Giussani in un video ribalta da cima a fondo l’impostazione culturale dell’attuale Meeting

Giussani in un video ribalta da cima a fondo l’impostazione culturale dell’attuale Meeting

“Siate ribelli e in guerra contro il potere mondano, come Spartaco!”

Migliaia di visualizzazioni in poche ore per un collage di frasi in cui il fondatore di CL sprona a mettersi contro la mentalità comune e parla anche dei capi del movimento "che squassano e sconfiggono l’energia che è costata tanto a chi li ha preceduti". Intanto nella mostra a favore del meticciato, si dà la colpa del terrorismo islamico al disagio giovanile: so’ ragazzi…

Nel programma del Meeting di Rimini 2017 gli organizzatori hanno dato notevole importanza ad una mostra, in Piazza A1, dal titolo «Nuove generazioni. I volti giovani dell’Italia multietnica». La rassegna propone una serie di storie personali di giovani che ce l’hanno fatta, si sono integrati nel nostro paese pur provenendo da famiglie di immigrati da vari continenti.
Ma a partire dal tema della necessità dell’integrazione, la parte finale della serie di pannelli trasborda verso una specie di assoluzione del terrorismo islamico.
Dice un testo della parte conclusiva della mostra:
«Cosa spinge questi giovani a ribellarsi contro il mondo in cui vivono? Di quale natura sono le motivazioni che li animano?
C’è chi, come il sociologo Olivier Roy, propone come chiave di lettura “l’islamizzazione del radicalismo”: la prima causa di questi comportamenti estremi non sarebbe da rintracciare nell’integralismo islamico ma all’interno di un disagio giovanile in cui si sviluppa una rottura generazionale che trova poi una canalizzazione nella cultura di odio e di morte fomentata dall’Isis. Le radici dell’ostilità non risiederebbero in un conflitto di natura religiosa, ma piuttosto in una volontà di rottura nei confronti sia della cultura dei genitori sia di quella occidentale».
Il pannello si conclude con questa scritta in rosso:
«Quello che sta accadendo costringe tutti a interrogarci sulla capacità di testimoniare modelli di vita e proposte di convivenza attraenti, più affascinanti rispetto al nichilismo radicale. Proposte capaci di riempire esistenze vuote e disperate, di ridare senso alla vita, di misurarsi con quella crisi di significato che è l’origine profonda del disagio di tante persone e che giunge fino alle derive del terrorismo».

Da notare che le cinture esplosive, i camion lanciati all’impazzata contro gli inermi, i massacri di ragazzini ai concerti, ecc., sono definiti dal Meeting di CL “comportamenti estremi”.
E chi sarebbero questi maleducati? Giovanotti “a disagio” sia coi loro genitori che con l’Occidente. Un disagio che si tramuterebbe in desiderio “di rottura”, POI canalizzato nella “cultura di odio e di morte”, badate bene, “fomentata” dall’Isis. Una frase che equivale a dire: non è colpa di nessuno, da una parte i ragazzi sono a disagio, dall’altra l’Isis fomenta ma mica fa nient’altro di illegale.

A sostegno di tale tesi, viene portato Olivier Roy. Un esperto di banlieue? Un prete da villas-miserias? Tutt’altro. Il professor Roy fa parte della créme, insegna al Robert Schuman Centre for Advanced Studies (European University Institute di Firenze, l’istituto fondato dai 6 stati membri della CE ed ora partecipato da 22 Stati dell’UE). Ha lavorato per l’ONU e per l’OCSE. E’ un uomo dell’establishment, entusiasta di quell’Europa che ha capito tutto del radicalismo islamico e sa come fronteggiarlo, come vediamo dalle cronache.
Anche l’idea royana della mancanza di “conflitto di natura religiosa” è dimostrata oggi dalla conferma di una notizia da Barcellona: l’imam-terrorista voleva far saltare in aria se stesso assieme alla Sagrada Familia. Che sia una basilica cattedrale, è solo un caso fortuito. Forse volevano ridurla in macerie in quanto noto luogo simbolo di tramonto dell’Occidente, di carenza di fascino, di assenza di significato, tale da mandare in depressione i più sensibili tra i magrebini di seconda e terza generazione…

La mostra, infine, ha una pretesa tutta sua, quella di dare la chiave di lettura dell’intero Meeting, basato sulla frase di Goethe su eredità dei padri, tradizione, rapporto col passato.
Per questo l’esposizione reca negli ultimi muri – chiediamo scusa, ultime pareti – due frasi dei grandi teologi del Novecento Guardini e von Balthasar.
“Nella monotonia del puro proseguire noi soffocheremmo” (R. Guardini).
“Una verità che continui solo ad essere trasmessa, senza essere ripensata a fondo, ha perso la sua forza vitale” (H.U. Von Balthasar).
Sono frasi dette dal presidente di CL don Carròn recentemente per far capire che bisogna dare nuovo smalto all’identità.

