L’impatto della pandemia sul comparto alberghiero italiano: fra 126 e 153 mln di presenze in meno

L’impatto della pandemia sul comparto alberghiero italiano: fra 126 e 153 mln di presenze in meno

Il primo studio che ipotizza le ripercussioni del covid-19 sulla domanda alberghiera in Italia. Lo realizza una società che coinvolge anche la riminese Teamwork. Tre scenari in base al termine del lockdown. Nel complesso si stima un calo fra il 45% ed il 55%.

“A quanto è dato di comprendere oggi, non ci sono state crisi nella storia del comparto alberghiero paragonabili a quella che si appresta a dimostrarsi per il 2020. Questa avrà impatti molto superiori alla sola perdita di camere di marzo ed aprile. Una attenta lettura delle prospettive per i principali mercati incoming porta a considerare che la crisi di domanda investirà soprattutto i mercati long-haul ed i prodotti turistici Mare, Città d’arte, Business Travel, cioè quasi tutti i principali segmenti per il nostro Paese”. E’ uno studio di Thrends (nuova società di ricerca che coinvolge Teamwork di Mauro Santinato e il prof. Giorgio Ribaudo), dedicato alle “previsioni sull’impatto della crisi Covid-19 sulla domanda alberghiera per l’Italia” a ipotizzare questo tipo di shock. Già fra gli operatori comincia a maturare il convincimento empirico che, bene che vada, la stagione potrebbe ridursi ai mesi di agosto e settembre. Thrends indica tre scenari.

“Sulla base di 3 scenari riferiti alla possibile data indicativa del termine del lockdown nel nostro Paese, in ragione delle equivalenti misure nei principali paesi di origine per l’Italia, si delinea una perdita di presenze complessive che si colloca fra i 126 mln ed i 153 mln rispetto ai volumi alberghieri medi, attesi per il 2020 su base 2018-2019. I tempi della ripresa dei flussi alberghieri potrebbero molto differire: il mercato domestico seguirà un andamento più accelerato di quelli esteri, ma con volumi non certo equivalenti a quelli storici. Mercati esteri rilevanti per l’Italia potrebbero riscontrare limitazioni negli spostamenti e dimostrare maggiore percezione del rischio associato a viaggi intercontinentali. Nel complesso, è possibile stimare un calo di domanda che si colloca fra il -45% ed il -55% a seconda dell’evolversi e della durata delle misure di lockdown“. Ma “se le misure economiche messe in campo dai Governi sapranno incidere sull’economia reale alla base della domanda, in uno scenario in cui il virus non rappresenti più una minaccia, l’impatto di questa crisi potrebbe non essere determinante per i fondamentali di medio periodo: nel 2022 i volumi potrebbero tornare vicini alla media dell’ultimo quinquennio“. Nel 2018 le presenze negli esercizi alberghieri sono state 279.470.236, 149.374.701 in quelli extra-alberghieri per un totale di 428.844.937.

Lo studio sottolinea che in questo momento “non è possibile con certezza stimare quante camere d’hotel risultino operative. Gli hotel aperti potrebbero essere il 5% di quelli normalmente aperti in questo periodo. Per molte località lo 0%. Non si è mai operato in un periodo con tale contrazione di offerta (e di domanda)”. E non ci sono nemmeno “strumenti e dati utili a prevedere i flussi per i prossimi mesi e gli operatori non possono pianificare. Poco dimostrano gli impatti precedenti sulla domanda registrati nel post 11/09/01 o a seguito della SARS del 2002-2003 o ancora quelli della crisi finanziaria del 2008-2009, perché in quei contesti gli squilibri sull’offerta erano nulli e quelli sulla mobilità e quindi sulla domanda erano, tutto sommato, limitati”. Difficile quindi anche fare previsioni. Quelle elaborate sono “delle proiezioni basate su ipotesi e valutazioni soggettive, per quanto ancorate ad evidenze di mercato. Ci auguriamo fortemente che risultino sbagliate, smentite da una realtà più benevola“.

Ad incidere sullo scenario sono molti fattori. La riduzione delle ferie perché molte aziende ed enti le hanno concesse a parziale copertura dell’attuale periodo di inattività. Per i “mercati internazionali di lunga percorrenza sarà percepito come più rischioso, per un certo periodo, viaggiare verso paesi lontani, per i quali può configurarsi una difficoltà di rientro in caso di nuove urgenze”. E poi la riduzione della capacità di spesa, l’indebolimento del sistema di intermediazione, la contrazione dell’offerta e altro. Tutti i mercati esteri più importanti per l’Italia devono fare pesantemente i conti con la pandemia: Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Austria, Russia e via di seguito.

