Le "Carte Stramigioli", attualmente oggetto di una interessante mostra all'Archivio di Stato di Rimini, riportano a galla l'eterno problema della viabilità nel Borgo S. Giuliano e nel centro storico. Paralleli e differenze impressionanti tra le scelte operate dagli amministratori negli anni '30 del Novecento e quelle delle giunte dei giorni nostri.
Sabato 14 ottobre scorso in un Archivio di Stato aperto eccezionalmente per l’occasione, si è svolta una interessante mostra avente per tema un importante avvenimento di carattere urbanistico avvenuto nella Rimini degli anni ’30; ma facciamo una premessa.
La documentazione denominata “Raccolta documenti Stramigioli” fu acquistata nel 2011 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, per conto dell’Archivio di Stato di Rimini, da un soggetto privato poiché considerata di grande interesse per la storia della città, e utile a supplire in qualche modo la carenza di documentazione di tal genere, perduta durante l’ultimo periodo bellico.
Virginio Stramigioli fu prima ancora vice, e poi ingegnere capo dell’ufficio tecnico del Comune di Rimini nel periodo ante bellico e fino al dopoguerra, al principio degli anni ‘50. Testimone ma anche grande protagonista di importanti opere finanche legate alla ricostruzione della città.
Nella suddetta mostra documentaria sono esposti gli elaborati progettuali di opere incisive per la viabilità che dalla via Emilia si dirigeva verso il mare o la città ma, come vedremo, finalizzati anche a risolvere problematiche di carattere igienico e di decoro, per mano dell’allora ingegnere Stramigioli. In sostanza un progetto con lo scopo di migliorare la viabilità e provvedere al parziale risanamento del Borgo S. Giuliano, e della zona di Via dei Mille.
A quel tempo la via dei Mille, ora Matteotti, non esisteva e la strada che conduceva al Ponte di Augusto e Tiberio per entrare in città, passava per l’attuale Via S. Giuliano, a fianco dell’omonima chiesa, con un percorso tortuoso e tra le abitazioni.
Quella che possiamo chiamare relazione tecnica che accompagnava il progetto, esordiva con una premessa che così narrava: “Il Borgo S. Giuliano, posto all’ingresso di Rimini dal lato Bologna – Ferrara, è ormai tristemente noto alle Autorità della regione ed a quelle della stessa Capitale, oltre alla moltitudine di autisti, sportivi e forestieri d’Italia e dell’Estero, che transitano per le Statali Emilia ed Adriatica o che si soffermano durante l’estate in questo meraviglioso lembo del Litorale di Romagna, così ricco di frequentatissime stazioni di Cura e Soggiorno”. Inoltre: “…Sarebbe quindi inutile insistere sulle precarie condizioni di viabilità e di igiene di un Borgo così conosciuto…”.
Nel successivo capitolo dal titolo “condizioni di vivibilità”, si riportava dell’intensissimo traffico sia turistico che commerciale che transitava dal Sobborgo, poiché da quella zona si accedeva al mare ma anche al Titano, piuttosto che alla strada per Arezzo e alle altre località dell’entroterra riminese. Il periodo si concludeva con l’affermazione che “durante il periodo estivo il movimento diviene eccezionale”.
E a suffragio della tesi riferiva “gli accertamenti fatti in proposito dalla Polizia Urbana”, che qui riportiamo. Nel periodo campione, dal 15 luglio al 25 agosto, per il Borgo S. Giuliano “in media 7000 fra automobili e motociclette, 2000 autocarri, 1600 carri di trasporto e 200 vetture a cavalli, oltre innumerevoli biciclette transitano giornalmente attraverso il Borgo malfamato” (sic!). Ma durante le ferie di Ferragosto “il numero complessivo delle automobili e motociclette raggiunge la imponente cifra di oltre 10.000 macchie al giorno”. Numeri importanti, quasi paragonabili a quelli odierni facendo la debita proporzione tra la presenza dei veicoli circolanti di allora e quelli di oggi.
Poi a complicare le cose venivano addotte altre cause quali la ristretta carreggiata del ponte, il fatto che il Borgo non aveva vie percorribili agevolmente, ed i cortei funebri che, dirigendosi verso le Celle, paralizzavano di fatto completamente il traffico. Un quadro confusionale fuori controllo, che spesso generava incidenti di ogni genere “all’ordine del giorno”; una situazione quindi non più sopportabile.
Erano anche gli anni in cui l’industria turistica si stava sempre più incrementando, e allora Stramigioli individuò due direttrici viarie ben precise. La prima, tramite la costruzione dell’attuale via Matteotti e del ponte dei Mille, verso la Marina, e il Porto canale con la Stazione per scopi commerciali; la seconda verso la città ed altri centri. Il tutto cercando per quanto possibile di dirigere il traffico “evitando il centro cittadino già di per sé congestionato a causa delle sue infelici condizioni di viabilità”.
Mentre la via dei Mille era stata ideata ex novo, per arrivare al Ponte di Augusto e Tiberio pensò, come già accennato, di rettificare la Via Emilia evitando quindi di passare dall’interno dell’abitato.