Tesi che possono essere accettate o meno, ma certamente hanno un peso specifico. Eppure, a sorpresa, l’ultima parola della mostra non spetta ai due giganti, bensì a una frase di Wael Farouq, uno degli autori della mostra stessa, già docente al Cairo ed oggi a Milano: “L’identità non è qualcosa che si eredita dal passato, ma il presente intento ad agire per costruire il futuro. L’identità è dove il passato e il futuro si incontrano”. Una frase sibillina e un po’ deboluccia, ci permettiamo di opinare.

Ma su questi stessi temi, al contrario, parlava molto semplice e chiaro don Luigi Giussani.
Proprio oggi è stato mandato in rete un video di 9 minuti realizzato da “Veni Sancte Spiritus”, la community Facebook intitolata alla giaculatoria che il prete brianzolo era solito ripetere ed insegnare ai giovani.
Il fondatore di CL è protagonista del video nel quale si susseguono una ventina di frasi tratte da suoi discorsi, scritti ed interviste.
Una gragnuola di colpi, una doccia fredda che sembra diretta a ribaltare da cima a fondo l’impostazione attuale del Meeting di Rimini, contestando anche le scelte generali di conduzione del movimento di CL.
La contestazione è di certo nelle intenzioni di chi ha realizzato e postato il video, che comincia non a caso con una citazione – «Ci sarà sempre qualcuno che riporterà alla luce ciò che in passato ha avuto valore» – speculare a quella che dà il titolo al Meeting 2017: entrambe sono di Goethe ed hanno per oggetto il rapporto con la tradizione. Con la differenza che l’una suona opposta all’altra.
Il collage di frasi di Giussani non risparmia nessuno dei tormentoni, da un paio d’anni al centro della kermesse fieristica riminese: la collaborazione e il dialogo con tutti, la testimonianza contrapposta all’integralismo, il plauso al potere e alla mentalità comune, la scelta religiosa, l’ecumenismo e così via. Manca solo il tema degli immigrati, che ai tempi del Gius non era impellente come oggi.

Riportiamo le frasi del video, che da stamane fino al momento in cui scriviamo, cioè in nove ore, è arrivato a 6.300 visualizzazioni.

TITOLO: Don Luigi Giussani ci viene in aiuto – Alcune riflessioni

Si può collaborare soltanto se chi rappresenta la coscienza cattolica ritrova una propria identità cristiana. Per affermare valori cristiani, se necessario, bisogna battersi anche a rischio di perdere… Una volta ritrovata questa fermezza di principi si può tentare qualsiasi rischio. Ma oggi i cattolici si presentano disarmati al confronto con i comunisti (dal libro “Vita di un amico” di R. Farina)

Ricordatevi: i cristiani difendono la libertà anche degli atei, purché non riducano la fede alla sfera privata. Tutto, ma proprio tutto, c’entra con Cristo.

Siamo chiamati a difendere l’umano che è allo stesso modo in noi, nel nostro amico, nella persona più estranea e lontana. Ci chiama a questo compito non una giustizia, ma la Giustizia-Dio fatto uomo: Cristo…

Sembra sempre che la logica del potere vinca: provava la stessa impressione anche il piccolo nucleo degli apostoli. Ma la vittoria del potere è apparente: la mentalità dominante per sua natura è effimera …
Non cedendo ad essa, noi facciamo diventare la nostra vita funzione di ciò che è permanente, che dura nella storia: della verità, della giustizia, dell’amore, della letizia.

Occorre quindi mettersi contro la mentalità comune, contro le categorie mentali che il potere favorisce, perché «chi mi ha consegnato nelle tue mani – dice Gesù a Pilato – ha una colpa più grande»

La posizione dell’uomo oggi, se vuol salvare se stesso, è invitata a essere ribelle – ribelle! – ad essere «contro». Mi ricordo un libro di un esegeta che incominciava così: «Gesù è entrato nel mondo in polemica col mondo», in polemica vuol dire in guerra, contro, ribelle. Il cristiano deve essere per forza uno Spartaco.

La colpa più grande è quella del potere. Cosicché la testimonianza più grande che il cristiano può dare è quella sociale e politica.

E’ piuttosto un plagio operato dalla mentalità dominante; un plagio che innesta la sua menzogna sulla ineducazione e quest’ultima tanto più si dilata quanto più retrocede l’influsso della Chiesa… Ciò coincide con l’assenza di ragioni, con l’oscurarsi della coscienza, con la sua restrizione… Su questa restrizione poi la società sviluppa il suo potere.

