E' un "pezzo" unico, che il Drake realizzò nel 1962 per dotare la Polizia di Stato di un mezzo veloce e grintoso per combattere la criminalità. Luigi Cappelli la acquistò nel 1972 ed è rimasta a Rimini fino al 2015. Ma adesso è finita in vendita e rischia di venire sottratta alla memoria storica di tanti operatori della polizia. La famiglia di Armando Spatafora, il vicebrigadiere che ha legato il proprio nome alla rombante 250 Gte, sta cercando di attivare una raccolta fondi: "La sua sede naturale è il Museo delle Auto Storiche della Polizia".
Nel 1962 esce il primo numero di Diabolik. Il fumetto, nato dalla fantasia della milanese Angela Giussani (1922-1987), manda all’aria tutti gli schemi editoriali dell’epoca. Angela, in seguito affiancata dalla sorella Luciana nella conduzione della Casa Editrice Astorina, scaraventa un tornado di emozioni forti nel vuoto delle ingessate convenzioni sociali dell’epoca. Alla velocità con cui lancia il micidiale coltello, Diabolik diventa l’eroe negativo “più amato dagli italiani”. Il successo del personaggio viaggia sulle ruote a raggi cromati della Jaguar E-Type, entrata in produzione l’anno prima. Del capolavoro disegnato dall’inglese Malcolm Sayer, Enzo Ferrari, normalmente poco avvezzo a fare complimenti a creazioni che non fossero uscite dall’azienda di famiglia, dirà che “è l’auto più bella mai costruita”. Sempre nel ’62, in una Roma ben più concreta delle lievi pagine di carta, le forze dell’ordine, nonostante gli innumerevoli sforzi degli agenti impegnati, stentano a contrastare la criminalità locale che dalla sua dispone della sorpresa e di auto molto potenti per assicurarsi la fuga. Esistono due versioni dell’episodio che descriviamo. Abbiamo sposato quella della figlia di Armando Spatafora (la sentirete anche nel filmato proposto a piè pagina) che vede intervenire il Capo della Polizia, Angelo Vicari. Urge un rimedio. Vicari chiede idee nuove e contromisure agli uomini che operano sul campo. Al termine della riunione, un vicebrigadiere, Armando Spatafora della Squadra Mobile, fino a quel momento rimasto silenzioso e in disparte, lancia una richiesta che sconcerta i presenti. Sbigottisce ancor più la risposta sorprendentemente positiva del Capo della Polizia: «sarai accontentato!» Cosa avrà mai chiesto, Spatafora?

Armando Spatafora (in primo piano) con la mitica “pantera”
Dopo tre mesi, compresi i dieci giorni impiegati a Maranello per frequentare un corso di guida ad hoc, gli agenti Carlo Annichiarico, Dalmatio De Angelis e Giuseppe Savi sono accreditati per guidare una prestigiosa Ferrari 250 GTE, un trionfo di cilindri, allestita con lampeggiante, sirena, strumenti per comunicazioni radio e contrassegni delle volanti della Polizia di Stato. L’auto è nera come una pantera nera e minacciosa come la notte. I tre sono guidati dal loro “caposquadriglia” (la Ferrari pare volare), colui che di lì a poco diventerà un eroe della lotta al crimine: il vicebrigadiere Armando Spatafora (1927-1987). Un uomo che le canaglie romane già conoscono e temono per fiuto investigativo, memoria visiva e abilità di guida. Nel ’64 il quotidiano Il Tempo conia un adagio: “Se vai in giro a tarda sera, occhio sempre alla pantera! Ma se esci a tarda ora occhio, amico, a Spatafora”.

Le fotografie della Ferrari 250 GTE 2 + 2 sono tratte dal sito del Museo della Polizia di Stato
Durante gli anni di collaborazione, il binomio Ferrari-Spatafora consegna alla storia e al mito una serie di operazioni e tallonamenti mozzafiato degni di un film. Ne viene realizzato uno nel ’77. Il titolo è “Poliziotto Sprint”, la regia di Stelvio Massi. Nella pellicola, l’acme si raggiunge in pieno centro a Roma con l’inseguimento “Ferrari 250 vs. Alfa Romeo 2500”. Il duello rusticano, veramente accaduto e conclusosi con l’arresto dei banditi, avviene alle sei del mattino lungo la settecentesca scalinata di Trinità dei Monti. I 136 gradini sono fatali all’Alfa, mentre la GTE è ferita, ma se la cava con un breve ricovero a Maranello per accertamenti e una rimessa in sesto generale. Poi torna a Roma per riprendere regolarmente servizio.
Una leggenda orientale narra che tutti nasciamo con un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Quel filo è chiamato “il filo rosso del destino”. Quello della nostra storia è rappresentato dagli anni 1962 e 1987. Nel ’62 grazie alla generosità del “Drake”, forse stimolato dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, la Polizia di Stato riceve in dono l’auto del Cavallino Rampante con cui Spatafora renderà la vita difficile a molti criminali. Sempre nel ’62, Angela Giussani dà vita al Genio del Male che sfreccerà per Clerville al volante della sinuosa Jaguar E Type. Quanto al 1987, è l’anno in cui vengono a mancare sia il poliziotto siracusano, nel tempo promosso maresciallo, che l’editrice milanese. Entrambi hanno intriso l’anima nel crudo mondo della criminalità, l’una virtualmente con lo spirito libero e anticonvenzionale che le era connaturato, mentre il secondo lo ha vissuto percependone il respiro acre, quasi fosse tatuato sulla propria pelle. Le vite di entrambi i protagonisti “umani” si interrompono. Le due supercar invece sopravvivono a se stesse e alla leggenda. La Jaguar E continua a scorrazzare sulle pagine di Diabolik la cui saga prosegue mensilmente in edicola, mentre della Ferrari 250 GTE, una volta congedata se ne erano perse le tracce. In realtà, noi l’avevano sotto il naso, ma erano in pochi a saperlo. La storia riminese della “Pantera”, ce la racconta Alberto (amministratore unico della Cappelli & C. S.r.L.), uno dei figli di Luigi Cappelli che l’acquistò a Roma nel lontano 1972.

