Giorgetti al Meeting: “i 5 stelle hanno ottenuto il 33% facendo campagna elettorale contro il Pd”

Giorgetti al Meeting: “i 5 stelle hanno ottenuto il 33% facendo campagna elettorale contro il Pd”

"Il minimo comune denominatore nel parlamento odierno è mantenere il posto"

Lega e 5 stelle venivano entrambi dall'opposizione al Pd. Ora Di Maio, che ha preso i voti per il cambiamento rispetto al governo Gentiloni, si allea col nemico? "La democrazia è sempre legittimazione popolare, se c'è solo legittimazione parlamentare alla fine tutto diventa molto complicato". Lo ha detto il sottosegretario Giancarlo Giorgetti intervenendo oggi a Rimini. Rivendicando la virtù politica della coerenza. "Ho l'impressione che la gente veda quello che sta accadendo in queste ore come una manovra fine a se stessa, attenzione a non disconnettersi dalla realtà del paese e a chiudersi nei palazzi".

Primo messaggio: “Io dico che deve esserci un governo che prenda delle decisioni, se non è così è giusto mettersi in discussione, come abbiamo fatto noi; se altri pensano di poter costruire un governo che decida e faccia il bene del paese, e non semplicemente dei parlamentari che in questo modo possono prolungare la loro permanenza, ben venga, però attenzione a non sconnettersi dalla realtà del paese, a non chiudersi nel palazzo, perché io ho l’impressione che la gente veda quello che sta accadendo in queste ore come una manovra fine a se stessa, mentre la democrazia è sempre legittimazione popolare, se c’è solo legittimazione parlamentare alla fine tutto diventa molto complicato”. Giancarlo Giorgetti poche ore fa con olimpica tranquillità e profonda concretezza, ha preso la parola davanti alla platea del Meeting di Cl assestando alcuni colpi forti per lasciare il segno. Lo ha fatto all’interno di un dibattito dell’intergruppo per la sussidiarietà (al quale hanno partecipato Delrio, Gelmini, Lupi, Speranza, Toccafondi e moderato da Giorgio Vittadini) che aveva un titolo forse pensato apposta per tenersi lontani dall’attualità: “le riforme istituzionali”. Ma Giorgetti è uscito dal seminato e la realtà ha avuto il sopravvento. Sul filone delle capriole politiche giustificate dal refrain “per il bene degli italiani”, Giorgetti ha anche aggiunto che “il parlamento non è il luogo in cui una classe politica cerca di perpetuarsi a qualsiasi costo e per qualsiasi motivo“.

Secondo messaggio. Lo diciamo con una nostra sintesi: i 5 stelle non possono essere considerati “intercambiabili” nelle alleanze di governo, prima con la Lega e poi col Pd, come se niente fosse. Quello che si sta verificando, ha detto facendo riferimento al dialogo avviato fra Pd e 5 stelle per verificare la possibilità di un’alleanza per dare vita ad un nuovo governo, “non è esattamente ciò che è accaduto 1 anno e 4 mesi fa: noi e i 5 stelle, molto diversi, eravamo due forze di opposizione, e i 5 stelle hanno ottenuto il 33% dei voti facendo campagna elettorale contro il Pd, che era al governo, per cui mettersi insieme a loro è un po’ diverso rispetto a quello che è successo fra noi e 5 stelle”.

Terzo messaggio: la coerenza in politica è una virtù. “A chi in questi giorni ci dice che Salvini e la Lega hanno fatto un grande errore politico, perché così facendo andremo all’opposizione e ci rimarremo 4 anni col rischio poi di non vincere, io rispondo: ma scusate, se dopo 14 mesi in cui si sono fatte tante cose positive, ad un certo punto si dice, e io l’ho detto per mesi, che non abbiamo un metodo, e non è possibile che si facciamo discussioni infinite senza riuscire a produrre risultati, allora o si trova un altro metodo di confronto per produrre risultati oppure è meglio prenderne atto e mettere anche in discussione una posizione di potere. Ragionare così è dire cose sbagliate, senza senso, significa essere stupidi politicamente? Probabilmente nel dibattito politico italiano sì, ma in qualsiasi paese del mondo secondo me è semplicemente dire la verità e quando si dice la verità non si sbaglia mai”. Un passaggio nel segno di Havel (“finché la vita nella menzogna non viene messa a confronto con la vita nella verità manca un punto di riferimento che ne riveli la falsità”), presenza ingombrante al Meeting di quest’anno.

