La svolta marxista di Confindustria

La svolta marxista di Confindustria

Satira anarco liberista. Con un incredibile comunicato stampa l’associazione dei “padroni” annuncia di “comprendere” le ragioni dello sciopero del 16 dicembre di Cgil e Uil, a cui non aderisce la Cisl. Inoltre Confindustria indossa l’aureola e si dice preoccupata per il “potere d’acquisto” dei lavoratori. Quest’ultimo problema gli industriali potrebbero risolverlo in un baleno: liquidando tutti i loro beni e ridistribuendoli tra gli operai e attuando politiche di salario uguale per tutti, dal proprietario all’ultimo dei dipendenti.

Parafrasando il maestro Karl Marx possiamo finalmente affermare: “Uno spettro si aggira per la Romagna: è lo spettro di Confindustria”.
Peccato che, rispetto alle grandiose parole del filosofo di Treviri contenute nel “Manifesto del partito comunista”, non si possa aggiungere “tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia a questo spettro…” infatti nessuno sta inseguendo questo fantasma, perché, viste le sue evidenti difficoltà, si limita a sorriderne.
E appunto un sorriso compassionevole è stato, assieme all’incredulità e allo stupore, il moto che ha accompagnato il comunicato stampa emesso il 6 dicembre con cui Confindustria Romagna affermava di prendere atto “della proclamazione di uno sciopero generale regionale, indetto da Cgil e Uil dell’Emilia-Romagna per il prossimo 16 dicembre, e ne comprende le motivazioni…”
Dunque, ci si chiede, quello che è stato l’orgoglioso sindacato degli imprenditori romagnoli si è ridotto ad essere la “spalla” del sindacalismo di sinistra e ha elevato Maurizio Landini a suo spirito guida?
Prima di addentrarci nelle motivazioni che stanno alla base di questa trasformazione, analizziamo quelle che avrebbero dovuto essere le conseguenze logiche di questo moto di “comprensione”.
Se le azioni fossero conseguenti alle parole, Confindustria, dopo aver diramato un comunicato stampa di tale portata, avrebbe dovuto dichiarare che a tutti i lavoratori in sciopero il 16 dicembre sarebbe stato corrisposto egualmente il salario, visto che Confindustria “comprende” il motivo per cui si astengono dal lavoro. Ma c’è di più, tutte le imprese aderenti a Confindustria, per coerenza con le dichiarazioni dell’associazione, venerdì 16 dicembre avrebbero dovuto attuare una serrata per protestare contro la manovra del governo di Giorgia Meloni, naturalmente pagando la giornata a tutti i lavoratori a cui veniva impedito di lavorare.
Questa sarebbero state le azioni logiche di protesta contro una manovra che – sono sempre parole di Confindustria – non è “al supporto del potere d’acquisto dei lavoratori…”.
Poi però qualcuno si è accorto che forse l’autore di questo pensiero era andato oltre nel suo marxismo d’antan. Così il presidente Roberto Bozzi si è visto costretto a precisare, in un’intervista al Tg3 regionale, che Confindustria restava contraria allo sciopero; probabilmente perché qualche iscritto dell’associazione, visto il tono del comunicato, aveva pacatamente espresso la propria contrarietà a vedersi iscritto ex abrubto alla Cgil e si ritrovava a sua insaputa in una posizione più dura di un sindacato come la Cisl, che infatti non aderisce allo sciopero.
Dunque, considerando anche che il presidente nazionale Carlo Bonomi gioca di sponda con il leader del M5S Giuseppe Conte, parrebbe che si stia formando un nuovo asse politico che vede Confindustria al fianco di Pd (come sempre da anni) M5S e Cgil.
Di questo passo, a breve, dovremmo vedere comunicati stampa di Confindustria Romagna, l’avanguardia di questo movimento che insegue il “sol dell’avvenire”, a favore del reddito di cittadinanza: altre comunicazioni si occuperebbero di lodare l’abolizione della povertà per decreto fatta da Di Maio & C., mai esaltata a sufficienza, e infine potremmo vedere una petizione per ridare la carica di ministro ad autentici fuoriclasse come Danilo Toninelli e Lucia Azzolina che tanto hanno fatto per il progresso del nostro Paese.
In realtà quel comunicato ha squarciato un velo e ci ha mostrato cosa è diventata Confindustria Romagna, una delle tante associazioni schierate al fianco del potere politico locale che, timorosa di perdere posizioni di presunto privilegio, non si preoccupa di essere più realista del re.
Un solo episodio di raffronto con il passato per capire come è ridotto il nostro paese: di fronte alle continue proteste degli operai negli anni caldi della contestazione, il mitico Franco Aureli, artefice assieme a Pippo Gemmani del successo mondiale della Scm, partecipò ad una riunione con centinaia di lavoratori arrabbiati e su un palco improvvisato si limitò a pronunciare poche frasi. Il succo del discorso era: “Capisco le vostre proteste e i vostri scioperi, quindi ho deciso di chiudere l’azienda, del resto il partito e il sindacato vi troveranno un lavoro migliore”. Scese dal palco deciso di dare seguito al suo annuncio, ma fu accerchiato dai lavoratori che gridavano: “No, no, Aureli, tenga aperta l’azienda…” supplicandolo di continuare. Evidentemente gli operai avevano più fiducia in un vero imprenditore che gli permetteva con dignità di portare a casa un ottimo stipendo e di avere prospettive nel futuro che in qualche cattivo maestro che appunto profetizzava il “sol dell’avvenire” dove nessuno avrebbe più lavorato e tutti sarebbero stati ricchi.
Altri tempi, altre tempre.
Comunque, se gli imprenditori di Confindustria Romagna volessero essere veramente conseguenti con il loro pensiero in pochi attimi risolverebbero il problema del potere d’acquisto dei dipendenti. Basterebbe che rinunciassero agli utili – esclusi gli investimenti – e li ridistribuissero tra tutti gli operai; se non fosse sufficiente potrebbero liquidare i loro conti correnti, le partecipazioni finanziarie, i loro beni mobili (auto, barche, gioielli ecc. ecc.) e immobili e il ricavato distribuirlo ulteriormente tra i dipendenti, infine dovrebbero adottare una politica di salari uguale per tutti, dal proprietario dell’azienda all’ultimo dei salariati, passando per manager, dirigenti e i quadri.
Ah, cosa dite? E’ già stato fatto? Peccato. Sembra che i risultati non siano stati così esaltanti.

Immagine: il presidente di Confindustria Romagna Roberto Bozzi interpretato in chiave proletaria.

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