La minoranza insorge contro il bavaglio al consiglio comunale

La minoranza insorge contro il bavaglio al consiglio comunale

Ben due interrogazioni (Luigi Camporesi e Marzio Pecci) sono state presentate nel consiglio comunale di ieri sulla decisione di palazzo Garampi di sospendere la diretta del massimo organo istituzionale rappresentativo di tutta la comunità locale e al quale spettano funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo dell’ente locale. L'assessore Morolli ha detto che il 16 aprile l'amministrazione ha chiesto un parere all'Agcom. Che però avrebbe dovuto essere acquisito prima di spegnere lo streaming. Non dopo.

Nel consiglio comunale di ieri ben due le interrogazioni presentate sul tema dello streaming del consiglio comunale. Una di Luigi Camporesi (Obiettivo civico-Vincere per Rimini) e l’altra di Marzio Pecci (Lega), che si possono leggere in fondo a questo articolo. Mentre Carlo Rufo Spina (Forza Italia) ha consegnato alla presidente del Consiglio comunale Sara Donati la lettera dell’Agcom che Rimini 2.0 ha pubblicato il 10 aprile.

Quello di ieri è stato il terzo consiglio comunale col bavaglio, nonostante il Corecom e l’Agcom abbiano chiarito – e da lunga data – che “è consentito trasmettere integralmente in diretta, su canali televisivi e sul web, le riunioni di Consigli comunali o di altri organi espressione di istituzioni locali o centrali dello Stato”.
Diciamo subito che ieri all’ordine del giorno c’era un tema importante, quello della sede della questura e della temporanea localizzazione in piazzale Bornaccini: se ne parla da qualche mese, con scambi polemici fra maggioranza e minoranza. Peccato che la migliore occasione per capire le reali posizioni in campo e le prospettive di lavoro di chi garantisce la sicurezza dei cittadini, sia stata oscurata da palazzo Garampi. Senza solide ragioni, come vedremo.

Dopo le interrogazioni è toccato all’assessore Morolli spiegare la posizione della giunta e poi ha preso la parola anche Sara Donati. Cominciano dal primo, il quale ha sostenuto quanto segue: “Con comunicazione inviata a mezzo pec in data 26 marzo 2019, il presidente del Corecom rendeva noto che a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 25.3.2019 della convocazione dei comizi elettorali per l’elezione dei membri del parlamento europeo, a partire dallo stesso giorno (25 marzo) diventava operativo il divieto di svolgere attività di comunicazione disposto dall’art. 9 della legge n. 28 del 22 febbraio 2000, “Disposizioni in materia di par condicio”. In conseguenza di tale comunicazione viene disposta la sospensione del servizio diretta streaming fin dalla seduta del consiglio comunale del 26 marzo e tale decisione viene comunicata nel corso della conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari del 26 marzo. Tale decisione si pone in linea di assoluta continuità con la prassi interpretativa in materia che è sempre stata seguita in questi da questo Comune. Successivamente a detta decisione veniva da più parti contestata, come peraltro accaduto anche negli scorsi anni, assumendo che altri enti locali si comporterebbero diversamente dal Comune di Rimini, gli uffici svolgevano gli approfondimenti del caso, dall’esito dei quali non essendo stati rinvenuti orientamenti interpretativi univoci, ritenevano indispensabile per dirimere la questione formulare un quesito all’Autorità garante delle comunicazioni. Pertanto con nota in data 16 aprile 2019 veniva inviato un quesito in ordine alla corretta portata applicativa dell’art. 9 della legge n. 28 citata. Una volta acquisito il parere di Agcom il comune di Rimini si adeguerà alle determinazioni dell’Autorità”.

Due considerazioni. La prima: l’unica prassi interpretativa che fa testo è quella dell’Agcom, la quale da anni ha chiarito che la diretta dei consigli comunali non rientra nella attività di comunicazione. Se ne trova ampia traccia sul sito dell’Agcom. Da ultimo l’Autorità l’ha ribadita anche rispondendo al quesito posto da Rimini 2.0. La seconda. C’è invece una prassi anomala seguita in questa vicenda, ed è quella del Comune di Rimini, che prima decide di interrompere lo streaming e poi, a seguito degli articoli pubblicati da Rimini 2.0, chiede il parere di Agcom, ma lo fa solo il 16 aprile. Già il 29 marzo Rimini 2.0 ha riportato il parere del Corecom: “a tutti coloro che ci hanno interpellati per sapere se potevano mandare in onda lo streaming del consiglio comunale in periodo elettorale abbiamo sempre risposto di sì, allegando il relativo parere di Agcom”. La decisione di “spegnere” la diretta del consiglio comunale, tanto più in un contesto segnato da opposti orientamenti da parte di numerosissime amministrazioni (tutti i capoluoghi della Romagna, Bologna, Imola, la Regione Emilia Romagna stessa, i Comuni di Cattolica, Misano, Santarcangelo e altri) avrebbe dovuto essere preceduta dalla acquisizione di un parere del Corecom o di Agcom, evitando così che la cittadinanza venisse privata, seppure temporaneamente, di un importante strumento partecipativo e di trasparenza nella gestione della cosa pubblica.

