Il gioco d’azzardo avvelena Rimini: 1.251 euro pro capite buttati nelle slot

Il gioco d’azzardo avvelena Rimini: 1.251 euro pro capite buttati nelle slot

I dati per capire il problema a Rimini e per rispondere, picche, alla nascita di una nuova maxi slot (targata Novomatic). Vediamo anche cosa sta succedendo sul fronte politico e che fanno i deputati riminesi.

Il braccio di ferro tra Comune di Rimini e Novomatic, la società che ha aperto la maxi Slot in via Crimea, è partito. Secondo l’amministrazione in quella zona non sarebbero permesse attività di questo tipo. Dall’altra parte la società, colosso del settore, non ha intenzione di cedere. La questura ha rilasciato la licenza nei giorni scorsi.

A prescindere da come si svilupperà la vicenda, vale la pena dare un’occhiata alla situazione delle slot nella nostra provincia. Lo facciamo prendendo in esame uno studio dell’Osservatorio della legalità di Rimini. I dati in esame sono piuttosto recenti (luglio 2015) e mostrano che a Rimini si spendono migliaia di euro nelle slot machine. Più che in ogni parte d’Italia.

Dal 2011 al 2014 le licenze rilasciate dalla questura sono state 90. Quelle ancora attive al 2015 erano 50. Il boom dei permessi, a Rimini, è arrivato nel 2011 (34 quelli rilasciati), poi il dato è calato per poi risalire a quota 19 nel 2014. Nel frattempo sono cresciute anche le cessazioni: 40 le rinunce nell’ultimo lustro.

La maggior parte delle slot e videolottery è installato nei bar ed esercizi similari: sono 262 gli esercizi che hanno le “macchinette”. Seconda fetta più rappresentativa è quella dei tabacchi (72 esercizi). Solo terze le sale giochi vere e proprio (58). D’altra parte, solo 12 locali, al 2015, avevano aderito all’iniziativa di respiro regionale “Free slot”, a cui chi aderiva rinunciava ad installare slot e vlt nel proprio esercizio.

Secondo i dati del 2014, la nostra provincia è quella che spende di più in Emilia-Romagna. La spesa pro capite è di 1.251 euro annui a testa, il 33 per cento in più rispetto alla media regionale. Rimini doppia il dato di Ravenna e supera di gran lunga quello di Forlì-Cesena (827 euro). Un dato sulla carta davvero preoccupante che dà la dimensione di un fenomeno che nel 2014 ha mosso un businesse superiore ai 418 milioni in provincia e di 4,1 miliardi di euro in tutta la Regione. Per dare un termine di paragone, si può utilizzare la spesa sanitaria, pari 8,6 miliardi di euro. Con le slot, insomma, si potrebbero pagare sei mesi di cure mediche a tutti i cittadini della Regione.

Eppure la quantità delle slot non è più alta di quella di altre province, anzi. Il numero di esercizi con slot in provincia è il più basso della Regione (462) e anche rapportandoli al numero degli abitanti, Rimini resta tra le ultime quattro province della regione. Interessante anche vedere come siano distribuite le licenze nei vari comuni, non più di due ogni mille abitanti. I 14 esercizi con licenza a Coriano valgono al piccolo comune l’incidenza massima. Nel comune di Rimini si contano 1,7 licenze ogni mille abitanti.

Com’è possibile che nonostante un numero tutto sommato accettabile di slot machine la spesa pro capite sia così alta? Secondo la tesi dell’Osservatorio della legalità la risposta va cercata in una parola: turismo. “Stando a quanto esaminato – si legge nel rapporto – possiamo dire che Rimini ha un alto volume di gioco rispetto alla popolazione ma un numero di esercizi in cui si gioca in linea con la media regionale”. Di conseguenza “il volume di gioco in ogni esercizio deve essere maggiore rispetto al resto della regione”. Insomma, l’alto numero di persone che arriva a Rimini in estate fa balzare la provincia tra quelle in cui si gioca di più in Italia e anche tra le più interessanti per chi vuole investire in questo business. Questa è solo un’ipotesi che – avverte l’Osservatorio – andrebbe validata dall’andamento trimestrale delle giocate, dati che non è facile produrre.

