Solida, ben radicata sul territorio e al servizio della comunità dalla quale aveva preso origine in un lontano passato. Non c’era famiglia del rimines
Solida, ben radicata sul territorio e al servizio della comunità dalla quale aveva preso origine in un lontano passato. Non c’era famiglia del riminese che con quella banca non avesse avuto rapporti e che da quella banca, almeno una volta, non avesse ricevuto aiuto e supporto. Così come ogni azienda locale da quella banca aveva ottenuto credito, finanza e garanzie.
La Cassa di Risparmio di Rimini nel corso del suo quasi bicentenario percorso ha fatto grande Rimini, ne ha anticipato e a volte seguito – e sempre supportato – la sua intraprendenza e il suo sviluppo, anche quello più caotico, meno programmato e spesso controverso.
In alcuni periodi storici, per intenderci quelli ancora contrassegnati dalle ideologie, la banca era di gran lunga più influente di molte istituzioni locali, perché capace di concedere credito e finanza a chi aveva idee per creare benessere e occupazione.
Potendo vantare quasi un terzo della capacità di credito dell’intero sistema bancario della Provincia di Rimini, la Cassa di Risparmio è stata per lungo tempo un punto di riferimento dal quale anche gli altri istituti di credito non potevano prescindere.
In altre parole Banca Carim è stata il vero motore di Rimini.
Poi è arrivato l’Inferno, la deflagrante crisi finanziaria mondiale, le liti intestine alla Fondazione di riferimento, il commissariamento da parte di Banca d’Italia e il passaggio da una dinamica gestione manageriale ad una burocratica riduzione di ipotetici rischi di concentrazione che in realtà ha generato nuovi rischi in quanto riducendo il credito ai settori portanti dell’economia riminese (turismo ed edilizia) ha reso insostenibile la gestione in molte aziende costrette al fallimento o, comunque, alla cessione coattiva dei propri immobili, con effetti negativi cumulativi sulla crisi immobiliare che è esplosa in misura nettamente superiore rispetto alle province limitrofe.
Significativo il caso di Aeradria, la Società di gestione del locale aeroporto, che è stata travolta dal fallimento nonostante i cospicui finanziamenti di Carim, oggetto di deboli tentativi di rilancio e di sviluppo, scossa da contenziosi senza fine e che ora rischia – a seguito della sentenza del Tar di annullamento del bando Enac che aveva assegnato la gestione a una nuova società – di essere definitivamente costretta a terra!
La Cassa di Risparmio di Rimini, vincolata da una prolungata gestione commissariale ha subìto crescenti perdite su crediti (i beni sottratti alle imprese per essere venduti all’asta continuavano a perdere valore proprio per effetto delle decisioni creditizie), il suo patrimonio è stato falcidiato e la Banca si è trovata nelle condizioni di effettiva impossibilità di aiutare adeguatamente il variegato e vasto settore produttivo riminese che, più di ogni altro ambito romagnolo, è stato ferito e umiliato da decine e decine di fallimenti e di altre azioni concorsuali.
Sono in molti ad avere l’opinione che quel commissariamento è risultato un vero colpo basso da parte della Banca d’Italia, non inferto e non riservato a tanti altri istituti di credito che versavano in condizioni simili a quelle della Cassa di Risparmio di Rimini. Ma “graziati” dalla buona sorte o sorretti da azionisti e da un management all’altezza delle sfide da affrontare nel complesso sistema bancario. Paradossalmente il drastico intervento commissariale, aggiunto alla acclarata difficoltà della Fondazione di dettare efficaci linee guida e di indirizzo alla banca conferitaria, ha concorso ad aumentarne le difficoltà.
Difatti quel commissariamento non ha tutte le responsabilità del progressivo allentamento della capacità di credito e di guida della nostra Cassa, ma ne ha attivato una fase storica il cui esito oggi appare purtroppo scontato.
La prospettata nuova ricapitalizzazione della Banca rischia di causare altri contraccolpi nella già litigiosa Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. E rischia di incontrare la distaccata indifferenza del ceto produttivo industriale riminese, clamorosamente osteggiato dai vertici della Fondazione nel momento del recente rinnovo del CdA della Banca.
Chissà con quale faccia alcuni membri della Fondazione tenteranno di coinvolgere gli industriali nella nuova ricapitalizzazione della Banca!
Forse un risultato voluto per poter cedere la Banca a qualche Cavaliere bianco ritenuto “amico”.
Tutto questo rischia di compromettere la già incrinata solidità della banca molto di più della rimozione di un suo direttore generale.
Mario Forte
COMMENTI