Nel secondo capitolo, “considerazioni igieniche”, così si affrontava l’argomento. Il Sobborgo di S. Giuliano era allora descritto come “un infelice agglomerato di casupole decrepite” in cui regnava il degrado e pesantissime carenze igieniche dovute anche alla mancanza di latrine. Oltre al sovraffollamento abitativo tanto che “in poco più di 360 case, comprendenti in totale 1320 ambienti, abitano 470 famiglie, formanti una popolazione complessiva di oltre 2100 anime”. In sostanza edifici inadeguati, ove spesso oltre al viverci si esercitavano pure attività lavorative. E poi tale situazione non poteva tollerarsi in una città votata al turismo, e avviata verso la modernità.
La rettifica del tratto della Via Emilia, oggi via Tiberio, prevedeva l’esproprio e la successiva demolizione di “ben 55 costruzioni di proprietari diversi”, con la ricostruzione, ove possibile, di moderni edifici più consoni al decoro e alle condizioni di vivibilità.
L’operazione venne suddivisa in due progetti:
1. il “Progetto di variante della Via Emilia in corrispondenza al sobborgo S. Giuliano”, i cui lavori si svolsero dal 28 ottobre 1932 al 27 ottobre 1933 per un importo di 730.000 lire di allora corrispondenti a circa odierni 828.000 euro. Nel contesto, oltre l’onere per gli espropri, fu prevista la costruzione di fognature, messa a dimora di alberi, la rete idrica e di pubblica illuminazione;
2. i lavori relativi al “Progetto di costruzione di una nuova strada di raccordo della Via Emilia con la via dei Mille (Viale XXVIII ottobre)” furono eseguiti nel lasso di tempo dal 28 ottobre 1933 al 27 ottobre 1936 ed ebbe un importo di lire 1.890.000 di allora corrispondenti a circa odierni 2.200.000 euro.
Qui, oltre alla messa a dimora di alberi, realizzazione di sottoservizi e illuminazione pubblica, era pure ricompreso il ponte “in cemento armato” – attualmente dei Mille – per attraversare il Marecchia; anche in questo caso vi furono degli espropri, ma in quantità ridotta.
Leggendo questa storia pare sia stata per alcuni versi scritta in tempi attuali. Fin da allora si riteneva di non dovere più utilizzare il Ponte di Augusto e Tiberio per il traffico veicolare tanto che, in un elaborato grafico progettuale visibile in mostra, vi era un accenno ad una possibile alternativa non descritta in alcun modo, ma tracciata.
All’occhio attento del lettore non sfuggirà certamente quella che allora poteva rappresentare l’alternativa alla chiusura del monumento: siamo nel 1933! Si può capire che si ipotizzasse una strada che partendo da via Circonvallazione Occidentale dal retro della Rocca Malatestiana, raggiungesse la Via Tiberio tramite un ulteriore ponte sul Marecchia. Ragionevolmente è dato supporre che di tutto ciò non se ne fece nulla, a motivo del fatto che il nuovo manufatto non sarebbe stato compatibile con il contesto del suo vicino storico.
Ma torniamo ad oggi, dopo ben novant’anni trascorsi, facendo un parallelo tra ciò che si volle realizzare allora e quello che non si è voluto realizzare oggi.
Stante il solito problema dell’intenso traffico, allora si cercò di allontanarlo dall’attuale via S. Giuliano per migliorare la vita e il benessere degli abitanti che risiedevano in abitazioni finitime a quella strada. Oggi, invece, è accaduto l’esatto contrario dirottandolo tutto in via Ducale e quartiere Clodio; in sintesi una diversa concezione della salute dei cittadini e del rispetto nei loro confronti.
Nel 1933 vi fu grande lungimiranza e coraggio, nell’eseguire un’opera così importante e se vogliamo complessa. In tempi attuali invece nonostante nuove tecnologie a disposizione, il problema non si è voluto risolvere; ovvero, sebbene l’amministrazione cittadina abbia in passato commissionato un funzionale progetto in proposito, (qui) e (qui), poi i successivi “eredi” di pari provenienza politica hanno cestinato il tutto e, oltretutto, perseverano nell’assurdità. Ma senza trovare una soluzione credibile, nonostante la fiera delle idee bizzarre che ogni tanto sortiscono su qualche quotidiano locale, tra annunci e vicendevoli smentite tra i vari attori, e che meglio figurerebbero su giornali umoristici. Ora non se ne parla neppure più, tanto, come già asserito, c’è via Ducale. Ah, dimenticavo: fra gli espropri ricadde anche una porzione del Convento annesso alla chiesa di S. Giuliano, che fu poi demolita. Forse per nemesi sarà stato il Santo protettore di quel Borgo, ora detto anche “fortunato” a far sì che il progetto non si concretizzasse, o altri colleghi accorsi in suo aiuto? Non lo sapremo mai, come pure non vedremo mai una soluzione del problema ma, qualora fosse, siamo certi che, dati gli esempi urbanistici a cui siamo abituati, sarà priva di funzionalità e logica.
Consiglio vivamente di visitare la mostra, piccola ma estremamente interessante e fornita anche di elaborati grafici oltreché descrittivi, il cui termine è stato procrastinato al 31 ottobre. Perché visitarla fa comprendere che la storia insegna sempre, ma c’è sempre qualcuno che – purtroppo – non impara mai. Sempreché conosca la storia, s’intende.
Immagine: Cartolina del Ponte di Augusto e Tiberio con veduta del Borgo S. Giuliano, prima della demolizione degli edifici a sinistra per la rettifica della Via Emilia (Biblioteca Gambalunga Rimini).
COMMENTI