Passiamo alla presidente del consiglio comunale, Sara Donati, alla quale in data 11 aprile abbiamo inviato una mail rimasta senza risposta. Scrivevamo fra l’altro che “dal 29 marzo scorso Rimini 2.0 pubblica articoli sostenendo che la messa in onda dei consigli comunali non rientra fra le attività di comunicazione vietate in periodo elettorale e dunque rappresenta un errore la scelta di interrompere lo streaming dal 25 marzo. Ieri abbiamo pubblicato l’autorevole parere dell’Agcom. Tutto tace”. E le chiedevamo di “volersi esprimere in merito, nelle forme che riterrà più opportune: un intervento di suo pugno, una intervista, come preferisce”. Nulla.

Ieri sera in consiglio comunale Sara Donati ha detto che “la nostra amministrazione ha il dovere di applicare le norme e la norma che ci è stata inviata dispone quanto vi è stato già detto: per assicurare la par condicio dovranno essere garantite le comunicazioni fatte in forma impersonale. Noi abbiamo acquisito una serie di documentazioni a supporto della decisione che è stata presa, e in particolar modo non solo le disposizioni attuali che sono state citate dall’assessore Morolli, e comunicazioni trasmesse sia per elezioni parlamentari che per quelle comunali, e che pertengono all’espresso divieto di effettuare modalità di comunicazione che non siano strettamente istituzionali e impersonali. Oltre a questo abbiamo agito sulla base di una serie di chiarimenti che abbiamo chiesto nel 2016 alla prefettura di Rimini che ha interpellato l’Agcom e che, vi leggo testualmente, “l’Autorità ha espresso avviso che durante il periodo di vigenza della normativa della par condicio, non debba essere consentita la trasmissione televisiva delle sedute di consiglio comunale in considerazione della circostanza che tali trasmissioni potrebbero comunque dar luogo a violazioni della legge 28/2000″. Sulla base di questo sono state prese le decisioni. Qualora ci fossero o si ravvisassero motivazioni per le quali queste norme e questi pareri dovessero essere mutati, ecco la ragione del richiedere un approfondimento, perché le norme come sapete evolvono e anche le interpretazioni, sarà mia cura disporre diversamente. Ad oggi non abbiamo acquisito documentazione che comprovi qualcosa di diverso”.

Dunque nel 2016, anziché rivolgersi ai due enti preposti alle comunicazioni, Corecom e Agcom, il Comune di Rimini ha scelto la strada indiretta della prefettura che a sua volta ha interpellato l’Agcom. Non disponiamo della documentazione alla quale ha fatto riferimento la presidente del consiglio comunale (bisognerebbe avere anche il quesito posto dall’amministrazione alla prefettura) e dunque sospendiamo il giudizio, ma applicare in automatico una decisione presa sulla base di un parere “indiretto” acquisito nel 2016, quando era già stato contestato in consiglio comunale da Luigi Camporesi, appare non proprio una prassi lineare.

Nell’attesa che arrivi la risposta dell’Agcom, Pecci ha deciso di trasformare l’interrogazione in mozione, sottolineando che l’Agcom si è già espressa.

 

Alla c.a.
Sindaco
Comune di Rimini
Signor Andrea Gnassi

Interrogazione con richiesta di risposta scritta urgente entro il termine massimo di cinque
giorni, come da Statuto Comunale Art. 22 /Bis Comma 10: “Diretta Streaming IP e Televisiva Consiglio Comunale”