Da destra: Alberto Cappelli con la signora Iride, l’ex capo della Polizia Antonio Manganelli e il Dr. Natella del Museo della Polizia, ad un ricevimento a Roma nel 2012
Signor Alberto, suo padre ebbe una felice intuizione, quando comprò la mitica 250 GTE.
«È innegabile che avesse un debole per tutto ciò che si sposta su ruote. Acquisì la Ferrari come fece anche per un bellissimo autocarro Magirus con autoscala di 26 metri dei Pompieri del 1924, ora in mostra al Museo dei Vigili del Fuoco di Mantova. Ma negli anni aveva comperato un calesse del 1850 e perfino un carro agricolo da processione, lavorato a mano, del 1869. Aveva lo spirito del collezionista. Ma anche una prerogativa che ho anche io, ereditata per via genetica: conservare quanto più possibile gli oggetti, così come sono. Nostro padre è morto pochi anni dopo l’acquisto della Ferrari. Abbiamo coperto la GTE con un telo. È rimasta così per una ventina di anni, pur acconsentendo di mostrarla a chiunque ce lo chiedesse».
E poi, qual è stata l’evoluzione degli avvenimenti?
«Come detto, per i primi due decenni la “Pantera” è stata in azienda sotto un telone nelle stesse condizioni in cui si presentava nell’ultimo giorno di onorato servizio. Di questo, in seguito anche la Polizia ha riconosciuto che ho fatto di tutto per lasciare l’auto nello stato originale. Per ragioni che ora sarebbero lunghe da raccontare, il Colonnello Medico Luciano Caporali della Polizia di Firenze, fondatore del Club delle Pantere Storiche, viene a conoscenza che l’automobile Ferrari (telaio 3999 e non iscritta al P.R.A.), si trova in un autosalone a Rimini. Da quel momento inizia la palingenesi della “Ferrari di Spatafora”. Si infiamma l’interessamento delle Istituzioni. Un giorno arriva un invito ufficiale da Roma. La “Pantera” si lascia condurre docilmente fino alla Capitale dal Capo della Polizia di allora, Vincenzo Parisi. Con il prefetto facciamo un accordo “fra gentiluomini”. Un tempo succedeva anche di prendere reciproci impegni senza scrivere nulla. Rimaniamo d’accordo che avrei lasciato l’auto presso il Museo della Polizia, allora in fase di allestimento. Quando avessero organizzato manifestazioni, mi avrebbero interpellato per avere il mio assenso e anche la mia eventuale adesione a parteciparvi».

Alberto Cappelli con la divisa della Polizia di Stato con Lord March e signora
Quando si è perfezionato il tutto?
«L’inaugurazione del Museo delle Auto della Polizia di Stato avviene il 20 aprile 2004. Ho una foto, a cui tengo particolarmente in cui compaiono Piero Ferrari, il ministro degli Interni Giuseppe Pisanu, il capo della Polizia Gianni De Gennaro e il sottoscritto. Ho partecipato al “vernissage” dello stand in cui avevano posizionato la Ferrari con tanto di gigantografia della famosa scalinata: vederle intorno tanta ammirazione è stata una grande emozione. Devo confessare che quando ero per strada con quell’auto, in qualche modo mi sentivo di appartenere al corpo della Polizia. Ero intimamente orgoglioso di rappresentarlo. Pensi che in Inghilterra mi hanno perfino autorizzato ad indossare la loro divisa».
Davvero?
«Goodwood è uno dei più importanti circuiti storici britannici per auto e moto. È nato sul terreno di un aeroporto utilizzato durante la seconda guerra mondiale. Nel settembre del 1999, nell’ambito del Goodwood Revival, spettacolare manifestazione motoristica che dura tre giorni, la GTE della Polizia è invitata a parteciparvi come “macchina dell’anno”. In quell’occasione ho rappresentato la polizia italiana guidando la Ferrari e vestito la divisa fornitami da Roma. Tra l’altro, in quei giorni cadeva il settantesimo compleanno di Stirling Moss. Abbiamo festeggiato anche il leggendario pilota inglese, purtroppo morto di recente. Le emozioni, durante la memorabile trasferta in Gran Bretagna, sono state innumerevoli. Ho molte foto. Anche con l’impareggiabile Stirling Moss».

