Nove favorevoli, quindici contrari e un astenuto, l'esponente di Patto civico Davide Frisoni. Che anche ieri si è smarcato dal Pd. Consiglio comunale rovente quello dedicato per quattro ore alla discussione sull'impeachment al presidente Sara Donati. Col sindaco che ha fatto da paciere.
A ora tarda, quando erano passate le 23, il consiglio comunale di Rimini ha votato per appello nominale la mozione di sfiducia alla presidente del consiglio comunale Sara Donati, dopo quattro ore di confronto serrato e con picchi di scontro verbale molto violenti: 9 favorevoli, 15 contrari e 1 astenuto, l’esponente di Patto civico Davide Frisoni.
La mozione era stata sottoscritta da tutti e tredici i consiglieri della minoranza, ma al momento del responso finale all’appello ne sono mancati quattro. Sui banchi della maggioranza si è notata in particolare l’assenza di Mirco Muratori, presidente del gruppo consiliare di Patto civico, colui che sulla delibera relativa a Lepida si era messo di traverso annunciando il voto contrario dei quattro “pattisti”, senza però mantenere la parola e senza essere seguito dai suoi, perché alla fine lui si astenne, due si allinearono al Pd e uno (Frisoni) votò contro.
La maggioranza va in crisi su Lepida: Patto civico (diviso) stacca la connessione dal Pd
Accadeva nel consiglio comunale del 13 giugno scorso, quando proprio su Lepida si è verificato il pasticcio: il Pd comprende che su quella delibera la maggioranza non ha i numeri per cui comincia il fuggi fuggi dall’aula. Il consigliere Pd Juri Magrini si avvicina alla presidente del consiglio comunale e sussurra al suo orecchio “se non ci sono i numeri noi ce ne andiamo”. La frase viene registrata e si avverte nitidamente. Di lì a brevissimo la presidente (che al momento era il sedicesimo componente e quindi garantiva il numero legale) chiede di assentarsi e viene sostituita da Marco Zamagni di Patto civico, che riscalda la sedia e non procede con la votazione: nel frattempo il gruppo di maggioranza si ricompone e quando rientra la presidente e mette ai voti, la delibera passa, seppure di un soffio: 14 favorevoli, 1 astenuto e 12 contrari.
Una pagina poco bella, che ieri sera la minoranza ha ricostruito nei dettagli, sottolineando che le istituzioni non devono mai essere piegate ad interessi di partito e che il presidente del consiglio comunale deve svolgere un ruolo di garanzia super partes, tutelando tutti, anche l’opposizione. Gioenzo Renzi ha stigmatizzato il comportamento non solo di Sara Donati (“non può essere la longa manus del Pd perché è il presidente di tutti e i condizionamenti di tipo politico non sono ammessi”) ma anche di Magrini e di tutto il gruppo consiliare del Pd
Il dibattito si è acceso soprattutto fra Lega e Pd. Marzio Pecci ha citato una serie di episodi, e non solo il caso Lepida: “Più volte il regolamento del consiglio comunale e i diritti della minoranza sono stati schiacciati”.
Da Rufo Spina (Forza Italia) è arrivata la richiesta della “ammissione dell’errore, ma non accetteremo una negazione dei fatti”. Ammissione che non c’è stata. Sara Donati dopo avere introdotto la seduta, si è fatta sostituire da Juri Magrini e poi è rientrata alla presidenza passata la bufera sulla mozione. Senza dire una parola e senza prendere parte alla discussione che la riguardava da vicino.
Il Pd ha difeso senza se e senza ma la sua presidente: “Ha sempre avuto un comportamento estremamente equilibrato, siamo stanchi di una politica sterile e concentrata sull’attacco personale”, ha detto Lucilla Frisoni guardando in direzione dei suoi colleghi seduti dall’altra parte dell’aula. Matteo Petrucci e con lui diversi consiglieri del Pd hanno attaccato la mozione della minoranza bollata come perdita di tempo: “per questo vostro teatrino c’è una macchina comunale che lavora ed è pagata”. Ma a ribattere sul punto è stato un altro membro della maggioranza, Davide Frisoni: “cari amici del Pd, non è mai tempo perso quando si parla di istituzioni, del luogo della democrazia che noi rappresentiamo”.
Dalla minoranza niente di personale su Sara Donati: “quella che facciamo è una critica politica e riguarda il principio di imparzialità del ruolo del presidente del consiglio comunale, vorremmo un presidente che ci possa rappresentare tutti”, è stata la riflessione di Gennaro Mauro.
Il sindaco Andrea Gnassi, ieri quasi sempre presente in consiglio comunale (fatto assai raro) ha un po’ spiazzato anche i suoi e ha chiuso con un alleggerimento. Non ha negato il pastrocchio commesso, ma l’ha buttata sul caso isolato: “nella dinamica consiliare ci sono momenti di tensione e di confusione, sarebbe ipocrita non riconoscerlo”, così come ipocrita sarebbe non ammettere che “in circa 3 anni e mezzo di mandato questo è l’unico episodio al quale la minoranza può attaccarsi, legittimamente, ma in modo insussistente se si va ad analizzare l’intero periodo”. E poi: “parla l’atteggiamento di rigore sempre tenuto dalla presidente”, per concludere che non è giusto trascinarla nella polemica e che la città dal consiglio comunale e dalla minoranza si aspetta dei segnali sui problemi concreti da affrontare e risolvere.
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