Signor Sindaco,
interrogo relativamente alla sospensione della trasmissione della diretta in streaming IP delle sedute del Consiglio Comunale, così come per la sospensione della diretta televisiva e della mancata disponibilità sul sito del Comune di Rimini delle registrazioni audio video relative.
Le sospensioni e la mancata pubblicazione sono state decise inizialmente durante il precedente mandato amministrativo. Personalmente mi sono sempre opposto a questa decisione. Mi è da subito sembrata una interpretazione trinariciuta della legge sulla Par Condicio.
La dimostrazione che ho dato qualche anno fa, per similitudine, è semplice e ancora attuale: enti sovraordinati come la Camera dei Deputati e il Senato, continuano a trasmettere sui canali istituzionali le sedute durante i periodi pre-elettorali. Vi fosse stata una qualche violazione, è poco probabile che questa sia sfuggita per anni all’attenzione dei tanti raffinati giuristi che si occupano di questioni politiche.
Alla sua Amministrazione è stato chiarito da anni dunque, che non serve uno scienziato con lauree in prestigiose università internazionali per capire che non vi è alcuna reale imposizione giuridica in materia. Ultimamente poi, il redattore di riminiduepuntozero, rivista online, si è scomodato nel chiedere pareri all’AGCOM, l’Autorità Garante per le Garanzie nelle Comunicazioni, al CORECOM – Comitato Regionale per le Comunicazioni – e si è letto alcune sentenze della Corte Costituzionale. Quest’ultima si è espressa nel 2000 in modo tale da lasciare ampio spazio alle trasmissioni consiliari, scrivendo: “evitare il rischio che le stesse (amministrazioni pubbliche, NdR) possano fornire, attraverso modalità e contenuti informativi non neutrali sulla portata dei quesiti, una
rappresentazione suggestiva, a fini elettorali, dell’amministrazione e dei suoi organi titolari”. Come scrive il giornalista: “Non è proprio il caso che si verifica con lo streaming del Consiglio comunale, che documenta una attività istituzionale punto e basta”.
Il CORECOM ha risposto citando L’AGCOM che ha chiarito senza lasciare alcuno spazio al dubbio e cito: “E’ importante premettere che, secondo la prassi interpretativa dell’Autorità, la trasmissione integrale delle sedute degli organi consiliari delle amministrazioni locali non rientra, in via generale, nella fattispecie della comunicazione istituzionale e, pertanto, può essere diffusa nel corso della campagna elettorale. E’ quindi consentito trasmettere integralmente in diretta, su canali televisivi e sul web le riunioni di Consigli Comunali o di altri organi espressione di istituzioni locali o centrali dello Stato.”
In passato è stato chiesto un parere al Prefetto, parere che ho letto ma che non ho ritrovato fra i miei documenti cartacei. Ricordo tuttavia il tono della domanda posta che era qualcosa del tipo: “Possiamo noi consiglio Comunale decidere di sospendere le trasmissioni in periodo preelettorale?”.
Gli fosse stato chiesto se potevamo spostare le sedie oppure rinfrescarci con bevande, la risposta sarebbe stata esattamente la stessa ossia, e questo è solo il sunto che ricordo: “Siete un organo sovrano nei limiti dettati dalla legge, quindi potete decidere in merito”. Esempio da manuale sul metodo insopportabilmente e inutilmente arrogante e autoritario con cui la sua Amministrazione tratta le opposizioni.
Tutto questo premesso, le domando relativamente alle sedute consiliari recenti e future:
1) Quando riprenderanno le trasmissioni in diretta televisiva.
2) Quando riprenderanno le trasmissioni in diretta streaming IP.
3) Quando saranno pubblicate sul sito del Comune le registrazioni audio video degli ultimi tre consigli comunali.

Luigi Camporesi
Obiettivo Civico – Vincere per Rimini

 

Signor Presidente,
Signor Sindaco,

la decisione di applicare la legge sulla par condicio anche alle riprese in streaming sembra essere del tutto sbagliata anche in relazione a quanto scritto dalla testata online riminiduepuntozero.
Concordo con l’articolista quando afferma che “in nome della par condicio si oscura una fonte preziosa di conoscenza dell’attività della pubblica amministrazione e di partecipazione dei cittadini”.
Concordo con la testata anche perché in passato, durante il referendum, AGCOM e CORECOM si erano espresse a favore dello streaming perché non viola la par condicio.
La libertà di espressione dei consiglieri riminesi non può in alcun modo essere compressa da una decisione inappellabile della maggioranza che trova come unica scusante l’incapacità della maggioranza stessa a comunicare con i cittadini riminesi.
Perso l’appeal ed il consenso la maggioranza che amministra la città invece di chiedersi quali sono le ragioni della fuga dal PD preferisce ricorrere al bavaglio di chi la pensa diversamente per continuare in un progetto che risulta essere fallimentare.
Se l’assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna trasmette lo streaming così come fanno tanti altri comuni, compresi quelli vicini come Cattolica e Misano, non vedo per quali ragioni noi siamo imbavagliati.
E’ vero che l’opposizione racconta le verità scomode alla maggioranza, ma l’opposizione non si può imbavagliare.
La città ha il diritto di sapere ed attraverso questi microfoni i riminesi possono sentire una voce diversa, una visione diversa, a volte scomoda, ma questa è la libertà.
Per questo interrogo il Presidente ed il Sindaco per conoscere le ragioni della sospensione dello streaming atteso che il comune di Rimini non va al voto e quindi di revocare da subito la decisione presa.

Marzio Pecci
Lega

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