“Le pietre raccontano” le nuove prodezze archeologiche dell’Indiana Jones di palazzo Garampi

“Le pietre raccontano” le nuove prodezze archeologiche dell’Indiana Jones di palazzo Garampi

Attorno all’invaso del ponte di Tiberio si registra l’ennesima esagerazione verbale del sindaco. Il nuovo “parco archeologico”, in realtà un parchetto con 5 pietre antiche, non ha affatto eliminato il vergognoso “campo di concentramento” di oltre 100 reperti archeologici, confinati ai margini delle nuove infrastrutture. Ma basta non inquadrarli nelle foto dei tagli dei nastri, e il gioco è fatto.

Era il marzo 2005 quando l’amministrazione Ravaioli, con un atto del dirigente ai lavori pubblici Totti, affidò per 4200 euro agli archeologi dell’A.R.R.S.A. il compito di catalogare e inventariare ben 155 reperti archeologici: antiche pietre della Rimini romana e medievale che da quel periodo in avanti furono confinate in una specie di “campo di concentramento” di pezzi di storia, subito a monte dell’invaso del ponte di Tiberio.

Tiberio è oggi una parola magica per l’amministrazione Gnassi: con soldi dell’Ue, della Regione e della SGR – trattasi in ogni modo di risorse dei cittadini perché provenienti o da tasse o da tariffe di servizi pubblici – il sindaco ha fatto o sta facendo realizzare gli omonimi comparti di progetto, fra i quali la passerella con vista sul ponte, tanto declamata e altrettanto contestata.

Il primo lotto del Comparto 3 risale al 2016. Il Comune di Rimini battezzò l’opera pubblica come “Le pietre raccontano – Nuovo Parco archeologico del Ponte di Tiberio”. Così veniva illustrato prima della sua inaugurazione:

«“Le pietre raccontano” ha tra i suoi principali obiettivi il recupero e la valorizzazione delle pietre appartenenti a un’arcata del ponte crollata e rinvenuta durante gli scavi degli anni ’90, al momento collocate nel parco Marecchia.»

Di quali pietre si parla? Rispondeva il Comune ricorrendo a un esperto: «“Tra grandi e piccoli si contano 155 pezzi – scrive Giovanni Rimondini sul numero speciale che Ariminum ha dedicato al bimillenario del Ponte di Tiberio – e questi sono interessanti perché raccontano, almeno in parte, come venne costruito il ponte. La maggioranza delle pietre sono state lavorate in epoca romana ma alcune si riferiscono a periodi successivi. Le pietre lavorate in epoca romana sono di varia natura e non provengono da cave locali e quindi vennero portate via mare, in genere dal nord Italia, tramite imbarcazioni che percorrevano la costa. Ogni pietra veniva impiegata e aveva una funzione sulla base delle proprie caratteristiche.”
Le pietre – proseguiva il comunicato di palazzo Garampi – furono rinvenute durante i lavori per la sistemazione dell’invaso degli anni ’90. Recuperate, catalogate, dal 2005 furono spostate in un’area recintata del parco Marecchia a poca distanza dal ponte, in attesa di quella collocazione che oggi ha avuto inizio. Oltre al parco, si prevede inoltre la riqualificazione del percorso pedonale con la collocazione di elementi di arredo con funzione didattico-culturale e la sostituzione della balaustra al fine di favorire la permeabilità visiva, con affaccio diretto sul Ponte di Tiberio.»

Dal brano appena riportato, il cittadino avrebbe potuto pensare che se non tutte almeno una buona parte delle 155 pietre avrebbero fatto parte del Parco archeologico. Altrimenti, che parco sarebbe stato? E invece no: come specificavano i progetti, non citati nei comunicati di annuncio, e come si può vedere tuttora, il Parco o Giardino archeologico realizzato in adiacenza al parcheggio Tiberio comprende solo 5 delle 155 pietre inventariate.
Le rimanenti 150 sono rimaste confinate all’interno del “campo di concentramento” dei reperti archeologici, pressoché nascoste da una recinzione all’inizio del parco Marecchia, appena fuori dal campo visivo delle foto dei tagli di nastro.

Ma tornando sul posto in questi giorni, non si può non notare quanto siano stridenti i pezzi di monumenti antichi abbandonati in mezzo al verde, con i lustrini delle passerelle, distanti pochi metri. Per non parlare dei problemi di ricircolo dell’acqua nell’invaso del ponte di Tiberio, che causano periodicamente accumuli di sporcizia.

D’altra parte sono gli stessi tecnici comunali, nelle carte progettuali, a ridimensionare il tutto come “un intervento urbano di modeste dimensioni”. Si è trattato di una spesa di 120mila euro comprendente le seguenti opere (citiamo dal Progetto Tiberio comparto 3 – Giardino archeologico – primo stralcio di esecuzione del progetto Piazza sull’acqua Parco – Progetto esecutivo – Relazione generale):

«I pochi elementi messi in campo servono a sottolineare l’inserimento di un monumento costruito con cinque delle pietre appartenenti all’arcata crollata e portate alla luce con la campanga (sic) di scavi tenutasi tra il 1989 e il 1990. Le cinque pietre sono posizionate su un supporto geometrico, un volume realizzato in acciaio corten al centro di uno spazio pavimentato in glorit.»

Il mini parchetto archeologico

La relazione prosegue elencando gli altri interventi: «pavimentazione sagomata con leggere pendenze; piccolo triangolo di pavimentazione in legno composito; cordoli in acciaio corten a raso; aiuole esisteti risagomate; parapetto in mattoni sostituito con un manufatto in acciaio corten “trasparente e permeabile alla vista”; aggiunta di una barriera vegetale di allori e pini (oltre alle piante già esistenti, “impianto di due esemplari di Pinus pinea e di una siepe di Laurus nobilis”); sedute e leggii; illuminazione consistente in due fari nell’aiuola, 4 faretti a terra, luci a led per i pannelli dei leggii, infine “la predisposizione per la posta di corpi di illuminazione stradale lungo il marciapiede”».

Il reperto più importante è già stata sfregiato da mani ignote

Due pini, una siepe di alloro, qualche faretto, varie panchine, un parapetto in acciaio, 5 pietre antiche disposte a monumento. Questo è il Comparto 3 – 1^ lotto del progetto Tiberio. E le (altre 150) pietre stanno a guardare.

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