La ricca Hera (a controllo pubblico) e i lavoratori col contratto scaduto da anni

La ricca Hera (a controllo pubblico) e i lavoratori col contratto scaduto da anni

Stacca dividendi milionari per i Comuni (oltre 2 milioni di euro l'anno per palazzo Garampi). Il margine operativo lordo dell’area ambiente della multiutility nel primo semestre del 2021 è cresciuto a 142,6 milioni di euro. Il presidente Tomaso Tommasi di Vignano dal bilancio 2020 risulta avere portato a casa 705.690 euro e l'amministratore delegato 1.330.590. Ma in che condizioni lavora chi opera nei servizi ambientali (da tutti definiti strategici) e incensati a Ecomondo?

Il gruppo Hera ha presentato a Ecomondo dati favolosi sulla raccolta differenziata. Una media del 65,3%, che supera anche l’85% in alcune città importanti, con l’aggiunta che più del 90% del rifiuto differenziano viene portato a effettivo recupero. Un settore che muove un fatturato miliardario.
Ma chi va in strada ad occuparsi della raccolta dei rifiuti, anche di quelli differenziati, e dei servizi ambientali in genere? Con o senza la pandemia. Tutti i giorni dell’anno e con qualunque condizione meteorologica? In un settore che vede uno dei più alti numeri di infortuni sul lavoro?
Sono coloro che ieri hanno scioperato in tutta Italia, e anche a Rimini – oltre che un po’ in tutta la regione – con un presidio davanti alla sede di Hera in via Consolare. Il costo della vita aumenta ma i loro stipendi sono fermi a due anni e mezzo fa quando è scaduto il contratto. «Infortuni e malattie professionali nel nostro settore sono più alti rispetto ad altri comparti, perché spesso si lavora male, con mezzi e strumentazioni inadeguati»: così una delle tante voci che sono state raccolte fra i manifestanti.
Quello dei servizi ambientali, che tutti definiscono strategici e di fondamentale importanza per tarare le nostre città con pratiche green, in realtà è «un settore caotico popolato da diversi contratti e dove le aziende fanno dumping contrattuale togliendo i diritti ai lavoratori».
Che cosa fa riflettere in questo sciopero?
Prendiamo il caso di Hera. Che “padrone” è? Quotata in borsa dal 2013, è una società partecipata a controllo pubblico, esercitato da un patto di sindacato tra enti pubblici che detiene la quota di maggioranza delle azioni. Ce ne siamo occupati su Rimini 2.0 di questo aspetto, ad esempio qui.
Comandano i Comuni, insomma. Che incassano dividendi sempre in crescita: 11 centesimi per azione nel bilancio 2020 (ma si arriverà a 13 centesimi nel 2024), «+10% e superiore alle indicazioni contenute nel piano industriale, alla luce del raggiungimento di risultati incrementali rispetto alle attese» come ha spiegato Hera. E la cedola è stata staccata il 5 luglio, con pagamento il 7 luglio.
Il Comune di Rimini (attraverso Rimini Holding) deteneva 20.365.208 azioni ordinarie (pari a circa l’1,37% del capitale sociale) di Hera s.p.a e nel 2019 decise di vendere 1.878.628 “azioni libere”. La cedola di palazzo Garampi ammonta a oltre 2 milioni di euro l’anno. Chi riceve il servizio da Hera, incassa anche i dividendi, e dunque non è peregrino l’interrogativo che circola da sempre su quale tipo di controllo possano effettivamente esercitare i Comuni. Ci sono poi gli affidamenti diretti dei lavori che contano, come ha fatto il Comune di Rimini mettendo nelle mani di Hera tutto il cantiere del Psbo senza gara pubblica. Per non parlare delle convenzioni scadute e in regime di prorogatio per una decina d’anni, sia nel campo dei rifiuti (scaduto nel 2012 per il bacino di Rimini mentre per i comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata di Feltria, Talamello è gestito in assenza di convenzione) che in quello del servizio idrico integrato: in quest’ultimo caso la convenzione tra l’Agenzia d’Ambito di Rimini ed Hera giunse a scadenza il 14 marzo 2012. Si è messa in moto la procedura ad evidenza pubblica e nel 2018 il consiglio d’ambito di Atersir ha approvato gli atti relativi alla gara. L’11 dicembre 2019 si sono chiusi i termini di presentazione delle offerte: due quelle pervenute, Hera e Acea. Alla fine di tutte le valutazioni la commissione ha decretato, a inizio ottobre, l’aggiudicazione a favore di Hera, divenuta efficace qualche giorno fa (qui la documentazione). L’affidamento partirà dal 1° gennaio 2022 e avrà la durata di 18 anni. Il contratto fra la multiutility e Atersir ha un valore di oltre 1,7 miliardi di euro e naturalmente Hera l’ha presa bene (qui).
E’ una società ricca Hera, in ottima salute, e come potrebbe navigare in cattive acque visto che ha la stazza del “monopolista”?
Essendo una multiutility ricca, non se la passano male nemmeno i suoi vertici. Il presidente esecutivo Hera, Tomaso Tommasi di Vignano, dal bilancio 2020 (qui) risulta avere portato a casa 705.690 euro, di cui 380.000 di compensi fissi, 314.260 come “bonus e altri incentivi”, 9.635 “benefici non monetari” e 1.795 “altri compensi”. L’amministratore delegato Stefano Venier 1.330.590 euro.