Stirling Moss a bordo della Ferrari appartenuta alla Polizia
Praticamente sta affermando che la “Pantera” è stata una sorta di ambasciatrice.
«In quella occasione, non c’è dubbio, ma il grande lavoro di comunicazione è stato fatto qui in Italia. Ricordo di avere partecipato più volte alla rievocazione storica della Coppa Milano-San Remo. Non so più in quante occasioni sono stato in visita ufficiale, ospite d’onore a Maranello: la Pantera della Ferrari era (ed è) unica al mondo. Quando era ancora in azienda da noi, ci sono saliti tutti i piloti più famosi che possano venire in mente, a cominciare da Luigi Villoresi (1909-1997; ex pilota Ferrari, Maserati, Lancia). Ma inspiegabilmente, per Rimini è sempre stata un fantasma… ».
Fin qui il racconto di Alberto Cappelli che nel 2015 cede la Ferrari. In accordo con il nuovo proprietario, si mantengono le medesime condizioni d’uso con il Ministero degli Interni. Sicuramente fino a un paio di anni addietro l’auto risultava ancora nel museo di Roma. È di pochi giorni fa una notizia che fa il giro del mondo (perlomeno quello motoristico storico): la “Ferrari di Spatafora”, come veniva chiamata da molti, è in vendita presso Girardo & Co., società londinese con sede anche a Bergamo che si occupa del restauro e commercio di auto d’epoca. Concepire che in linea teorica potrebbe prendere la via che conduce verso chissà quale paese straniero, getta nello sgomento gli appassionati di auto storiche e sicuramente molti appartenenti alla Polizia di Stato che ricordano il valoroso maresciallo. Non vogliamo nemmeno pensarci, allo stallo vuoto nel Museo delle auto della Polizia a Roma. Riguardo a questo ultimo punto, si immagina facilmente come la notizia abbia fatto metaforicamente “sbandare” la famiglia Spatafora. A noi sembra che un vero e proprio “testa-coda”, per rimanere in tema automobilistico, lo abbia fatto invece Maranello. Non è possibile che la casa automobilistica più titolata e famosa del mondo si lasci sfuggire l’occasione di recuperare un pezzo così singolare della propria gloriosa storia. L’azienda emiliana ha sicuramente la forza economica di acquistarla per concederla nuovamente in uso al Museo della Polizia.
Il nobile gesto accrescerebbe ancora di più il prestigio del Cavallino. La Ferrari è la Ferrari!

Il campione del mondo John Surtees ad un Ferrari tour, Firenze 2004, con il gioiello del 1962
Per sapere se in tal senso ci fosse interesse da parte della celebre casa automobilistica, dopo avere spedito un’e-mail all’ufficio stampa, rimasta senza risposta, abbiamo telefonato più volte per farci mettere in contatto con chi si occupa dei rapporti con i media. Niente da fare. Impossibile comunicare con i “comunicatori”…
La figlia di Armando Spatafora, la Signora Carmen, conosce bene e ha vissuto da vicino le avventure del padre tanto che nel 2010 ha scritto un libro per ricordarne la vita e le gesta. Il titolo dell’opera è “Il poliziotto con la Ferrari” (Rubbettino Editore). Carmen Spatafora, la cui famiglia è rimasta profondamente colpita dalle ultime novità apprese dai giornali, ci ha inviato una breve, ma sentita considerazione:
«Quella vettura non rappresenta solo un gioiello dell’automobilismo italiano o le imprese compiute da mio padre. Quella macchina racconta la vita e le storie di tanti operatori, forse meno conosciuti, ma che hanno sacrificato e continuano a sacrificare la loro vita, per poche lire prima e pochi euro oggi e che vedono in quel cimelio la memoria storica di cui sono orgogliosi». In seguito, l’avvocato Domenico Ferraro, figlio della Signora Carmen, ci ha informato che la famiglia Spatafora spera di coinvolgere l’A.N.P.S. (Associazione Nazionale della Polizia di Stato) per ricorrere al “crowdfunding” (finanziamento collettivo) al fine di «cercare di acquistare la Ferrari per poi donarla alla Polizia di Stato perché lì è il suo posto. La sua sede naturale è il Museo delle Auto Storiche della Polizia. La sua sede naturale sono le strade e le piazze italiane per ricordare chi eravamo e chi potremo sempre essere».
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