Una citazione dai “Quaderni dal carcere” di Gramsci:
«Una generazione che deprime la generazione precedente non può che essere meschina … nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente.»
Giussani commentava così questo brano:
Gramsci dice il vero: la grande alternativa per la vita di un uomo e di un popolo è infatti tra ideologia e tradizione. L’ideologia nasce in qualsiasi momento come novità che si impone a prescindere dal passato (e questo non può che diventare un’inevitabile possibilità di andare contro il passato). … La tradizione è proprio nella eredità del passato che trova certezza per il presente e speranza per il futuro…
Chi pretendesse di distruggere il passato per una affermazione presuntuosa di se stesso non amerebbe né l’uomo né la sua ragione…
E infatti un presente così ridotto finisce in «nulla» (nichilismo), cedendo l’uomo alla tentazione di credere che la realtà non esista…
E questo è come un veleno instillato nelle vene dell’uomo dal padre della menzogna: una volontà di negare l’evidenza che qualcosa c’è.

Giussani sulla “scelta religiosa”:
Tutte le associazioni dicevano: «Noi siamo qui per educare il senso religioso degli uomini, perciò noi guardiamo soltanto la religiosità. Queste cose (aborto, divorzio…) non ci interessano»… Identificavano il proprio impegno religioso in genere, coi valori morali in astratto.
Invece noi dicevamo: tutto c’entra con la religiosità.

La Chiesa è stata per molti secoli la protagonista della storia, poi ha assunto la parte non meno gloriosa di antagonista della storia. Oggi è soltanto la cortigiana della storia. Ecco: noi non vogliamo vivere la Chiesa come cortigiana della storia…
Se Dio è entrato nel mondo non è per essere cortigiano, ma redentore, salvatore, punto affettivo totale, verità dell’uomo. E’ questa passione che ci tormenta e determina ogni nostra mossa … Nella contingenza d’una decisione si può, evidentemente, sbagliare, ma lo scopo per cui agiamo è solo questo: che la Chiesa non sia cortigiana, ma protagonista della storia. Questa immanenza della Chiesa alla storia incomincia da me, da te, dove sono, dove sei. [agosto 1989]

Siamo integralisti perché ci presentiamo con una identità chiara che si innesta organicamente su tutto quel che facciamo?
Perché abbiamo un orizzonte globale del nostro agire interiore ed esteriore?
Questo, cari miei, non è integralismo, ma unità della personalità. E’ chiarezza!

Che cosa temono e detestano di più in voi certi cattolici e laici?
Penso che i primi come i secondi temano soprattutto la nostra identità, non solo quella individuale ma di gruppo …
Essere uniti, convergenti, anche se personalmente diversi, e fare insieme scelte coraggiose e il più possibile coerenti con la fede, dà noia a certi cattolici e a molti laici. Perché? Ma perché pone incessantemente gli uni e gli altri a confronto con il Vangelo … [1977]

Allora, la cosa più importante su cui costruire, su cui siamo costruiti, non è il senso religioso, ma è l’incontro con Cristo …
Tutto l’ecumenismo di adesso, che poggia la sua argomentazione sul fatto che tutte le religioni sono simili, che tutte le espressioni religiose si equivalgono, che tutto l’affermarsi del cuore dell’uomo ha lo stesso valore dimentica semplicemente che Dio è nato bambino, è nato come un uomo e che è seguendo questo uomo che si capisce cos’è il cuore, cos’è il senso religioso, cos’è la ragione, cos’è il destino, cos’è tutto. Ma la cosa più impressionante è che, dopo quarant’anni, ci siano anche capi dei nostri gruppi che non capiscono queste cose. Sono così lontani dal comprenderle che, siccome debbono cercare di governare o di ordinare la massa di gente che costituisce la comunità, la ordinano secondo i loro pensieri e soprattutto secondo i loro sentimenti e soprattutto secondo le loro preferenze, nel senso più bieco del termine; e così squassano e sconfiggono l’energia che è costata tanto a chi li ha preceduti cinque anni fa, dieci anni fa (a chi le ha prese!).
Bisogna essere implacabili con questa gente, con chi sostituisce un proprio progetto al progetto che dice di avere incontrato, al progetto cristiano in nome del quale si muove. Bisogna essere intransigenti, non bisogna lasciar passare nessun equivoco.

Io spero che tutti nella fraternità si impegnino a livello sociale, culturale e politico, nei limiti del possibile …
Abbiamo affrontato problemi culturali e sociali in proporzione intensi almeno come quelli che affrontiamo ora, ma metodologicamente eravamo più chiari, netti (…): il punto di partenza era Cristo, era lo stupore, era la semplicità del riconoscimento di quell’avvenimento, di quello che accadeva, che era accaduto e che accadeva nel mondo: Cristo. [1982]

Fotografia: Don Giussani durante una lezione negli anni ’80 (© Archivio CL / F.B.)

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