L’Aria che tira sulla nuova questura? Resterà un monumento al degrado

L’Aria che tira sulla nuova questura? Resterà un monumento al degrado

Lo si deduce dall'ennesimo incrocio di punti di vista che stavolta sono stati messi insieme dal programma di politica, economia e attualità condotto d

Lo si deduce dall’ennesimo incrocio di punti di vista che stavolta sono stati messi insieme dal programma di politica, economia e attualità condotto dall’anchorwoman Myrta Merlino. “Partiamo da Rimini dove la più grande questura d’Italia è diventata un bivacco per senza casa, emarginati e sbandati”. Il servizio sulla struttura diventata ormai simbolo nazionale di degrado e spreco, l’ha lanciato lei stessa in apertura dell’Aria che tira su La7 nella puntata in onda oggi che ha riproposto l’approfondimento già mandato in trasmesso il 16 marzo. Doppia visibilità all’incompiuta, quindi.
“E’ pronta da quasi dieci anni e doveva diventare la questura più grande e all’avanguardia d’Italia ma non è mai stata inaugurata e guardate com’è ridotta”, dice l’inviata Serena Biondini.
“Il privato ha le sue responsabilità ma la parte pubblica (Comune, ministero, questura, prefettura) avrebbe dovuto mettere una custodia, qui è mancata la volontà di finire quest’opera e le motivazioni sul piano politico qualcuno ce le dovrà dire”, attacca il liquidatore di Da.Ma., Guerrino Mosconi, ai microfoni dell’Aria che tira.
“La questura di Rimini è uno scandalo italiano, uno scandalo di burocrazia. Nel cuore della città c’è un bubbone che per la responsabilità di un privato avido e anche per inadempienze precedenti del ministero dell’Interno, non trova soluzioni”, commenta invece il sindaco Andrea Gnassi. “Risolvano la questione ma non si pensi di trovare soluzioni alternative per la questura al di là di quell’edificio perché rimarrebbe un bubbone”.
Dice la sua anche il prefetto Claudio Palomba: “Se il liquidatore o chi per esso ci assicura che i lavori possono essere effettuati, il contratto di locazione si può fare anche domattina”. Il liquidatore però chiede una garanzia sulla possibilità di edificare in modo che possano esserci anche degli investitori privati, incalza l’inviata. “Con le condizioni basta”, taglia corto il prefetto, “la priorità è far funzionare la questura e se questo è possibile siamo pronti a riaprire anche subito la trattativa”. E se non fosse possibile perché non ci sono i soldi? “Abbiamo già individuato soluzioni alternative e in mancanza di riscontri rapidissimi continueremo su questa strada, ed è questa l’intesa col ministero che verrà poi prospettata anche ai sindacati”.
E che fare di quest’edificio enorme che oggi è un’area di degrado? “Dispiace anche a me però i miracoli non li fa nessuno”, ribatte il prefetto.
“Questa sede avrebbe risolto davvero i problemi della polizia riminese”, sottolinea Monica Staurenghi del Siulp, “ma noi ci stiamo rendendo conto che non c’è più una via d’uscita, e allo stesso tempo non possiamo più continuare a lavorare in condizioni veramente disagiate, dare disagio anche al cittadino perché non siamo in grado di accoglierlo in una maniera idonea e quindi ci aspettiamo delle risorse concrete che sicuramente non potranno essere per questa sede”.
Chiude Gnassi. “Chiediamo al ministero dell’Interno di agire in modo molto rapido, noi siamo disponibili ma diciamo no al consumo del territorio, no ad altre sedi, no a motori immobiliari. Rimini è parte lesa, deve avere 7 milioni di Imu e c’è una causa in corso per avere 10 milioni di danni.”
Se il privato chiede il motore immobiliare, se il sindaco risponde no, se il prefetto dice “basta con le condizioni” e se il segretario Siulp aggiunge che di vie d’uscita per la nuova questura (diventata vecchia senza avere mai aperto) non ce ne sono più, il the end è segnato. Farà la fine dell’ecomostro di Alimuri? Solo che in quel caso ci sono voluti 50 anni per abbatterlo.

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