Nel 2014 l’Upc ha realizzato una indagine di mercato per la selezione di un fornitore di servizi al quale si è presentato solo un concorrente, Gesturist Cesenatico spa, che se lo è aggiudicato per 260 mila euro l’anno (248 mila più Iva). I servizi sono quelli che Gesturist svolge da tempo per l’Upc (gestione atti societari, contabile, adempimenti fiscali, gestione amministratori, dipendenti e collaboratori, servizi tecnici relativi alla promozione e alla commercializzazione, in particolare sul web). Il responsabile del procedimento nella gara di cui sopra per conto dell’Upc era una dipendente di Gesturist.
Gesturist figura anche fra i soci privati (questo elenco invece si trova sul sito dell’Upc) dell’Upc. Lo stesso Terzo Martinetti, attualmente socio di Gesturist Cesenatico spa, è socio di Upc in rappresentanza di “Camping & Natura” e della società “Zadina”, oltre che di Gesturist. Di fatto, pur volendo sorvolare sui rinvii a giudizio, che comunque sono un fatto, un socio dell’Unione Prodotto Costa è anche il gestore di un servizio importante e delicato della stessa Unione qual è quello amministrativo e contabile, e l’affidamento scadrà a fine 2018.

L’Upc ha dipendenti di serie A e di serie B. Da una parte, come abbiamo visto, i tre e mezzo in quota Gesturist (oltre ai 3 a tempo pieno ce n’è anche un quarto che solo in parte lavora per l’Unione, occupandosi dell’inserimento dei dati contabili ma operando all’esterno degli uffici di viale Roma) dall’altra, almeno fino a gennaio (ora pare scenderanno a due) l’Unione aveva anche tre figure interne, ma con contratti di collaborazione a progetto, rinnovati di anno in anno ma pur sempre lavoratori precari. Non è paradossale che la precarietà venga praticata all’interno di un organismo che vede coinvolti Regione, Comuni e Province? Dal 2014 i co.co.pro. si sono anche visti tagliare il “compenso” del 20% a seguito della sforbiciata data dal presidente Corsini a fornitori e collaboratori.
La convenzione con Gesturist prevede “l’obbligo di assumere almeno quattro addetti a tempo indeterminato” e “almeno tre addetti stagionali su richiesta dell’Unione”. Degli addetti stagionali l’Upc non ha evidentemente mai avuto necessità, visto che non sono mai stati assunti. Ma il compenso per Gesturist è rimasto lo stesso.

Infine il filone consulenze e fornitori: chi sono? Come vengono scelti? Non c’è nulla di consultabile pubblicamente. Di certo bandi di gara per la scelta di consulenti e fornitori l’Upc non ne fa, ad accezione di quello che si è aggiudicato Gesturist. Anche per somme che superano i 50 mila euro le gare non si fanno. Il principale consulente di Upc è un tecnico sicuramente preparato e competente, che risponde al nome di Massimo Feruzzi, amministratore unico di JFC con sede a Faenza. Ha un incarico di 54 mila euro l’anno dall’Upc (al quale si aggiungono altre consulenze: ricerche, azioni di verifica, ecc.), che viene automaticamente rinnovato perché, spiega Carasso, “conosce l’Unione da quando è nata, stila il programma promozionale annuale, ha una professionalità unanimemente riconosciuta e per queste ragioni i soci non hanno la minima ragione di sostituirlo”. Feruzzi è anche consulente di aziende ed enti in materia di club di prodotto e fra i suoi clienti ha pure alcuni soci dell’Upc.
Nel sistema turistico regionale, che ancora vive nel solco di una governance datata 1998, parto politico dell’ex governatore Vasco Errani, dove il confine fra collaborazione pubblico-privato e consociativismo è assai labile, tutto si tiene. Non si sa bene chi siano i controllati e i controllori. Chi verifica la bontà dei progetti messi in campo e degli investimenti fatti, degli incarichi e delle consulenze. Tanto chi alza il dito per chiederne conto, se fra pubblico e privato c’è un “patto” di non belligeranza?

1-continua

Chiunque avesse qualcosa da precisare o da aggiungere, o ulteriori informazioni (anche in forma anonima) da rendere di dominio pubblico, oppure commenti e considerazioni in merito alle notizie riportate nel servizio, può scrivere a redazione@riminiduepuntozero.it.

COMMENTI

DISQUS: 0