Vetrine chiuse: riflessioni sui “riflessi”

Vetrine chiuse: riflessioni sui “riflessi”

Nel dibattito sull’importanza nei centri urbani di un diffuso e radicato sistema commerciale fatto di botteghe e negozi, si dimentica l’aspetto urbanistico. Si può fare molto per invertire l’attuale declino.

di Mauro Ioli*

Dall’interessante dibattito cittadino e pure ben più ampio, relativo all’importanza nei centri urbani di un diffuso e radicato sistema commerciale fatto di botteghe e negozi, si dimentica l’aspetto urbanistico che è spesso demandato a fredde e colorate cartografie, poco comprensibili a chi non fa parte della schiera degli addetti ai lavori.
In altre parole, la critica alle mega strutture commerciali che hanno sottratto a gran parte dei centri cittadini l’attrattività e l’interesse di un tempo, la si fa puntando soprattutto sugli aspetti di carattere economico, reddituale e mercantile. Tralasciando invece l’aspetto urbanistico, appunto, ovvero la fitta rete di rapporti sociali che ruota attorno alle botteghe e ai negozi cittadini, e che fa di questi servizi un essenziale connotato della qualità della vita nelle nostre città. Né va sottovalutato, perché di evidente attualità, l’aspetto che riguarda il controllo quotidiano degli spazi pubblici grazie alle attività commerciali poste sul margine delle strade, delle piazze o dei vicoli dei nostri centri urbani.
Del resto è nota la difficoltà di monitorare e di presidiare ambiti urbani “declassati” al ruolo di contenitori di residenze e di uffici, spesso di elevato rango. E’ naturale, invece, farlo attraverso un sistema diffuso e ramificato di botteghe, negozi e piccole attività commerciali che dalla mattina alla sera, attraverso i loro gestori, sono gli occhi attenti e aperti sui luoghi pubblici, molto di più di quanto possano fare i rappresentanti delle forze dell’ordine pubblico in qualsiasi città o paese.

In alcune città più grandi di Rimini é un fenomeno che si è già verificato e che può essere di riferimento per riuscire a farvi fronte in modo adeguato anche dove si sta presentando di recente. In termini più generali si chiama shrinking, cioè svuotamento, oppure shrinkage a significare contrazione, ed ha i connotati che partono dalle serrande abbassate che a loro volta generano realtà urbane caratterizzate da fabbricati e spazi abbandonati, oppure occupati da funzioni che non alimentano rapporti sociali di vicinato e di familiarità con il territorio. Il che produce spesso fenomeni degenerativi sia dal punto di vista immobiliare, sia dal punto di vista della presenza antropica. Nel senso che diminuisce il numero degli abitanti in centri che un tempo erano molto popolati e dove si riscontra un progressivo invecchiamento della popolazione stanziale.

Può valere anche per la città di Rimini, pur nelle sue ridotte dimensioni demografiche e territoriali rispetto ai grandi centri urbani in cui il fenomeno si è verificato da tempo e con effetti ben più evidenti e traumatici. Per esempio a Detroit e Cleveland negli Stati Uniti, a Manchester e Liverpool in Inghilterra ed anche a Torino e Genova.
Sarebbe perciò utile pensare che alle necessarie politiche di riqualificazione degli arredi urbani e di miglioramento della viabilità cittadina, vada abbinata una programmazione di interventi amministrativi e normativi in grado di sostenere il micro tessuto commerciale esistente fatto di negozi e vetrine (riflessi!) affacciati sul suolo pubblico. Spingendo la Politica verso criteri di programmazione in grado di frenare i processi di svuotamento o contrazione dei centri urbani, preludio di un declino di attrattività che può coinvolgere drammaticamente anche la filiera turistica dei luoghi.

La bella mostra fotografica “riflessi e riflessioni, 100 anni di vetrine a Rimini” ci racconta la lunga storia di tante vetrine e botteghe di Rimini, della quale erano la linfa vitale nella quotidianità. Il tempo, la corsa alla modernità e i grandi centri commerciali hanno spento tanti di quei “riflessi” nel centro urbano. E’ perciò saggio aumentare le “riflessioni” per correggere il potenziale declino delle micro attività commerciali e della città in genere.

Per invertire l’attuale declino si può prevedere l’applicazione di buone pratiche di architettura che sono in grado di attivare processi di rigenerazione dal basso, nei contesti problematici e complessi delle periferie di oggi, oppure in settori più contenuti e ridotti dove si individuano spazi vuoti del tessuto urbano.
Ma anche la consapevolezza che matura nelle comunità locali è in grado di mettere un freno ai processi degenerativi che la carenza di adeguate politiche a tutela delle piccole attività commerciali può avere – anche inconsapevolmente – alimentato e nutrito.
In effetti, la maturità delle comunità locali, che si sviluppa con il dialogo e con il coinvolgimento autentico dei vari attori cittadini portatori di legittimi interessi, si misura con la capacità collettiva di opporsi a scelte sbagliate.

*Architetto

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