“Crédit Agricole regali alla città le preziose opere d’arte appartenute a Carim”

“Crédit Agricole regali alla città le preziose opere d’arte appartenute a Carim”

L'accorato appello del notaio Fernando Maria Pelliccioni

Presidente di banca Carim dal 98 al 2007, prima vicepresidente, con ruoli anche in Fondazione e nel sistema bancario regionale e nazionale, colui che ha riportato a Rimini l'Astronomicon e le maggiori opere d'arte custodite al Museo della Città, si rivolge ai vertici di Crédit Agricole Cariparma e chiede un gesto di generosità che tutti si aspettano: “E' stato fatto un grave torto alla città. Ma adesso la cosa importante è che si abbia la certezza che questo patrimonio resti per sempre a Rimini”.

“Sto pensando di scrivere una lettera ai vertici di Crédit Agricole, per chiedere loro un gesto di generosità che tutta la città si aspetta: regalare alla Fondazione Cassa di Risparmio, oppure al Museo della Città o alla biblioteca Gambalunga, le preziose opere d’arte acquisite da Carim e intimamente legate al patrimonio storico-culturale di Rimini”. Chi parla è il notaio Fernando Maria Pelliccioni, l’artefice del ritorno a Rimini dell’Astronomicon ma anche di numerosi altri tesori, come vedremo. Fu lui a recarsi a Londra nel giugno del 1992 per acquistare all’asta l’Astronomicon di Basinio da Parma. Per conto della banca Cassa di Risparmio di Rimini, ovviamente. Ma la mission di riportare a casa il patrimonio artistico di maggior valore legato alla storia di Rimini, e sparso in varie parti del mondo, toccò a lui, accompagnato da Enzo Pruccoli: “Per anni Enzo ed io ci siamo dedicati a questo programma e non le nascondo le immense soddisfazioni vissute nel riuscire a ritrovare in qualche paese straniero piccoli e grandi capolavori d’arte, e a riportarli a Rimini, arricchendo così il patrimonio culturale della nostra comunità”.

Fernando Maria Pelliccioni, classe 1935, è notissimo a Rimini, ma ha un curriculum che merita di essere riepilogato. Diventa notaio nel 1962 ed è fra i primi due più giovani notai d’Italia. Inizia nel distretto di Pesaro-Urbino e prima di approdare a Rimini, dove esercita la professione dal 1968 al 2010, è vice Pretore onorario della Corte d’Appello di Ancona e reggente della Pretura di Novafeltria.
E’ stato fra i fondatori e presidente della Round Table Rimini, rotariano storico (nel 1986 gli è stato attribuito il “Paul Harris Fellow”), per quindici anni conservatore dell’archivio mandamentale di Rimini, con un ruolo di primo piano anche nello sport cittadino: vicepresidente del Baseball Club Rimini nel 1973, quando la squadra si aggiudicò vari campionati, coppe d’Italia e coppe dei campioni. Lunga anche la sua esperienza nel mondo bancario: dalla Banca Popolare di Cesena a Carim: “Nel 1992, su proposta di Bankitalia, il ministro del Tesoro Guido Carli mi nominò vicepresidente di Cassa di Risparmio di Rimini”, ricorda lui. Qualche mese dopo, a seguito dello scorporo bancario, assume anche la vicepresidenza della Fondazione Cassa di Risparmio. Diventa presidente di Carim nel 1998 e mantiene la carica fino al 2007. Siede, fra l’altro, nel comitato delle Società Bancarie in Acri e nel cda dell’Associazione Bancaria Italiana, è vicepresidente nazionale dell’Associazione Istituti di Credito su Pegno. E si potrebbe continuare a lungo. E’ anche accademico della “Rubiconia Accademia dei Filopatridi” e dell’Accademia degli Incamminati, ha ricevuto la medaglia dello Stato italiano per la sua “meritoria attività culturale, tesa al recupero del patrimonio artistico locale ed al suo restauro”, Giorgio Napolitano l’ha nominato Cavaliere al merito della Repubblica.

Nel ricco bottino di beni artistici che Pelliccioni ha riportato a Rimini non c’è solo l’Astronomicon. Troviamo la “Sacra Conversazione” di Lattanzio da Rimini, recuperata nel 1994 alla Galleria Fisher di Lucerna: “Solo la caparbietà di ricercatore di Augusto Campana poteva scoprire, su un cartillo raffigurato nel dipinto, la firma del pittore”, dice Pelliccioni. E’ infatti l’unico dipinto del Lattanzio firmato “Latantium Ariminensis” sul cartiglio nella parte destra inferiore della tavola, e questo particolare la rende molto importante perché rappresenta “l’opera di raffronto per vagliare l’autenticità o meno dei dipinti attribuiti a Lattanzio”. Non solo. Nel 1994 Poste italiane ha emesso due francobolli sul tema del Natale e uno di questi fu proprio la Madonna col Bambino, particolare della “Sacra Conversazione” di Lattanzio da Rimini: “Unico caso nella storia della filatelia dell’Italia repubblicana di un quadro appartenente ad una collezione privata, riprodotto in un francobollo”.

