Canone demaniale Publiphono: il Comune presenta un conto da 30mila euro

Canone demaniale Publiphono: il Comune presenta un conto da 30mila euro

Per modifiche di calcolo introdotte dallo Stato centrale ed applicate da palazzo Garampi, la "voce della spiaggia" rischia di fare le spese di un salasso. E ha deciso di fare causa al Comune.

E’ stata smarrita la ragione. Forse il buonsenso. O la logica. Peccato che per ritrovarli non serva un messaggio diffuso dagli altoparlanti della Publiphono. Anche perché è proprio la “voce della spiaggia” a dover fronteggiare una richiesta irragionevole, tanto da aver deciso di fare causa al Comune di Rimini. Cosa è successo? Anche la Publiphono paga un canone demaniale. Ma se in precedenza si fermava a 1.300 euro, nel 2019 è balzato ad oltre 30mila euro. Uno sproposito.

Il primo paradosso di questa vicenda, ma la stessa cosa è rimbalzata alle cronache quando a sollevare il problema fu Marina Blu (e anche in quel caso c’era di mezzo il pagamento dei canoni relativi alla concessione di chi gestisce la darsena), è che l’amministrazione comunale non incassa nulla sui canoni, e nemmeno ne determina gli importi, essendo tutto in capo allo Stato. Palazzo Garampi si limita a quantificare e a richiedere l’importo, determinato però in base a leggi e a circolari ministeriali. Ma se la Publiphono vuole impugnare il salasso deve portare in tribunale il Comune di Rimini, “l’esattore”.

Nel merito, e andando all’osso di una questione molto tecnica, l’impennata del canone deriva dal fatto che “se in precedenza alla Publiphono veniva calcolato un cavo (ed è per questo che paga il canone, ndr) di 600 metri ora sono diventati 15mila”, spiega l’avvocato Franco Fiorenza che assiste la Publiphono e che ha citato il Comune a comparire dinanzi al Tribunale ordinario di Rimini. E’ cambiato il cavo? L’hanno sostituito con uno a 18 carati? No, la novità consiste solo nel modo di “misurarlo”. “Una circolare ministeriale sostiene infatti che va quantificata la superficie del cavo più 50 centimetri per ogni lato, e questo determina il gigantesco aumento dei metri monetizzati nel canone”. Qui il discorso si farebbe ulteriormente complicato perché comunque si parla di superfici virtuali del famoso cavo.

O troppo o nulla. Lo Stato sembra muoversi fra due poli assai distanti fra loro in materia di canoni demaniali. La via di mezzo pare non esista. Peccato che simili decisioni si abbattano sulle imprese in maniera disastrosa, rischiando di affossarle.
E perché lo Stato ha prodotto questa impennata? “Si richiama ad una circolare della quale però noi contestiamo il fondamento”, risponde l’avvocato Fiorenza. “In questo caso il problema riguarda un singolo, la Publiphono, ma se si allarga l’orizzonte ai porti turistici, ai beni pertinenziali… si comprende bene la gravità della problematica legata ai canoni”.

Alla Publiphono questa doccia gelata provoca amarezza, anzitutto non per una questione di soldi, che pure pesa. Ma perché c’è la piena consapevolezza di svolgere, dagli anni ’50, un servizio pubblico a favore del turismo e quindi della economia del territorio. E lo Stato ti ringrazia in questo modo?

Nel caso di Marina Blu, l’amministrazione comunale salutò con favore l’accoglimento della istanza di sospensione del pagamento dei canoni da parte del tribunale di Rimini (lo scorso maggio). L’assessore Frisoni disse in quella occasione che “pur dovendo formalmente, in virtù delle norme vigenti, posizionarci dalla parte opposta, valutiamo positivamente l’ordinanza del Tribunale di Rimini che sospende la procedura di riscossione coattiva di una somma che causerebbe un grave colpo alla marineria riminese”. Auspicò una soluzione in sede parlamentare, che contribuì a formulare in un dialogo con l’Agenzia delle Entrate ed Anci, finalizzata ad un emendamento alla Finanziaria, che però non approdò a nulla.
Mettere mano ai canoni in maniera organica e ragionevole è diventato più che urgente, il legislatore lo sa bene. Ma rimanda la soluzione. E chi ne fa le spese si trova a pagarne il prezzo.

E adesso? La parola alle carte bollate. L’udienza davanti al Tribunale ordinario di Rimini è fissata per il 25 ottobre. Con una delibera di giunta dell’1 ottobre, l’amministrazione ha deciso di resistere in giudizio ed ha nominato un legale dell’avvocatura civica.

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