Come interpretare la virata che si è potuta leggere ieri all'ora di colazione? Forse così: abbiamo sbagliato, ora cercheremo una soluzione con il Ministero per poter riprogettare la tratta lungo la ferrovia senza perdere i finanziamenti.
Credo che l’interpretazione delle dichiarazioni pubblicate ieri sul Carlino a firma dell’assessora Roberta Frisoni, e pure sul Corriere di Rimini (per chi se le fosse perse si possono leggere in basso) relative al tracciato del Metromare fino alla Fiera, al di là del lungo giro di parole, sia la seguente: abbiamo sbagliato, ora cercheremo una soluzione con il Ministero per poter riprogettare la tratta lungo la ferrovia senza perdere i finanziamenti.
Peggio della storiella di quel padre che per magnificare la genialità del figlio raccontava di quando il ragazzo prodigio prese in mano la caffettiera e, accortosi che scottava, decise molto intelligentemente di lasciarla subito cadere. Dico peggio perché ai nostri amministratori era già stato fatto presente che la moka sul fuoco scotta. Tradotto ulteriormente: il percorso del Trc da sempre era stato indicato lungo la linea ferroviaria, quale tracciato più consono.
L’assessora Roberta Frisoni con il dito sulla mappa del Metromare.
Se questa è la cronaca, l’analisi su questa scelta scellerata sta nella solita costante di voler stupire, che personalmente chiamo più pragmaticamente, la solita ansia da prestazione: la scelta del tracciato di via Matteotti risultava assai più semplice sul piano progettuale, risolvibile sostanzialmente in una corsia stradale dedicata. Affinando però il progetto ci si è accorti che sarebbe diventato un ulteriore massacro per la viabilità cittadina in quanto questa importante arteria, come ho già più volte denunciato, veniva interdetta al traffico nella direzione nord sud.
Qualcosa di talmente assurdo che, stando alle indiscrezioni, la Provincia, in specie nella sua parte tecnica, aveva sollevato più volte anche in ragione delle proteste crescenti in materia di traffico a Rimini, e quindi molto probabilmente era propensa a segnalare preventivamente la questione.
La morale è che quando a Rimini si fanno cose importanti ci si accorge solo dopo che la strada imboccata è sbagliata e poi, facendo finta di niente, si cambia in corso d’opera. Qualche esempio? La questura di via Ugo Bassi, dove si parte da una pianificazione, poi la si nega rimandando il tutto al P.u.g, poi però la stessa progettazione è valida da subito per interventi vari.
Se poi la questione era il supermercato, ci si chiede perché in via Ugo Bassi fosse sbagliato mentre va benissimo quello nell’area ex Fox, sapendo ormai tutti che la scusa di nuovi parcheggi, visto che sono 22 (conti alla mano anche dell’ex vicesindaco Melucci) diventa qualcosa di decisamente inconsistente.
Molto istruttivo anche il caso piscina, dove l’amministrazione comunale andò contro il mondo per farla adiacente al Palas, poi dalla sera alla mattina decise di costruirla a Viserba.
Ma l’esempio che penso rimarrà nella storia di Rimini è quello del waterfront. Per anni venne raccontato come intervento pubblico privato, tanto da comportare dei bandi di assegnazione, poi quando si sono accorti delle reali difficoltà, hanno tirato fuori dal cilindro gli “architetti spagnoli”, investendoli della mission di “omogeneizzare” i vari progetti vincenti. Ma stranamente i privati sparirono e venne fuori in gran fretta un surrogato, senza minimamente considerare l’aspetto della mobilità sia per quanto riguardo i parcheggi che quello viabilistico, tanto è vero che davanti a tale disastro l’assessora più esposta non ha trovato di meglio che apparire sul monopattino e affermare: al mare andate tutti in bicicletta.
Tralascio le mille promesse “vendute” come cosa praticamente fatta: Murri, Novarese, Bolognese, Mercato coperto, ponti, parcheggi vari (in primis quello nell’area Scarpetti) eccetera.
Alla fine della fiera il discorso torna sempre sulle programmazioni urbanistiche: “bucato” il P.S.C. nella sua parte sostanziale che era il P.O.C., oggi si racconta che presto si metterà mano al P.U.G., ma dopo sei mesi dalla proroga concessa dalla Regione, neppure un vagito. Nel frattempo si tiene aperta una modifica urbanistica prevista nel R.U.E., che è uno strumento cancellato già dal 2017, peraltro della variante adottata non si ha più notizia, ma anche in questo caso sembra che ci sia una Provincia poco propensa ad aprire a pianificazioni di 8.000 mq senza sapere quante sono e dove sono; anche perché come fa un cittadino a presentare le osservazioni previste per legge se non conosce cosa osservare?
Se tutto questo, come pensa qualche giornalista, è solo il prurito di qualche incontentabile rosicone, dico che siamo al limite perlomeno del buonsenso, vedi per ultimo il grande intervento alle condotte dell’Ausa, sul quale è vietato sapere. E non si tratta di un particolare secondario: parlare di “manutenzione” con un dispiegamento di forze come quello in atto, significa tutto e niente. Soprattutto non si è in grado ad oggi di sapere se e quante altre “manutenzioni” occorreranno e se ogni due o tre anni dovessero rendersi necessari interventi di questa portata il bilancio del Psbo sarebbe da riscrivere.
Giulio Grillo
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