Enigmatico e umano: lo schema alla lavagna di don Giussani irrompe come nuovo “segno” stradale a Rimini

Enigmatico e umano: lo schema alla lavagna di don Giussani irrompe come nuovo “segno” stradale a Rimini

Che cosa sono quelle frecce direzionali con sopra una “X”, che campeggiano nella rotonda che porta al Palacongressi? Se lo stanno domandando molti riminesi e ancor più i turisti provenienti dall’autostrada e diretti al mare.

Che cosa sono quelle frecce direzionali con sopra una “X”, che campeggiano nella rotonda che porta al Palacongressi? Se lo stanno domandando molti riminesi e ancor più i turisti provenienti dall’autostrada e diretti al mare, da quando – tra la fine di luglio e l’inizio di agosto – è stato completato un nuovo originale manufatto. Si tratta di una scultura sui generis, commissionata da Marco Ferrini, Antonio Smurro e Sergio De Sio e progettata dall’architetto prof. Marco Benedettini, allo scopo di ricordare una grande figura: don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione di cui è in corso la causa di beatificazione.

L’intenzione è quella di ricordare il sacerdote lombardo non certo in stile formale e celebrativo, bensì in modo da suscitare una domanda, uno stimolo razionale, e proporre la risposta, così come ha sempre fatto “il Giuss” durante la sua vita, incontrando e intessendo legami con intere generazioni di studenti, lavoratori e adulti per annunciare loro Gesù Cristo “presente qui ed ora”.

La scultura, dunque, si è incaricata di un compito ambizioso e non facile: ricostruire uno schema che Giussani era solito tracciare alla lavagna, mentre insegnava al liceo o in università, quando interveniva alle “Scuole di Comunità” (incontri di catechesi che contraddistinguono il metodo educativo da lui stesso ideato) oppure nel corso di conferenze e incontri pubblici in Italia e tanti altri paesi del mondo. Lo schema dell’«enigma come fatto nella traiettoria umana» (si veda la spiegazione analitica nella scheda di approfondimento allegata).

L’invenzione grafica di don Giussani, in estrema sintesi, raffigura i termini del rapporto tra l’uomo e Dio lungo la vicenda umana: nello svolgersi della storia, che procede nel suo corso, gli uomini hanno tentato e tentano di immaginare e di stringere rapporto con il “quid” che la ragione stessa – se correttamente aperta alla realtà e non richiusa nella sua misura – riconosce come il proprio destino; tutti questi tentativi, nobili ma insufficienti, vengono superati dalla discesa stessa della “X” nella storia, cioè dalla compromissione di Dio con l’uomo. In poche parole, è un modo per illustrare a un pubblico vasto l’Incarnazione, cioè il dogma centrale della fede cristiana, mediante una suggestiva immagine logico-razionale, adatta allo stile comunicativo tecnico-scientifico che predomina nella cultura odierna.

Lo schema ha fatto il giro del mondo: tanto per avere un’idea, se ne è parlato anche al Palazzo di vetro, quando nel maggio 1999 venne presentato alle Nazioni Unite il libro All’origine della pretesa cristiana, occasione nella quale alcuni autorevoli rappresentanti di altre culture e religioni apprezzarono – pur dal loro diversissimo punto di vista – la dimostrazione giussaniana «che il cristianesimo rappresenta il supremo esempio dell’entrata di Dio nel regno della storia umana»; «mentre Giussani rimane saldamente ancorato a una teologia cristiana, propone strade innovative per darne ragione» (citazioni del rabbino Neil Gillman e dell’ambasciatore dello Stato islamico dell’Afghanistan Razan A.G. Farhadi tratte da A. Savorana, Vita di don Giussani, Milano 2013, pag. 1052).

C’è appena il bisogno di ricordare un tema già noto alla pubblica opinione locale, e cioè il notevole influsso ed impatto della figura di Luigi Giussani nel territorio e fra la popolazione riminese: fin dagli anni Sessanta sono stati svolti, soprattutto nel capoluogo ma anche in altre località della provincia, innumerevoli convegni annuali (studenti, lavoratori, adulti) del movimento e della Fraternità laicale da lui guidati, tradizione che continua ancora oggi per decine di migliaia di aderenti; già ben quaranta edizioni del Meeting per l’amicizia fra i popoli – iniziativa nata dai seguaci di Giussani – si sono svolte, per molti anni nella zona della vecchia Fiera–attuale Palacongressi, poi nella Fiera nuova, con la partecipazione di centinaia di migliaia di visitatori; fin dal 1962, dall’incontro con il compianto don Giancarlo Ugolini, il metodo educativo di Giussani ha messo saldamente le radici a Rimini e provincia; del resto fu proprio “viaggiando verso Rimini”, nei primissimi anni Cinquanta – discutendo in treno con un gruppo di studenti liceali e scoprendo “la loro enorme, cosmica e spaventosa ignoranza” del cristianesimo – fu così che nel giovane sacerdote ambrosiano nacque l’intuizione che lo portò da quel momento in poi ad impegnarsi a fondo proprio nell’educazione dei giovani; viaggiando verso Rimini nacque in lui «la voglia che la gente capisca», «non il mio parere o quel che dice il mio partito», ma «ciò per cui il cuore è fatto; che la gente capisca un po’ di più il destino per cui è fatta» (A. Savorana, Vita di don Giussani cit., pag. 146-7); quel destino reso graficamente nella “X” che si cala dentro la traiettoria della storia umana, come tutti possono vedere oggi nel monumento.