I risultati del primo semestre 2021 diffusi da Hera lo scorso luglio, parlano di ricavi pari a 4.179,7 milioni, in notevole aumento, per 777,4 milioni (+22,8%). «In particolare, alla crescita hanno contribuito il settore ambiente, con l’aumento dei rifiuti trattati e delle materie plastiche vendute, e le aree energy». Il margine operativo lordo è arrivato a 617,9 milioni, in aumento di 58,2 milioni (+10,4%) rispetto al 30 giugno 2020. «La crescita è stata determinata soprattutto dalle aree energy, per i maggiori margini di vendita e intermediazione, e dal settore ambiente».
Il risultato operativo è salito a 343,6 milioni (+16,2%). L’utile prima delle imposte a 288,5 milioni (+20,5%). L’Utile netto al 30 giugno 2021 vale 236,2 milioni (+35,1%) e «l’utile di pertinenza degli Azionisti del Gruppo risulta in forte crescita a 216,1 milioni (+30,0%), rispetto ai 166,2 milioni dell’analogo periodo dell’anno precedente».
L’area ambiente equivale ad oro per Hera: «Nel primo semestre 2021 il MOL dell’area ambiente – che include i servizi di raccolta, trattamento, riciclo e smaltimento dei rifiuti – è cresciuto a 142,6 milioni, con un forte aumento, pari al 16,5%, rispetto ai 122,4 milioni del 30 giugno 2020, grazie in particolare alla crescita dei volumi trattati, all’incremento della vendita di prodotti di plastica riciclata e ai maggiori ricavi relativi alla produzione di energia elettrica e biometano. Si registrano inoltre i primi positivi impatti delle nuove acquisizioni, con particolare riferimento a Recycla, che dal 1° gennaio ha contribuito ai risultati per 3,5 milioni». E il «contributo dell’area ambiente al MOL di Gruppo è pari al 23,1%», secondo solo a quello dell’area gas (39,5%).
E’ questo il “padrone” di molti di quei lavoratori che ieri si sono presentati con le bandiere del sindacato alla manifestazione promossa da Fp-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Fiadel a seguito della rottura delle trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di settore, che secondo i sindacati è tutta da attribuire alle associazioni datoriali, che prima hanno lasciato trascorrere qualcosa come 27 mesi dalla scadenza del contratto e poi hanno posto condizioni difficilmente accettabili.
«Riconoscere il diritto al rinnovo del contratto a questi lavoratori, soprattutto dopo il servizio svolto nel corso della pandemia, è doveroso. Ed è ancora più urgente perché riguarda gli addetti di un settore strategico, che sarà valorizzato dagli investimenti europei legati al Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Inoltre, ribadiamo che nei servizi ambientali deve essere applicato solo ed esclusivamente il Ccnl previsto, includendo quindi appalti, subappalti e tutta la filiera» hanno spiegato le sigle sindacali.
«In Hera l’adesione allo sciopero nazionale dei Servizi Ambientali è stata pressoché totale, minore l’astensione nelle aziende in appalto Colas e Formula» ha fatto sapere Ornella Giacomini della FP Cgil di Rimini. «Nel corso del presidio, che è stato mantenuto per tutta la mattinata davanti alla sede di Hera, ci sono stati anche momenti di protesta da parte sindacale nei confronti della Direzione aziendale che, in contrasto con accordi precedentemente sottoscritti, ha precettato dei lavoratori per utilizzarli in mansioni non mirate esclusivamente alla salvaguardia dei servizi minimi essenziali. Una lettera di diffida è stata anche indirizzata alle aziende in appalto che nei giorni scorsi hanno chiesto direttamente ai lavoratori se erano intenzionati o meno a scioperare ravvisando in ciò una esplicita forma di pressione contraria alla libertà di sciopero. Un’altra lettera è stata inviata sia al Sindaco di Rimini che al Prefetto per illustrare i motivi dello sciopero ritenendo necessaria l’assunzione di responsabilità da parte di tutte le Istituzioni per contribuire alla risoluzione di questa lunga vertenza ed evitare ulteriori iniziative di mobilitazione».
Fra le richieste, «un Contratto che contrasti il fenomeno del “dumping” contrattuale e diventi anche il CCNL di filiera in un’ottica di economia circolare, attraverso l’allargamento del campo di applicazione verso gli impianti di recupero, riciclo e riuso. Altro punto, rispetto al quale verrà chiesto prossimamente uno specifico incontro al Comune di Rimini riguarda l’implementazione delle norme e degli strumenti di prevenzione per salute e sicurezza affinché il settore, che ad oggi è tra le prime posizioni per infortuni spesso mortali, non detenga più questo triste primato e migliori sensibilmente le condizioni di lavoro. E ancora: il consolidamento di norme che evitino forme di precarizzazione nel mercato di lavoro, il rafforzamento della normativa sulla formazione continua, anche attraverso un confronto partecipativo per la condivisione dei fabbisogni e dei conseguenti progetti formativi, il rafforzamento dell’esigibilità contrattuale della clausola sociale ai fini del mantenimento occupazionale, indipendentemente dalla forma d’impresa, il riconoscimento di un accordo economico contrattuale che tenga conto del mancato rinnovo da oltre 2 anni con il conseguente adeguamento delle retribuzioni al crescente costo della vita».

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