Il curatore fallimentare ha elaborato il progetto di stato passivo. Presentate richieste per 14 milioni e 510mila euro. Il 5 febbraio l’udienza. A ba
Il curatore fallimentare ha elaborato il progetto di stato passivo. Presentate richieste per 14 milioni e 510mila euro. Il 5 febbraio l’udienza. A battere cassa una folla di giornalisti, più gli enti previdenziali e di assistenza sanitaria. La banche del territorio hanno fatto richiesta per circa 4 milioni e mezzo di euro. Anche il figlio tra coloro che vantano un credito nei confronti di Gianni Celli, ma secondo il curatore non ha presentato la documentazione. Intanto il giornale continua ad uscire tramite una società intestata ai figli.
E’ stato presentato dal curatore fallimentare, il professor Giuseppe Savioli, il “progetto di stato passivo dei creditori” relativo al fallimento della Editrice La Voce srl, amministrata da Gianni (Giovanni) Celli. Editrice La Voce era la società che gestiva il quotidiano La Voce di Romagna fino alla fine di luglio 2015, quando è stato dichiarato lo stato di fallimento. Attualmente il giornale continua ad uscire sotto la gestione di una società dei figli di Gianni Celli, che comunque è ancora attivo negli uffici del grattacielo, dove ha sede la redazione del quotidiano.
Sono stati 112 i creditori che hanno presentato le loro richieste per un totale di 14 milioni 510mila euro (circa 8 milioni e 800mila euro di crediti privilegiati e 5 milioni e 800mila euro di crediti chirografari). La proposta del curatore prevede 6 milioni e 900mila euro per i creditori privilegiati e 5 milioni 800mila euro per i creditori chirografari, per un totale di 12 milioni e 700mila euro. Nella proposta del curatore vengono esclusi crediti per un milione e 800mila euro.
Nella lista dei creditori è presente una folla (oltre una quarantina) di giornalisti, collaboratori, fotografi e dipendenti del giornale. In totale le loro richieste superano i tre milioni di euro. Alcuni di questi giornalisti continuano a lavorare con la nuova società dei figli. Tra i creditori anche stampatori e agenzie di stampa.
La Voce di Romagna nel corso degli anni ha ricevuto oltre venti milioni di contributi pubblici che dovevano servire proprio per pagare dipendenti, stampatori, carta e le agenzie di stampa. Il decreto legge che regola l’erogazione dei contributi stabilisce infatti che i criteri per il calcolo e la liquidazione del contributo vanno parametrati sui costi per il personale dipendente, per l’acquisto della carta, per la stampa, per gli abbonamenti ai notiziari delle agenzie di stampa.
Lo scorso anno si è avuta notizia dell’apertura di un’inchiesta, condotta dalla Guardia di Finanza, su come sono stati gestiti questi contributi destinati a La Voce di Romagna. Inchiesta nel corso della quale sono stati effettuati dei sequestri poi annullati dal Tribunale di Rimini.
Imponente la massa di crediti richiesta da enti come Inpgi (circa un milione e mezzo di euro), e Casagit (180mila euro). L’Inpgi è l’istituto di previdenza dei giornalisti, mentre la Casagit è la cassa autonoma che si occupa di assistenza sanitaria. Tra i creditori anche il Fondo per la previdenza complementare dei giornalisti ed Equitalia, che chiede circa tre milioni di euro per mancato versamento di contributi e imposte e sanzione dovute. Forte anche la schiera delle banche del territorio (Rimini e San Marino) che complessivamente reclamano crediti per circa 4 milioni e mezzo di euro.
Tra le curiosità da segnalare i 128mila euro richiesti dal Centro Consulenze Editoriali di Napoli in cui lavorava il consulente Vincenzo Ghionni, già presidente della File (Federazione italiana liberi editori a cui è tuttora iscritta La Voce di Romagna), personaggio noto alle cronache perché coinvolto nella inchiesta sui finanziamenti illeciti a L’Avanti di Valter Lavitola, e condannato dalla Corte dei Conti (“in via sussidiaria e a titolo di colpa grave”) al pagamento in favore dello Stato (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria) della somma di euro 835.782.
Altra curiosità è la richiesta fatta da Nicola Celli, figlio di Gianni e suo “erede” nella gestione del giornale, di un credito per 78mila euro. In questo caso il curatore ha proposto l’esclusione per l’intero credito richiesto “sia con riferimento al credito richiesto per prestazioni di lavoro subordinato, non essendo stato prodotto il contratto di lavoro citato nella domanda, sia con riferimento al credito richiesto per prestiti effettuati nei confronti della fallita, non essendosi prodotta sufficiente documentazione a riguardo”.
Ultimo fatto curioso il credito di 30mila euro vantato dalla Upm Sales Oy, società di Helsinki, Finlandia, che produce carta. Quindi per un certo periodo i lettori de La Voce hanno letto articoli romagnoli ma stampati su carta finlandese.
Il prossimo 5 febbraio al tribunale di Rimini si svolgerà l’udienza per l’esame dello stato passivo.
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