L’inaugurazione alla presenza delle Autorità civili e religiose è in programma lunedì 19 agosto 2019 alle ore 9 del mattino, al centro della rotatoria fra via Monte Titano, viale Simonini e via della Fiera; rotatoria che – su iniziativa di un comitato di cinque ex sindaci di Rimini – era stata intitolata al nome di Luigi Giussani il 24 agosto 2014.

Il monumento. Il basamento e la parete di circa due metri di altezza sono in pietre d’Istria settecentesca, materiale di recupero dell’antico porto di proprietà comunale.
Sui due lati (mare e monte) sono stati apposti gli elementi dello schema grafico in acciaio cor-ten. Illuminazione e verde di decorazione fanno il resto.
Il progetto è stato autorizzato dalla Soprintendenza alle Belle Arti di Ravenna.
La realizzazione è stata a cura del gruppo dei promotori, che si sono fatti carico di tutti gli oneri.
Il manufatto è stato donato al Comune di Rimini.

L’enigma come fatto nella traiettoria umana

Il pretendere una rivelazione riassume la situazione dello spirito umano nel concepire e realizzare il rapporto col divino secondo un’alternativa che questo schema esprime. La linea orizzontale rappresenta la traiettoria della storia umana sopra la quale incombe la presenza di una X : destino, fato, quid ultimo, mistero, « Dio » . L’umanità, in qualunque momento della sua traiettoria storica, teoricamente o praticamente ha cercato di capire il rapporto che intercorreva tra la propria realtà contingente, il proprio punto effimero e il senso ultimo di esso; ha cercato di immaginare e vivere il nesso tra il proprio effimero e l’eterno. Supponiamo ora che l’enigma della X , l’enigmatica presenza che incombe oltre l’orizzonte, senza della quale la ragione non potrebbe essere ragione, poiché essa è affermazione di significato ultimo, penetrasse nel tessuto della storia, entrasse nel flusso del tempo e dello spazio, e con forza espressiva inimmaginabile si incarnasse in un « Fatto » tra noi. Ma che significa « incarnarsi » , in questa ipotesi? Significa supporre che quella X misteriosa sia diventata un fenomeno, un fatto normale rilevabile nella traiettoria storica e agente su di essa.
Questa supposizione corrisponderebbe alla esigenza della rivelazione. La possibilità che il mistero che fa le cose arrivi a implicarsi nella traiettoria storica, coinvolgendosi direttamente e personalmente con l’uomo, sarebbe irrazionale escluderla: abbiamo già visto come per natura nostra non possiamo prescrivere confini al mistero.
Perciò, data la possibilità del fatto e la razionalità dell’ipotesi, che ci resta da fare di fronte a essa? L’unica cosa da fare è domandarsi: è accaduto o no?
[…]
Nell’ipotesi che il mistero sia penetrato nell’esistenza dell’uomo parlandogli in termini umani, il rapporto uomo-destino non sarà più basato su sforzo umano, come costruzione e immaginazione, su uno studio volto a una cosa lontana, enigmatica, tensione di attesa verso un assente. Sarà invece l’imbattersi in un presente. Se Dio avesse manifestato nella storia umana una sua volontà particolare, avesse tracciato una sua strada per raggiungerlo, il problema centrale del fenomeno religioso non sarebbe più il tentativo, che pure esprime la più grande dignità dell’uomo, di «fingersi» il dio: il problema starebbe tutto nel gesto puro della libertà che accetti o rifiuti. Questo è il capovolgimento. Non è più centrale lo sforzo di una intelligenza e di una volontà costruttiva, di una faticata fantasia, di un complicato moralismo: ma la semplicità di un riconoscimento; un atteggiamento analogo a chi, vedendo arrivare un amico, lo individua tra gli altri e lo saluta.

(Luigi Giussani, All’origine della pretesa cristiana: Volume secondo del PerCorso, Milano 2011, pagine 33-35)

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