Caro monsignor Perego, la retorica sui migranti ha i giorni contati

Caro monsignor Perego, la retorica sui migranti ha i giorni contati

L’Arcivescovo si esibisce a Santarcangelo in quello che è sembrato un comizio pro-immigrazione a pochi giorni dal voto. Ultimi tentativi di dipingere in modo fatato un tema che gli italiani, esasperati e non razzisti, non riescono più a digerire in questa maniera ideologica e forzata.

I tempi di Don Camillo e Peppone sono un ricordo lontano. La Chiesa, quella autentica, avrebbe scomunicato i comunisti, oggi Mons. Perego, arcivescovo di Ferrara e successore di Mons. Negri (che nostalgia), partecipa a convegni assieme all’assessore eletto in Sinistra Unita (Rifondazione Comunista+SEL).
Il tema? Sempre quello. Migranti. Migranti. Migranti. A pochi giorni dal voto, accade di tutto a Santarcangelo. La Parrocchia di don Andrea Turchini ha organizzato un incontro al Supercinema intitolato “Le parole della Chiesa su rifugiati e migranti”. Come ospiti speciali hanno presenziato proprio Mons. Giancarlo Perego, ex direttore della Fondazione Migrantes e Danilo Rinaldi, assessore del Comune di Santarcangelo.



Chiaramente, una persona non si stupisce delle idee di quest’ultimo. Chi sta a “sinistra sinistra”, si sa, la pensa in un certo modo. Ma un arcivescovo, ecco, non dovrebbe confondere e mischiare la misericordia con l’ideologia immigrazionista e il buonismo spicciolo. E infatti, come previsto, ha esordito affermando: “Grazie dell’invito perché cade in un momento, in un tempo di decisione sul piano politico, ma soprattutto di decisione sul piano ecclesiale”. Insomma, pare essere arrivato in soccorso dei parrocchiani spaesati per le elezioni. A seguire, la sua lectio magistralis sull’immigrazione: “In questi ultimi tre anni, dove l’immigrazione si è fermata, checché ne dicano, i dati sono chiari perché gli immigrati stanno andando via dal nostro paese, non stanno arrivando”. Strana concezione di “fermata”, mi sono dato un pizzicotto per rendermi conto che non stavo sognando. Ma non contento, l’Arcivescovo ribadisce: “Tre anni che l’immigrazione è ferma, anche in Emilia Romagna. In tre anni abbiamo perso 54.000 studenti, 2.000 classi, quante ne perderemo nei prossimi anni?” Evidentemente, la preoccupazione fondamentale non è risolvere con misure concrete la grave crisi demografica del nostro paese. Gli italiani non fanno più figli? Invertire la rotta con sgravi fiscali e politiche per incentivare la natalità? Macché, la soluzione è a portata di mano: più immigrati. Poveri noi, come faremo se l’ondata migratoria incontrollata e non gestita degli ultimi anni si fermasse con un governo, che ne so, di centrodestra? Quest’ultima ipotesi sembra impensierire molto i sogni di qualche progressista. 



L’arcivescovo, torna alla carica e continua: “Non c’è accoglienza senza la tutela! E non c’è tutela senza un percorso di cittadinanza che passa dalla residenza alla cittadinanza, una cittadinanza non formale, ma sostanziale che vede dentro di sé anche il diritto di voto”. Peccato che, questo percorso integrativo, venga dimenticato spesso fino ad arrivare ad avallare veri e propri automatismi che con un percorso serio non c’azzeccano un tubo. Come dimenticare le prese di posizione di Perego per sostenere lo Ius Soli? Quando, intervistato da “La Repubblica”, in pieno dibattito politico, proclamava: “La Chiesa è a favore dello Ius Soli. La legge è indispensabile”, aggiungendo che la legge sulla cittadinanza del 1992 sarebbe “inadeguata ai tempi che corrono”. Perego, a cui sfugge il fatto che la legge del 1992 sia equilibrata e di buonsenso proprio per valorizzare la cittadinanza e il percorso che uno straniero deve vivere per ottenerla nel nostro paese, dimentica che non esiste alcuna urgenza di concessione di nuove cittadinanze agli stranieri. L’Italia, infatti, detiene il record nell’Unione Europea di concessioni di nuove cittadinanze agli stranieri: 202.000 solo nel 2016.