“Chi ha a cuore la democrazia rappresentativa non dovrebbe guardare con disprezzo l’opposizione”, ha detto ancora Giorgetti, “io vado all’opposizione con grande fierezza, coerente delle cose che penso; quello che mi disturba, anche tra coloro che richiamano a gran voce il principio della democrazia rappresentativa, è che in Italia se fai una scelta di opposizione per coerenza sei un fesso, perché dovresti rinunciare alla tua coerenza e ai tuo ideali e rimanere comunque al potere: questa è una patologia in una democrazia parlamentare. Oggi in parlamento, lo sappiamo perfettamente, il minimo comune denominatore dei parlamentari non è fare una discussione sulle grandi visioni, sul futuro, sul lavoro, ma semplicemente mantenere per quanto più possibile quel posto; io non uso il termine poltrona e inciucio, perché in una democrazia parlamentare si può cambiare idea, però non è possibile che la stessa persona che fino all’altro ieri ha votato una serie di cose, dopodomani voti esattamente il contrario, perché significa c’è qualcosa che non funziona sia nel termine democrazia e sia nel termine parlamentare”.

Lo scorso anno Giorgetti al Meeting fece il contropelo a Vittadini sul populismo, stavolta ha limato via tutta quella ideologia a buon mercato che ruota attorno al tema dei corpi intermedi. “E’ difficile capire cos’è la società odierna”, difficile anche rintracciare gli elementi di fondo sui quali si fondava la dottrina sociale della chiesa. E poi: “i sacerdoti non ci sono più, sono stati sostituiti dagli psicologi, e ci sono anche i sacerdoti che vanno dagli psicologi, ma questo è un altro problema ancora, o forse questo è il problema”.

I partiti. Il palazzo e la piazza: in mezzo il nulla. Uno spazio pubblico non certo presidiato dai partiti. “La piazza è social, troppo social, ma il palazzo è troppo “asocial”, ha completamente perso il contatto con la realtà: chi segue il dibattito di questi giorni ne ha piena consapevolezza”, sono state le parole di Giorgetti. “Se nella dimensione politica non si riesce a riconnettere questa piazza social che ragiona di pancia, non riflette, non elabora, che non ha visione, con la politica di palazzo che forse ragiona troppo di cose astruse, senza nessuna connessione con la realtà, allora diventa un grande problema”.
Il collegamento fra la società e la politica, la Costituzione lo identifica nei partiti, “ma dove sono oggi i partiti?”, si è chiesto il sottosegretario leghista. “Dove sono questi strumenti che dovevano collegare la società e i palazzi, e quindi dov’è la democrazia parlamentare se non ci sono più i partiti che collegano la società con i palazzi? Questo è il punto di debolezza del ragionamento di questi giorni. I partiti tradizionali non ci sono più, ma dovrà pur esserci qualche altro luogo in cui ci si confronta, si discute, si formulano delle idee, si portano avanti delle visioni, delle utopie… E per dirla anche in termini sovranisti: lo Stato serve ancora o non serve più? In base alla dottrina sociale della Chiesa lo Stato deve intervenire solo laddove gli altri non ci hanno pensato. Ma oggi chi difende i popoli da soggetti che senza legittimazione e sfruttando la dinamica globalizzante, di fatto hanno autorità, indirizzano, influenzano, stampano moneta, e quindi si faranno beffe anche dell’euro e dell’Unione Europea, altro che la Lega… Lo stato sovrano, che appartiene al popolo, serve in mezzo alla società, all’economia, nella scuola, nelle istituzioni sovranazionali e anche in quelle dimensioni non istituzionali dove c’è effettivamente un potere totalmente svincolato da ogni meccanismo democratico”.

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