La buona notizia è la diminuzione degli utenti in cura al Sert, il servizio per le tossicodipendenze che segue anche chi ha problemi con il gioco. A Rimini sono molti meno rispetto alla media regionale. Dal 2010 il numero di persone seguite era di 63 (contro una media regionale di 56). Nel 2014 si è arrivati a 72, ma nel frattempo il problema è esploso nel resto della regione. Oggi la media delle persone seguite nelle altre province della regione dai Sert è 141.


Cosa sta succedendo sul fronte politico, che fanno i deputati riminesi

Il problema della ludopatia e della dipendenza dal gioco è entrato da alcuni anni nell’agenda politica ma con continui stop and go. Nel 2015 sono state presentate alla Camera due proposte di legge, con numerosi deputati firmatari, per vietare “qualsiasi forma, diretta o indiretta, di propaganda pubblicitaria, di comunicazione commerciale, di sponsorizzazione e di promozione di marchi o prodotti di giochi con vincite in denaro, offerti in reti di raccolta fisiche od on line”, non approdate concretamente ancora a nulla.
Tra i firmatari ci sono anche i deputati riminesi Tiziano Arlotti e Giulia Sarti, manca invece all’appello Sergio Pizzolante.
Mentre in Lombardia si è celebrata il 22 maggio scorso la seconda edizione della Giornata nazionale per il contrasto al gioco d’azzardo patologico, è in programma il 25 maggio una conferenza unificata Stato Regioni nella quale verrà esaminata una nuova proposta di regolazione del gioco d’azzardo in concessione statale.
I temi sui quali non c’è ancora accordo fra il MEF ed almeno una parte delle Regioni, sono la regolamentazione delle distanze dai luoghi sensibili, la determinazione stessa di quali siano questi luoghi, i tempi di apertura degli esercenti.
In occasione del confronto Stato-Regioni, si sono fatte avanti dieci associazioni nazionali – in maggioranza di ispirazione cattolica come ad esempio Caritas Italiana, Forum Associazioni Familiari e Associazioni Genitori Scuole Cattoliche – per ribadire: divieto di pubblicità al gioco d’azzardo assoluto, in qualunque forma e luogo (“timide, parziali e molto spesso evase le limitazioni alla pubblicità introdotte con la Legge di stabilità 2016”); riconoscimento agli enti locali di “totale autonoma potestà regolamentare e legislativa in materia”; “sorveglianza sanitaria su tutti i locali dove si esercita gioco d’azzardo”; estensione delle provvidenze della legge antiusura alle persone fisiche, in particolare “vittima di usura connessa alla dipendenza da gioco d’azzardo”; “moratoria integrale di ogni tipo e struttura di nuovi giochi d’azzardo”; “messa a disposizione di comuni, Asl, cittadini, ricercatori, dei dati – scorporati per tipologia, provincia e città – dei flussi di denaro a oggi movimentati dall’azzardo”.
Gli elementi socialmente più critici dello scenario nazionale del fenomeno sono stati così sintetizzati nelle proposte di legge contro la pubblicità del gioco d’azzardo: l’Italia è il primo mercato in Europa per le videolottery, con una diffusione pro capite quasi tripla rispetto agli Stati Uniti d’America; secondo dati Nomisma 2015, la maggior parte dei minorenni (51 per cento) ha giocato d’azzardo almeno una volta nell’ultimo anno, di questi, il 6 per cento gioca quotidianamente e il 32 per cento nasconde ai genitori o minimizza le somme effettivamente spese; spinti dal marketing, sarebbero circa 15 milioni i giocatori abituali; si stimano 800-900mila giocatori patologici, pressoché il doppio dei tossicodipendenti calcolati in Italia.
Le dimensioni economiche: circa 80 miliardi di euro di raccolta; gettito erariale generato, circa 8 miliardi di euro; costo sanitario annuale per curare le persone dipendenti dal gioco patologico stimato in 5-6 miliardi di euro.

I dati si riferiscono agli anni: 2010-2015
Fonte: Osservatoro della legalità
http://www.osservatoriolegalita.rimini.it/documenti/giocodazzardo.pdf

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