L’arringa, nel frattempo, non si ferma più: “Se non ci fossero le 800 mila badanti in termini di cura della persona anziana, noi non saremmo in grado di farlo”. E ancora: “Se noi non avessimo questi nove nuovi lavoratori su dieci in agricoltura che sono i contratti che si fanno oggi per gli immigrati, succederebbe come a Latina dove i kiwi sono marciti sulle piante perché non c’erano lavoratori”. Della serie: “Se non ci fossero i migranti, chi raccoglierebbe i pomodori?” per dirla in modo infelice da radical chic in stile Emma Bonino feat Alessandro Gassmann. 



Il prelato, riferendosi all’articolo apparso su Avvenire, insiste ancora imperterrito: “Avremo bisogno nei prossimi due anni di 120 mila medici, perché non li abbiamo, perché i medici vanno in pensione e due persone su dieci non avranno il medico curante”. E, in odor di campagna elettorale, prosegue: “L’Italia è povera e per uscire dalla povertà non siamo in grado da soli, questa è la ricchezza della migrazione. […] La migrazione è una grande risorsa in ordine a questo per ricostruire la città, perché senza questa presenza noi moriamo, il nostro futuro è la morte. […] La migrazione è una risposta al problema, non è il problema di fronte alla povertà”. Baci perugina alla fiera delle frasi fatte. Per poi concludere pugnalando le nostre radici: “L’integrazione è un processo non univoco, è un processo biunivoco, è uno scambio, è un processo di valorizzazione, è un processo di meticciato”. L’evangelizzazione, invece, è stata sepolta da un pezzo. Tutto è relativo, tutto concorre alla società del multiculturalismo. Se, da cattolico, cerchi di esprimere un giudizio alla luce della fede, non sei inclusivo. Populista, rigido, tradizionale. Ma anche con difetti. Infine, la moderatrice dell’incontro ringrazia la parrocchia per “aver avuto il coraggio di affrontare questo tema in questo periodo”. Tra le righe si può leggere (elettorale). 



Per non parlare delle recenti accuse dell’Arcivescovo a Matteo Salvini, colpevole di aver rimarcato la difesa delle tradizioni e delle radici cristiane di questo paese, portando con sè alla manifestazione della Lega a Milano un rosario regalatogli da un don e giurando di essere fedele alla costituzione rispettando gli insegnamenti del Sacro Vangelo. Perego non ci ha pensato due volte: “Strumentalizza la fede”. Siamo arrivati al paradosso per cui, se un leader politico difende posizioni cattoliche in pubblico, viene demonizzato anche da certi ambienti ecclesiali, mentre gli abortisti, i pro-gender, i sostenitori dei matrimoni/adozioni gay, quelli che chiedono l’eutanasia legale, strizzano l’occhio all’utero in affitto e ad ogni altro abominio scambiato per “progresso”, possono fare tranquillamente campagna elettorale dentro le chiese. Come mai l’Arcivescovo non ha alzato un dito quando Bonino, Renzi e Boldrini lo hanno fatto? Arrivati a questo punto non è poi così tanto un mistero. 
 


Caro Monsignor Perego, la retorica sui migranti ha i giorni contati. Chi non separa i profughi veri dai clandestini, l’immigrazione regolare da quella illegale, scandisce solo parole a suon di slogan per dipingere come una favola ciò che in realtà è una problematica seria che gli italiani e gli immigrati regolari stessi, vivono sulla propria pelle ogni giorno. Piuttosto si preoccupi della sua Ferrara, in balia dello spaccio e della mafia nigeriana, come riportato da L’Espresso. È questo ciò che mi viene in mente quando la sento pronunciare: “senza l’immigrazione noi moriamo, la migrazione è una risposta al problema”. Oltretutto l’esaltazione sfrenata del meticciato, è l’altra faccia della medaglia del razzismo. Se non avessi saputo che è un Arcivescovo, l’avrei potuta confondere per un futuro candidato alle primarie del centrosinistra, poiché il linguaggio è il medesimo. Anche perché, per restare in tema, la rottamazione a Ferrara del resto l’ha già iniziata.

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