Vengono poi tracciati tre scenari ipotizzando il termine del lockdown per l’Italia al 15 aprile, al 30 aprile o al 15 maggio. Per il mercato italiano nel primo caso viene indicato un -35%, nel secondo -40% e nel terzo -46%. Il nostro paese registrerebbe un crollo del mercato tedesco del 47%, del 51% e del 57%. Francese: -51%, -55% e -61%. Dalla Russia -47%, -51% e -55%.

Per quanto riguarda la destinazione mare e relativamente al mercato italiano, “si possono stimare riduzioni delle presenze che vanno dal 43% dello scenario del 15/04 fino a oltre il 50% in quello del 15/05. Questo è il primo mercato per presenze di tutta Italia, che fa registrare oltre 80 milioni di presenze annue. Nello scenario del 15/04 ci si può aspettare che il mercato domestico possa contenere la riduzione nel mese di agosto”.
Il mercato estero “potrebbe invece registrare diminuzioni di oltre il 50% delle presenze con una tendenza di ripresa molto più contenuta. Le ragioni del calo saranno le difficoltà di mobilità e di programmazione. Il periodo dell’alta stagione e un buon autunno potrebbero limitare le perdite considerando che i mesi di agosto e settembre fanno da soli, storicamente, oltre un terzo delle presenze annue”.

Sintesi: “Qualora, come si auspica, il lockdown per l’Italia si concluda entro il 15 Aprile, con una conseguente immediata ripresa delle attività produttive, la perdita per il sistema alberghiero italiano potrebbe aggirarsi intorno a 125 mln di presenze. Una riduzione del -45% sui volumi medi 2018-2019. Considerato il mix di mercati per l’Italia, usando una presenza media a camera di 2 persone, si tratterebbe di un calo di circa 63 mln di camere. Per rendere l’idea: sarebbe il volume di notti realizzato da circa 2,670 hotel di buone dimensioni (annuali, da 100 camere, con una occupazione media del 65%). Oppure quello di 8.000 hotel di dimensione media (italiana). Non è una crisi esclusivamente settoriale. I suoi severi impatti si faranno sentire su indotto, sistema bancario, occupazione ma anche presso i Comuni: se anche si considerassero, come tassa di soggiorno, solo 3 Euro a presenza, il più conservativo degli scenari comporterebbe incassi mancati presso i Comuni per almeno 375 mln di Euro, escludendo quelli legati alla tassazione di altro tipo”.

Lo studio si conclude con questa considerazione: “Da qualsiasi prospettiva la si guardi, attendiamo per i prossimi mesi una crisi che attacca uno dei pochissimi settori italiani che assicura un saldo positivo alla bilancia commerciale del Paese, con pesanti conseguenze su tutta l’economia nazionale. Forse l’idea della crisi alberghiera che in questi giorni sta circolando fra i non addetti ai lavori non assurge a tale gravità. Si potrebbe fraintendere che siano i giorni di marzo ed aprile a determinare il calo che si registrerà per il 2020. Ma molte evidenze ed i dati presentati possono fornire una immagine più veritiera e, purtroppo, molto più grave. Quella dei prossimi mesi è una situazione molto complessa e l’analisi ha dimostrato che nulla ha a che fare con precedenti shock della domanda. Date però le sue cause ed il fatto che i Paesi potrebbero organizzarsi meglio nel corso del 2020, questa potrebbe essere una crisi di gittata molto limitata, quindi con effetto significativo sul solo 2020 ed inizi del 2021. Aspetto, quest’ultimo, che lascia ben sperare per il comparto nel medio termine e per i fondamentali del segmento più rilevante fra quelli che compongono l’industria turistica italiana”.

Valutazioni che costringono tutti ad aprire gli occhi e a comprendere come le risposte non possano essere quelle di posticipare di qualche mese imposta di soggiorno, Tari e altro. Sul termine del lockdown è presto per fare previsioni. Ma il virologo Fabrizio Pregliasco dice oggi al Corriere Bologna che “la fine del tunnel speriamo di vederla a fine maggio”.

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