Il 13 dicembre 1996, a Londra, Pelliccioni per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini realizza il più strepitoso recupero culturale degli ultimi decenni, il capolavoro pittorico della scuola riminese del ‘300: la “Pala dell’Incoronazione della Vergine”, maestoso trittico di Giuliano da Rimini, esposto al Museo. Altre acquisizioni di Pelliccioni furono le tavole di Pietro e Giovanni Baronzio, gli antifonari di Neri da Rimini, dipinti di Cagnacci, Soleri Brancaleoni, opere di artisti romagnoli del Cinquecento (Francesco Zaganelli, Girolamo Marchesi da Cotignola, Marco Palmezzano eccetera). Non fu uno scherzo fare arrivare a Rimini “L’incoronazione della Vergine, santi e scene della Passione e morte di Cristo” di Giuliano da Rimini, anzi Pelliccioni ha in passato parlato di una “acquisizione avventurosa” di questa pala appartenuta al Duca di Norfolk: “Considerato il grande valore artistico di quest’opera, le autorità inglesi rifiutarono in un primo momento di lasciarla partire per l’Italia, e solo dopo numerosi azioni e ricorsi riuscimmo ad ottenere l’autorizzazione necessaria”.
Fortunatamente l’Incoronazione della Vergine e tutto il “malloppo” delle opere d’arte di maggior valore sono di proprietà della Fondazione. Ma ci sono alcuni “pezzi” di alto valore economico e culturale, che invece sono passati a Crédit Agricole: l’Astronomicon, la Sacra Conversazione, ma il notaio Pelliccioni ricorda anche i disegni del collezionista bolognese Severino Bonora, le stampe che adornavano gli uffici della sede di piazza Ferrari e molto altro.

Da qui l’appello accorato di Pelliccioni: “Stiamo parlando di opere che hanno un valore artistico, storico, culturale e legato alla identità della nostra città, prima ancora che monetario, e questo patrimonio avrebbe dovuto essere salvaguardato dai responsabili di banca Carim nella fase del passaggio a Crédit Agricole. E’ stato fatto un grave torto alla città. Ma adesso la cosa importante è che si abbia la certezza che questo patrimonio resti per sempre a Rimini”. E come si può avere questa sicurezza? “Crédit Agricole dovrebbe regalarlo alla Fondazione o al Museo della città, o nel caso dell’Astronomicon, alla biblioteca Gambalunga. Basinio è sepolto nel Tempio malatestiano, è un tassello centrale della storia della corte malatestiana”.

La domanda è anche un’altra: queste opere sono state computate nel valore del patrimonio che è passato da Carim a Crédit Agricole oppure no? Oppure Crédit-Cariparma si è trovata fra le mani, gratis, questi tesori, dopo avere pagato una azione 0,194 euro, dopo essersi impossessata di immobili come il palazzo della sede di piazza Ferrari, parte di palazzo Buonadrata, tutte le filiali, eccetera eccetera?

Io amo Rimini in modo viscerale, come tutti i riminesi credo, che si sentono molto legati alla loro terra, e vorrei con tutto il cuore che il patrimonio artistico che ho contribuito a riportare a Rimini potesse rimanerci per sempre, per le generazioni future”, chiude Pelliccioni. Non gli si può non domandare un parere sulla fine di banca Carim: “Quando vado in filiale mi viene da piangere. E’ stata una banca eccellente, che ha fatto grande Rimini, non ho capito come sia stato possibile questo epilogo, non me lo spiego. Secondo me c’è stata la manina di qualcuno…”.
E invece come vede la Rimini odierna il notaio Pelliccioni? “Si sono fatte cose apprezzabili, il sindaco attuale e il suo predecessore hanno permesso la riapertura del teatro, un risultato da applaudire, bene anche gli interventi sulla viabilità e nel centro storico…, mi sembra però che i grossi nodi restino da sciogliere: Rimini non si merita il lungomare più brutto d’Italia, quando città turistiche minori a noi vicine ci hanno superato. Rimini vive di turismo ma il turismo è un settore in sofferenza. Noto un degrado e un impoverimento, la media borghesia non ha più soldi, l’artigianato non se la passa bene, le tasse stritolano, adesso hanno rimesso anche la tassa sui passi carrai…”

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